SETTIMANA SANTA – Nell’abisso del male c’è qualcosa che brilla
— 30 Marzo 2015 — pubblicato da Redazione. —Il sepolcro del male alla fine, non per forza umana ma divina, sarà svuotato. Liberato dal corpo martoriato dall’umanità, non piegato neppure dal peccato più grave degli uomini, Iddio mostra ovunque che il bene è possibile. Dio non è morto. Osa rivivere nell’umile e diffuso bene di tanti uomini. Non fa spettacolo. Ma è una foresta
La croce o il sepolcro vuoto? L’ultima cena con il “fate questo in memoria di me”, con il dono di sé a ciascuno di noi nel pane di vita. Nello stesso tempo, lo sguardo, le parole di Cristo che si rivolge e, forse, incrocia lo sguardo perso di Giuda. Perché incredibile e inimmaginabile per qualsiasi re della terra, e ancor più per un tale Re, che è nientemeno che figlio di Dio, è il sottomettersi al tradimento di uno qualunque. Perché in quel Giuda si ritrovano non pochi Giuda tra noi uomini, per i quali Cristo spende anche oggi il suo sacrificio.
Nel Vangelo, nello scorrere degli eventi della Settimana Santa niente è frutto delle circostanze o del caso. Il tragico e il drammatico stanno di fronte all’amore, fatto Persona. Come nella vita di ogni giorno grandi tragedie di morte, di dolore, di eccidi si contrappongono, anzi sono coperte da grandi opere di amore negli ospedali, nelle famiglie, nel sacrificio delle vite di troppi cristiani nel mondo, che continuano a seminare e testimoniare tolleranza pacifica nei confronti di persecutori organizzati, coperti dai governi. Nel silenzio e nell’indifferenza pilatesca delle democrazie occidentali, che rivendicano la missione di portare nuova civiltà e democrazia là dove fanno affari non vedendo i cristiani. E, talvolta, sacrificandoli in nome di interessi inconfessabili.
Che cosa ci colpisce di più di questi giorni tragici e salvifici di Gerusalemme la Santa e la martoriata? Forse il fragile e, persino, comico sonno degli apostoli tra gli ulivi o il facile tradimento del primo degli apostoli? O forse, positivamente, ci affascina la premura di quel manipolo di donne, che di fronte a tutti, all’ignavia di un popolo pronto a voltare le spalle a colui che inneggia, seguono il condannato fino al patibolo e se ne prendono cura.
Campeggia in essa, Settimana di dolore e di peccato, il contrasto delle immagini e la tragica contraddizione degli eventi che vanno inesorabilmente verso il baratro della tortura della crocifissione, emblema delle barbarie d’ogni tempo, del peccato di ogni essere umano fino a quello delle strutture di peccato e di morte che sono le violenze della fame come delle uccisioni di bande armate che strumentalizzano, persino, il nome di Dio.
La Settimana è Santa ma prima brilla contemporaneamente dell’oscurità di un cumolo di male. Eppure è Santa proprio perché affronta quel male e lo redime. Il segno di quella redenzione sta in quelle bende che solo coloro che avevano posto cuore e fede in Cristo possono veder per prime nel sepolcro. Vi sono per le forze del male, organizzate nel potere di Pilato, il politico che baratta il suo potere con la folla. È per dovere di ruolo il difensore di chi ritiene innocente ma rinuncia al processo giusto. Come si ripete la storia per gli innocenti! Vi è la cricca del sinedrio che condanna chi davvero doveva illuminare e guidare il popolo. E neppure il popolo si salva, perché il gruppo, la massa rende coraggiosi anche gli ignavi. La colpa non è sempre degli altri, il proprio peccato va confessato, non scusato.
Il sepolcro del male alla fine, non per forza umana ma divina, sarà svuotato. Liberato dal corpo martoriato dall’umanità, non piegato neppure dal peccato più grave degli uomini, Iddio mostra ovunque che il bene è possibile. Occorre imparare a vederlo con gli occhi della fede. Ricordando che la radice del male cresce prima dentro l’uomo. La si sterilizza con la conversione del cuore che abbisogna della confessione dei peccati. Dio non è morto. Osa rivivere nell’umile e diffuso bene di tanti uomini. Non fa spettacolo. Ma è una foresta.
Fonte: Agensir.it
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