EGITTO – Le parole di al-Tayeb e di al-Sisi un grande passo per una rivoluzione dell’islam
— 3 Marzo 2015 — pubblicato da Redazione. —EGITTO – ISLAM Le parole di al-Tayeb e di al-Sisi un grande passo per una rivoluzione dell’islam di Samir Khalil Samir.
Il grande imam di Al-Azhar ha denunciato le interpretazioni basate sulla lettera del Corano e della sunna, brandite dai fondamentalisti e dai terroristi islamici; sostiene l’urgenza di una riforma dell’insegnamento dell’islam fra i laici e gli imam; domanda la fine della scomunica (takfir) reciproca fra sunniti e sciiti. E il presidente egiziano al-Sisi ha deciso di combattere lo Stato islamico dopo la decapitazione di 21 cristiani copti, che egli ha definito “cittadini egiziani” a parte intera.
Roma (AsiaNews) – Le parole dette da Al-Tayeb alla conferenza della Mecca, tre giorni fa, sono quanto di più importante possa succedere nel mondo musulmano. Egli ha parlato di come sia urgente rivedere l’insegnamento dell’islam in scuole e università, correggendo le interpretazioni estremiste del Corano e della sunna.
Quanto sottolineato da al-Tayeb, il rettore di Al-Azhar (“dobbiamo rivedere il nostro modo di capire il Corano e la sunna e il nostro modo di interpretarlo”) è stato detto tante volte da musulmani dotti (es: Abdel Majid Charfi 1, Abdel Wahad, l’egiziano Nasr Hamed Abou-Zeid 2, il marocchino Abdou Filali Ansari 3, il francese Abdennour Bidar 4, ecc…), ma questi erano tutti laici e nessuno di loro era imam.
Ora al-Tayeb ha compreso e ha capito che occorre affrontare questo problema in modo globale, nell’insegnamento delle scuole e delle università – e quindi fra i laici – ma anche nell’insegnamento degli imam. L’impegno va preso a tutti i livelli, in tutte le categorie del mondo musulmano dove si educa la mente e soprattutto con gli imam, che ogni venerdì predicano nelle moschee e i cui discorsi sono diffusi su radio e televisione, con un’influenza mediatica molto forte.
1. La scomunica fra sunniti e sciiti
L’insegnamento deve correggere quello stile invalso fra i musulmani di bollarsi reciprocamente come “miscredenti”, come kāfir, di praticare il takfīr. Tutte le volte che al-Tayeb parla, torna sull’accusa di miscredenza affibbiata agli musulmani.
Che significa questo? I gruppi musulmani, i sunniti, considerano gli sciiti come miscredenti, e lanciano una specie di anatema contro di loro. Questo atteggiamento è molto diffuso. Da anni negli ambienti ufficiali si dice che occorre finirla con questa caccia alle streghe, ma gli stessi ambienti ufficiali (vicini al Qatar e al wahhabismo dell’Arabia saudita) lo usano per incitare la gente a compiere attacchi contro altri musulmani. Ogni mese in Pakistan vi sono bombe contro moschee sciite, talvolta anche il contrario; lo stesso avviene in Iraq, nello Yemen, in Bahrain e talvolta anche in Iran, nelle province del Baluchistan e del Kurdistan.
La tendenza è quella di considerare chi non la pensa come me come qualcuno da eliminare. Dietro questo problema si nasconde la questione della libertà di coscienza, di fede, di cambiare religione. Deve essere garantita la possibilità di essere miscredente, senza che vi sia persecuzione o eliminazione. Va detto che è molto più comune la condanna dei sunniti verso gli sciiti, che il contrario.
Al-Tayeb ha anche invitato ad “andare a fondo sulle cose che ci uniscono”, per vedere cosa unisce sunniti e sciiti senza scomunicarsi reciprocamente, ma mostrando le due tradizioni come due modi di vivere l’islam con uguale dignità.
Di questi tempi ho sentito alcuni cristiani che a proposito della guerra fra sunniti e sciiti commentano fregandosi le mani: “Tanto meglio per noi! Che si combattano fra di loro, a noi non importa!”. No: davanti a Dio, questo non è bello e poi, a livello politico e storico, si vede benissimo che dopo la guerra fra di loro, si comincia a uccidere gli ebrei e poi i cristiani. Ma poi, qual è lo scopo dei cristiani? Non è quello di far vincere una religione sulle altre, ma di rendere il mondo più pacifico, più fraterno. Qualunque forma di odio va contro questo progetto. Per questo, noi cristiani dovremmo sostenere i tentativi di dialogo e di convivenza pacifica fra sunniti e sciiti, e naturalmente tra musulmani e non musulmani.
2. Contro l’interpretazione alla lettera
Un altro punto importante messo in luce da al-Tayeb sta nell’indicare come causa della divisione nell’islam “la cattiva interpretazione del Corano e della sunna”. Dire questo è un salto formidabile, un passo importante di autocritica.
Al-Tayeb dice che l’estremismo nasce da una non corretta interpretazione del Corano; ma proprio gli estremisti pretendono di avere la vera e autentica interpretazione del Libro e della tradizione maomettana, perché la seguono letteralmente.
Questa critica implica affermare che Corano e sunna devono essere interpretati e non si può prenderli alla lettera! Solo i fanatici prendono tutto alla lettera e il letteralismo è una falsa lettura dell’islam, come del cristianesimo.
Nel mondo musulmano per tradurre “interpretazione” si usano due parole. Una è la parola “tafsīr“, che significa “commento”. Tutti i grandi imam della storia hanno scritto dei “tafsīr“: essi consistono nel prendere il testo parola per parola, spiegare l’origine filologica, il posto grammaticale della parola nella frase, ecc…
L’altra parola è “ta’wīl“, interpretazione, e questa non è quasi per nulla praticata. Forse la si usa solo un po’ nel mondo sciita.
Non ho avuto il tempo di vedere il testo in arabo del discorso di al-Tayeb e quindi non so quale di queste due parole egli abbia usato.
Nel suo intervento alla Mecca, senza esplicitare, al-Tayeb ha citato “gruppi estremisti” che praticano questa interpretazione letterale. Un motivo è che alla conferenza erano presenti personalità del Qatar o dell’Arabia saudita, o della Malaysia che usano la stessa interpretazione. Forse, la sua citazione generica serviva a non far nascere subito un dibattito non essenziale.
Di fatto, è molto probabile che con “gruppi estremisti” al-Tayeb indicasse non solo l’Isis, ma anche i wahhabiti, i salafiti, i Fratelli musulmani, ecc… Tutti questi interpretano il Corano in modo letterale, anche se non tutti loro ricorrono poi alla violenza.
Purtroppo, giorni prima, lo stesso grande imam ha condannato i “crimini barbari” dello Stato islamico e si è augurato per loro la condanna che vi è nel Corano 5 per “quegli aggressori corrotti che combattono Dio e il suo profeta: la morte, la crocifissione o l’amputazione delle loro mani e piedi”. In tal modo, anche lui ha usato il Corano in modo letterale! Purtroppo questa è un’ambiguità presente nel mondo musulmano: quando conviene si cita il Corano alla lettera; quando si è criticati, si dice che il Corano va interpretato!
3. Islam e islamofobia
Un altro punto saliente dell’intervento del grande imam di Al-Azhar è quando dice che i gruppi estremisti “stanno diffondendo un’immagine negativa dell’islam”: non ha attribuito all’islamofobia dell’occidente l’immagine negativa dell’islam. Spesso fra i musulmani e fra gli occidentali “buonisti” si dice che le critiche all’islam vengono da un preconcetto atavico, da una chiusura a priori che hanno gli occidentali. Invece per al-Tayeb, l’immagine negativa dell’islam viene dall’islam stesso. Dire troppo facilmente che “l’islam è una religione di pace”, che tutto va bene, con condiscendenza è una posizione falsa.
Ma anche qui la posizione di al-Tayeb è un po’ equivoca. Infatti fra le cause delle lotte fra musulmani, il grande imam parla di “un nuovo colonialismo globale alleato al sionismo mondiale”. In questo modo egli ricade nello stile tradizionale del mondo islamico, che dà la colpa ad altri di quanto succede, diminuendo le responsabilità dei musulmani.
Io non credo a questa cospirazione “globale” e “sionista”. Certo, Israele, gli Stati Uniti, l’occidente possono sfruttare le divisioni e le lotte fra i musulmani per i loro interessi. Ma essi non potrebbero fare nulla se nel mondo islamico non ci fossero delle lotte di cui sono responsabili anzitutto i musulmani.
Vero è che anche al-Tayeb ammette che tale cospirazione sfrutta “le tensioni confessionali dei musulmani”, ma non si può subito concludere che l’occidente è in guerra contro l’islam.
Credo che le parole di al-Tayeb alla Mecca abbiano un’importanza fondamentale. Se nel mondo islamico si afferma quanto lui sottolinea, ossia l’aspetto teologico-interpretativo del Corano, ci sarebbe una vera rivoluzione.
4. Al-Sisi e i copti, cittadini egiziani
In questi giorni c’è da registrare un altro fatto rivoluzionario: i raid aerei che il presidente egiziano al-Sisi ha compiuto contro le basi dello Stato islamico in Libia. L’elemento rivoluzionario sta nel fatto che egli ha dato ordine per i raid dopo l’uccisione di 21 cristiani egiziani. In queste guerre nel mondo islamico sono morti migliaia di musulmani. Ma al-Sisi ha lanciato la rappresaglia dopo la morte dei 21 cristiani copti, riconoscendoli quindi cittadini a parte intera dell’Egitto. Egli stesso ha detto: Noi non vogliamo fare la guerra, ma difendiamo la nostra patria e i nostri cittadini”. E ha lanciato una possibile alleanza dei Paesi arabi per una lotta contro lo Stato islamico. Inoltre ha partecipato al rito dei funerali nella cattedrale copta del Cairo, e ha deciso di ricompensare le famiglie che hanno perso il loro marito o padre.
Anche il re saudita Salman, ha detto cose interessanti al seminario della Mecca. Per il monarca “il terrorismo è una piaga prodotta da un’ideologia estremista”. Esso è “una minaccia alla comunità musulmana e al mondo intero”.
Salman ha definito i terroristi islamici come gente “fuorviata e fuorviante”, che danno l’opportunità al mondo di “attaccare l’islam e trattare i musulmani come dei vili”.
In questo modo si vede che l’autorità religiosa (Al-Azhar), l’autorità politica più importante della regione (Arabia saudita), e l’autorità del Paese arabo più popoloso (Egitto) sembrano alleati per una trasformazione del mondo islamico. Forse ci vorrà almeno un decennio per vedere i frutti. Ma bisogna cominciare.
Tale riforma nell’interpretazione e nella modernità era iniziata agli inizi del ‘900 con l’imam di Al-Azhar di allora, Mohammad Abdou, morto nel 1905. Poi purtroppo, il suo miglior discepolo, Rashid Rida, ha bloccato la riforma ed è divenuto il padre spirituale dei Fratelli musulmani, un movimento che applica l’interpretazione letteralista del Corano. Più di un secolo dopo la morte di Mohammad Abdou, siamo tornati indietro! Speriamo che la reazione alla violenza di gruppi islamisti marchi l’inizio di una riforma islamica, come se lo augurano la maggioranza dei musulmani.
fote: AsiaNews