IRAQ – Mosul: quella “N” come inizio di fraternità e libertà
— 23 Luglio 2014 — pubblicato da Redazione. —Marco Tarquinio nel suo articolo ci da una lettura della«N» che indica “nasara” ovvero seguace del Nazareno cioè cristiano, usata per segnare le case de2i cristiani a Mosul dai mussulmani sunniti.
Quella “N” usata per marchiare, per umiliare, per discriminare, per derubare legalmente. Proprio quella “N” la portiamo tutti noi
«con disarmato e dolente orgoglio, con consapevole partecipazione alla sorte delle donne e degli uomini cristiani di Mosul e di ogni altro perseguitato a ragione della propria fede. Perché quella «N» la portiamo nell’anima, nel cuore, sulla pelle, e non come una cicatrice amara o una bandiera di guerra, ma come l’inizio di una parola di fraternità e di libertà.»
Il suo articolo continua: «Vogliamo che si sappia – e sogniamo che tutto il mondo trovi la passione e il coraggio necessari per gridarlo – che quella «N» è stata tracciata anche sulla soglia delle nostre case, sull’uscio delle scuole che frequentano i nostri figli, davanti alle nostre chiese e ai luoghi di culto di chi crede diversamente da noi eppure ci è fratello, sui muri di tutti i civili edifici di città che sogniamo libere, sicure e accoglienti per ogni cittadino, per ogni ospite, per ogni profugo.
La conclusione vede: Quella «N» incisa per infamare e per depredare, per umiliare e per esiliare può allora aiutare tutti – ma proprio tutti – ad aprire gli occhi, a ritrovare la voce, ad agire senza esitazioni, per umanità contro la prevaricazione e la persecuzione degli inermi
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Quella «N» vuole essere e, infatti, sembra un sigillo di dominio e di morte, ma può essere convertita nel principio di una frase antica e nuova: nessuno aggredisca il fratello, nessuno su di lui commetta ingiustizia.
Da: Sulle case di tutti – Avvenire