LA FAMIGLIA CONVIENE. Quali politiche per la famiglia
— 25 Febbraio 2015 — pubblicato da Redazione. —Il paradosso del titolo di questo incontro è che la famiglia conviene sicuramente, per il benessere delle persone e per la coesione sociale e la tenuta della società, ma non conviene per chi fa famiglia. Chi fa famiglia subisce infatti una oggettiva pesante penalizzazione fiscale, nell’accesso ai servizi, nelle scelte politiche generali, nello sviluppo di carriere professionali, nella possibilità di conciliare o armonizzare famiglia e lavoro, nel gestire i compiti di cura verso le persone fragili e quelli educativi verso le nuove generazioni, e certamente questo non è un Paese a misura di famiglia.
Cosa c’è di familiare nelle politiche degli ultimi decenni? Pochi interventi a favore, in genere sporadici e sovente eccezionali, mentre contro si è avuto un grave inasprimento della pressione tributaria, un indebolimento del sistema di protezione sociale e in definitiva la perdita della centralità della famiglia che è origine – e non conseguenza! – del declino della coesione sociale, di perdita della capacità di risparmio, di annientamento della progettazione del futuro.
Come ognuno di noi può facilmente verificare, non esiste una programmazione di ampio respiro in materia di politiche familiari, erroneamente ricondotte nell’alveo delle politiche sociali. Eppure, nel 2012 in Italia è stato anche approvato dal Governo un Piano Nazionale per la famiglia (con il profetico ma disatteso sottotitolo “Alleanza per la famiglia”), il primo nella storia del Paese. Ma anche in questo caso la scelta della politica è stata, al momento della approvazione del testo definitivo, di togliere integralmente dalla bozza di Piano l’impegno a riformare il sistema fiscale sulla famiglia, (emerso dalla Conferenza Nazionale del Governo di Milano 2010, e centrato sul modello del FattoreFamiglia, proposto dal Forum). Il Piano rimane comunque un prezioso strumento di programmazione strategica nazionale, l’unico ad oggi adottato nel nostro Paese senza dover rispondere ad un mandato/obbligo dall’Unione Europea. Non che non abbia difetti. Ad esempio non prevede alcuna copertura finanziaria: quindi, come passare dalle parole ai fatti? Inoltre, passando dalla bozza 2010 al testo approvato nel 2012, sono stati puntualmente cancellati tutti i riferimenti all’art. 29 della Costituzione – a riprova che esiste una resistenza – e addirittura un attacco – all’idea di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio- che invece i Padri costituenti hanno sottoscritto dopo un appassionato dibattito, esito di una mediazione alta tra culture molto diverse,. E non di compromessi al ribasso, come troppo spesso oggi succede.
Come Forum delle associazioni familiari, abbiamo la ferma determinazione di sollecitare le Istituzioni ad avviare una discussione pubblica e ad intervenire concretamente su quella che da oltre vent’anni chiamiamo “vertenza famiglia”. Che oggi poi si qualifica in modo decisivo anche come “emergenza nascite”, in un Paese che nel 2014 ha toccato il fondo: poco più di 500mila nuovi nati, dato simile alle nascite dei primi anni dell’Unità d’Italia (non della Repubblica: si parla di fino Ottocento!). Nel 1941 sono nati più di un milione di italiani. Oggi la metà. E un Paese senza nuove generazioni è un Paese senza progetto e senza futuro, come conferma anche la pessima qualità delle politiche di sostegno ai giovani (che sono poi le generazioni che “fanno famiglia”).
È drammatico vedere in tutte le indagini come i dati sulla povertà dei bambini crescano, nel nostro Paese, spesso “solo perché si vive in una famiglia con tre figli o più”. Siamo molto preoccupati dalla perdurante indifferenza nei confronti dell’emergenza demografica nel nostro Paese, che ormai è riconosciuta da osservatori di ogni orientamento culturale e valoriale come una variabile decisiva per un Paese orientato al futuro.
Le politiche familiari devono inquadrarsi in alcune ‘macro aree’ di intervento: politiche fiscali; politiche sociali-sanitarie; politiche del lavoro; responsabilità educativa e sistema di istruzione. Non sono gli unici nodi su cui la vita familiare è oggi in difficoltà (basti pensare al grande tema della dimensione familiare dei flussi migratori): tuttavia ci pare che attorno a queste priorità si possano costruire azioni concrete che possono migliorare in modo sostanziale la condizione di vita delle famiglie e insieme la tenuta complessiva del Paese. E in particolare sottolineare l’urgenza di una radicolare riforma della fiscalità significa adottare un modello finalmente sussidiario, che promuove la libertà a la responsabilità delle famiglie, anziché costruire un modello assistenziale, per cui aumenti il prelievo fiscale per dare più servizi. E’ temo di ridurre il prelievo fiscale, per consentire alle famiglie libertà di scelta, e capacità autonoma di rispondere ai propri bisogni.
Bisogna in definitiva rispondere alla domanda su quale sia il posto che si vuole dare alla famiglia nel nostro Paese: se ridurla puro nucleo privato di affetti e sentimenti, di qualunque tipo, o se strumentalizzarla e schiacciarla, sfruttandola come “il primo e più importante ammortizzatore sociale” di fronte alla crisi, medaglia che faremmo volentieri a meno di appuntarci sul petto, oppure se finalmente è il tempo di investire sulla famiglia, risorsa sociale e struttura portante della coesione sociale e della capacità economica dell’Italia.
In materia fiscale è ormai improcrastinabile l’attuazione degli articoli 31 e 53 della Costituzione in materia di sostegno alla famiglia e di capacità contributiva: il sistema tributario italiano purtroppo penalizza proprio le famiglie, ancor più quelle con figli o con altri familiari a carico, a causa dell’assenza di equità verso il ‘soggetto famiglia’. Anche i recenti interventi del Governo in carica denotano l’assenza di considerazione verso i carichi familiari per concentrarsi sul reddito del singolo cittadino – tranne che nel caso dell’Isee, in cui proprio le famiglie con carichi familiari onerosi sono le più penalizzate. Tutto ciò proprio quando l’Istat indica che col crescere dei componenti del nucleo familiare cresce esponenzialmente il rischio di povertà.
È ora di individuare una no tax area familiare, variabile in modo congruo rispetto ai carichi familiari. Non come rischia di fare il nuovo ISEE, tuttora troppo avaro nel pesare i carichi familiari e le dimensioni del nucleo. In effetti, alla luce dei doveri che la Costituzione attribuisce alla famiglia si tratta di spese obbligate, pertanto non dovrebbero essere assoggettate ad imposizione tributaria.
Il modello del FattoreFamiglia, individuato dal Forum, permette allo Stato di investire sulla famiglia sottraendo dal reddito imponibile le risorse necessarie al fabbisogno di ciascun nucleo familiare. Il costo dell’introduzione del modello completo del FattoreFamiglia è di circa l’1% del PIL, che è il vero spread tra l’Italia e la media europea della spesa in materia di politiche familiari.
Tre sono quindi le prospettive strategiche al cui interno si collocano le politiche familiari:
Le politiche familiari non sono politiche di nicchia, di piccoli incentivi, di micro-aggiustamenti o di agevolazioni mirate. Servono invece – oggi più che in altri momenti, proprio di fronte a perduranti passaggi di crisi economica – politiche familiari forti, generaliste: dirette esplicitamente al nucleo familiare, relazionali, organiche, distintive e promozionali e proprio per questo preventive di disagi e di povertà più gravi.
Queste politiche devono essere necessariamente ambiziose, perché la famiglia va considerata un asset strategico del Paese, esattamente come la nostra capacità creativa imprenditoriale o come il nostro patrimonio naturale e culturale. Non vogliamo agire solo o principalmente su azioni “a costo limitato” (se non addirittura a costo zero). In particolare, nel confronto europeo un punto di Pil è quello che ci manca per raggiungere la media europea di risorse pubbliche dedicate alle politiche familiari: è quello che manca alle nostra famiglie povere, alle nostro politiche di sostegno alla natalità e alle famiglie con figli e con carichi assistenziali (con disabili e/o anziani fragili). Questo è lo spread di cui il nostro governo dovrebbe occuparsi, oggi.
Rilanciamo quindi, come orizzonte di medio periodo, proprio in vista della Conferenza, la proposta di impegnare, nell’orizzonte temporale della legislatura, un punto di PIL in più da dedicare alle politiche familiari. Si tratta di investire sulla famiglia almeno 3 miliardi di euro ogni anno, dal 2014 al 2018. Ovviamente questo spostamento si può costruire, in tutto o in parte, anche attraverso una revisione degli attuali strumenti di sostegno fiscale ed economico; però certamente non è credibile – né accettabile – sottoporre a tagli le già scarse risorse in gioco
Il tema dell’Alleanza della famiglia, infine, citato dal Piano nazionale del 2012, richiama il principio di sussidiarietà, vale a dire la realizzazione di un modello di welfare society, a livello nazionale e locale, che è ormai parte integrante e ineliminabile di ogni serio e moderno approccio all’implementazione di politiche familiari e sociali appropriate. In esso le famiglie non sono utenti da assistere, ma protagoniste del loro percorso. Allo Stato e agli altri attori sociali spetta la costruzione o la rimodulazione di “infrastrutture sociali” capaci di rispettare e valorizzare la libertà di azione della famiglia: soggetto sociale, economico, solidaristico, giuridico. Il fisco è una di queste infrastrutture sociali, che oggi, nel nostro Paese, penalizza i carichi familiari, anziché sostenerli selettivamente. Noi siamo convinti che trasformarlo in un “fisco a misura di famiglia” lo renderà più equo e più efficace.
Fonte: ForumFamglie