«Non è un pezzo di oratoria, né uno spettacolo, né tanto meno una sfilza di rimproveri». Consigli ai nostri cari sacerdoti (talvolta un po’ logorroici)
«Oh no, la predica!». Dite la verità, quante volte, con spirito poco cristiano, vi sono scappate per la mente queste parole quando il sacerdote ha cominciato l’omelia durante la Messa? Non dev’essere un pensiero solo di molti fedeli se anche il Vaticano ha voluto ieri ribadire l’importanza dell’omelia durante le celebrazioni. La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha pubblicato il Direttorio omiletico, un testo che vorrebbe aiutare i sacerdoti a recuperare il senso di questa parte così importante della funzione liturgica. «Non è un pezzo di oratoria, né uno spettacolo, né tanto meno una sfilza di rimproveri», ha scritto l’Osservatore Romano, ricordando le parole del prefetto della Congregazione, il cardinale Robert Sarah: questo è un testo che «non nasce senza un perché». Già Benedetto XVI aveva parlato della necessità di un predicazione che deve essere «arte» e anche papa Francesco nell’Evangelii gaudium ha sottolineato l’importanza di questo «importante ministero».
LA LUNGHEZZA. Sia Sarah sia il segretario della Congregazione, l’arcivescovo Arthur Roche, hanno insistito sull’esigenza che l’omelia non sia improvvisata, ma preparata e che – come insegnato da grandi oratori come sant’Ambrogio e san Leone Magno – essa sia d’aiuto ai fedeli nella comprensione del contesto liturgico in cui è inserita. E quanto deve essere lunga? Non esiste un timer, anche perché, ha notato Sarah, «dipende dalle circostanze: in Europa forse venti minuti sembrano troppi, ma in Africa non bastano. Lì la gente arriva da lontano per ascoltare la parola di Dio». L’importante – e come dargli torto – è che «non sia noiosa», ha chiosato Roche.
IL DECALOGO. Avvenire ha schematizzato in un decalogo i suggerimenti dati ai sacerdoti (tra parentesi, la fonte).
- L’omelia va preparata accuratamente, ancorandola a una profonda conoscenza della Sacra Scrittura, in particolare del Vangelo. (Prop. 19, Sinodo dei Vescovi 2005)
- Non è un discorso qualsiasi, ma un parlare ispirato dalla Parola di Dio. Si può ricorrere ad immagini o a leggende per non annoiare i fedeli. (Card. Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti)
- L’omelia non è uno spettacolo di intrattenimento, ma deve dare fervore e significato alla celebrazione (Evangelii Gaudium, n. 138)
- L’omelia non può essere improvvisata: al contrario merita “un tempo prolungato di studio, preghiera, riflessività e creatività pastorale” (Evangelli Gaudium, n. 145)
- La predicazione deve essere positiva perché offra “sempre speranza” e non lasci “prigionieri della negatività” (Evangelii Gaudium).
- Il buon omileta guida “a intendere e gustare ciò che esce dalla bocca di Dio, aprire i i cuori al rendimento di grazie a Dio, alimentare la fede, preparare a una fruttuosa comunione sacramentale con Cristo”. Sarà un cattivo omileta che “pur essendo magari un grande oratore, non sarà capace di suscitare questi effetti”. (Mons. Arthur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei sacramenti)
- Il predicatore deve organizzare la sua omelia seguendo questa traccia: scegliere cosa dire, perché dirlo, come dirlo a “questa” assemblea specifica. Le omelie si differenziano a seconda della celebrazione: nella messa feriale si raccomanda una omelia breve. (Padre Corrado Maggioni, sottosegretario della Congregazione)
- Una omelia efficace instilla in chi ascolta il desiderio di conoscere o ri-conoscere Dio, presentandolo nel modo più diretto e chiaro, non accartocciato o parziale (Filippo Riva, Officiale del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali)
- Una omelia efficace mette in pericolo ciò che chi ascolta “sa già”. (Filippo Riva)
- Il parlare di un sacerdote dovrà essere incarnato, dovrà cioè testimoniare un atteggiamento di fronte alla vita, una posizione umana. (Filippo Riva)