Le emittenti italiane riscrivono le regole sul rapporto fra televisione e ragazzi. E, stando alla bozza del nuovo codice “Media e minori” elaborata dai network e consultata da Avvenire, si autoassolvono in anticipo dalle possibili contestazioni di fare una «cattiva tv» per i più piccoli. Con una serie di cavilli inseriti nel testo, che aggiorna il codice di autoregolamentazione “Tv e minori” sottoscritto nel 2002 e recepito per legge due anni più tardi, le reti allargano le maglie: ratificano palinsesti senza più freni dietro il paravento delle norme “libertarie” approvate durante l’ultimo governo Berlusconi e l’esecutivo Monti; sposano il fragile argine del parental control; stabiliscono che ogni stazione possa decidere in maniera del tutto autonoma quali programmi siano nocivi per i ragazzi e quali adatti a tutti; ridimensionano il ruolo del Comitato “Media e minori” chiamato a vigilare sull’applicazione del codice e a sanzionare le stazioni che mandano in onda trasmissioni dannose per i piccoli; ne rivedono la composizione riservandosi la metà dei componenti in modo da essere controllori di se stessi; subordinano l’azione del Comitato all’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che talvolta si è mostrata molto indulgente verso le tv.
Le nuove disposizioni hanno anche alcuni elementi positivi. Prevedono che tutta la filiera produttiva televisiva (dagli autori ai cameraman) sia sensibilizzata sull’attenzione ai ragazzi; disciplinano i contenuti anche dei canali web e dei siti delle emittenti; includono il gioco d’azzardo (accanto ad alcol, tabacco, stupefacenti, servizi telefonici) nella pubblicità «vietata» dalle 16 alle 19 e stabiliscono che i bambini non possano esserne testimonial negli spot.
Tuttavia il testo provvisorio ha più ombre che luci. Del resto si tratta di un documento unilaterale, scritto solo dalle reti intorno ai tavoli di Confindustria Radio-Televisioni, l’associazione di categoria che comprende anche Rai e Mediaset (in prima linea nella stesura dello schema). La traccia è stata presentata al Comitato “Media e minori” e i rappresentanti dei telespettatori hanno già ravvisato numerosi limiti annunciando le loro osservazioni. Il testo passerà al vaglio del sottosegretario con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, e poi della Commissione parlamentare per l’infanzia. La bozza potrà essere rivista anche se non è chiara la procedura per recepire eventuali modifiche.
Resta quindi fra le mani una proposta di codice con troppe falle. La programmazione viene liberalizzata. Si possono mandare in onda film vietati ai minori di 14 anni o trasmissioni violente e a sfondo sessuale a qualsiasi ora, persino nella fascia protetta dalle 16 alle 19, dal momento che il parental control – filtro elettronico presente nei televisori che però va attivato dai genitori e le statistiche dicono che due terzi delle famiglie non lo fanno – può oscurarne la visione ai più piccoli. Non solo. La bozza prevede che la «collocaziona di ciascun programma» fra quelli inadatti o meno ai ragazzi «rientra nella esclusiva discrezionalità editoriale delle emittenti» anche se verranno «adottati criteri condivisi di classificazione».
Poi c’è il futuro del Comitato “Media e minori”, già penalizzato negli ultimi due anni dalle emittenti. L’organismo sarà formato da 24 membri e la metà rappresenterà le reti. Oggi i componenti sono 15: un terzo è emanazione delle tv, un terzo degli utenti e un terzo delle istituzioni. Sul fronte delle sanzioni per le violazioni al codice il Comitato potrà, sì, chiedere alle stazioni di modificare i programmi contestati ma solo «in caso di particolare gravità» (l’inciso oggi non è previsto) e non avrà più il potere di imporre la chiusura delle trasmissioni (ipotesi inserita nel codice vigente).
Il primo codice di autoregolamentazione “Tv e minori” risale al 1993 quando fu firmato dalla Federazione Radio Televisioni e da 21 associazioni di consumatori, insegnanti e genitori. Poi è stato ampliato nel 1997. Quello in vigore risale al 2002 ed è entrato nella Legge Gasparri del 2004 sul riordino del sistema radiotelevisivo. Da oltre un anno è cominciato il processo di aggiornamento del codice che – fa sapere il Comitato – non era allineato a un mutato quadro normativo, oltre che con una realtà profondamente cambiata soprattutto per l’irrompere di Internet sulla scena. Di qui la scelta, avvenuta all’interno del Comitato con decisione unanime, di dare il via ai lavori di revisione attraverso l’apertura di un tavolo tecnico composto dalle reti.
Preferisce non commentare la bozza del nuovo codice “Media e minori” il presidente del Comitato che porta lo stesso nome del documento. Maurizio Mensi, docente di diritto dell’informazione e della comunicazione alla Luiss di Roma, che guida l’organismo di vigilanza, ritiene che si tratti di un testo provvisorio elaborato da una sola componente, ossia le emittenti, e che eventuali dichiarazioni rischino di compromettere l’obiettivo di giungere in tempi rapidi a un testo finale condiviso, sulla base di un confronto aperto e una discussione serena che si è avviata in seno al Comitato. Per il presidente, ogni eventuale polemica deve lasciare il passo a una riflessione seria e ponderata sui contenuti, con rigore e senso di responsabilità.
Un testo che «non garantisce maggiore rigore» nella tutela dei più piccoli di fronte alla tv. Non solo. «Il documento è vago, generico. E lascia trasparire l’intenzione di vanificare il ruolo del Comitato “Media e minori”». La sociologa del Censis, Elisa Manna, è uno dei cinque rappresentanti degli utenti nell’organismo di vigilanza. Fra le mani ha la bozza del nuovo codice. E fa una premessa. «Negli ultimi anni il Comitato non ha funzionato. La revisione del codice poteva essere l’occasione per una svolta. Così non sarà, almeno guardando al documento che ci hanno presentato». Manna parte dai primi paragrafi. «Sono stati smorzati i riferimenti ai princìpi legati allo sviluppo equilibrato del minore». Poi esamina la traccia. «L’assunto implicito è che il Comitato vada ridimensionato. I segnali sono molteplici. Alle emittenti è riservata la metà dei componenti nell’organismo: questo permetterà alle tv di avere sempre l’ultima parola. Anche le indicazioni sulle sanzioni riducono l’incisività del Comitato. E le previsioni sulla classificazione delle trasmissioni nocive rendono impossibile far valere le ragioni degli spettatori dentro l’organismo: basti citare il passaggio in cui si dice che la segnalazione dei programmi inadatti avverrà in base alle modalità ritenute “più idonee” dalle stazioni».
Eppure qualche luce c’è. «L’intento di estendere le tutele al pianeta web va considerato positivamente, anche se la televisione resta il mezzo che più incide sui ragazzi e solo in seconda battuta arriva Internet. Ed è interessante che tutti gli operatori del piccolo schermo siano sensibilizzati al rapporto fra tv e minori». Però Manna teme che i cambiamenti del documento possano essere limitati. «Sulla carta le emittenti hanno coinvolto gli utenti illustrando la bozza al Comitato. Ma al massimo le associazioni possono presentare le loro osservazioni. E i soli col potere di modificare il documento saranno i parlamentari della Commissione bicamerale per l’infanzia».
Sulla stessa lunghezza d’onda è il segretario nazionale dell’Aiart, Domenico Infante, anche lui rappresentante dei telespettatori nel Comitato. «La bozza – spiega – è stata scritta dalle sole emittenti e in una sede impropria, Confindustria Radio-Tv. Più volte, come associazioni degli utenti, abbiamo chiesto di partecipare ai lavori ma ci è stato negato». Di fronte all’ipotesi che il Comitato “Media e minori” abbia metà membri espressione delle tv, Infante è drastico: «Si tratta di una discriminazione inaccettabile per gli utenti. Ci è stato spiegato che il testo vuole aumentare il numero dei rappresentanti delle reti perché nuovi editori firmeranno il codice. Ma questo non può avvenire a scapito di chi è portavoce delle famiglie». Lo schema specifica anche la relazione che dovrà esserci fra Comitato e Agcom. «Si parla di collaborazione fra i due soggetti – sostiene Infante –. Invece il nostro organismo deve essere indipendente dall’Authority e avere maggiori poteri sanzionatori». Sull’estensione del codice ai siti web, Infante evidenzia: «Non sono previste sanzioni. La tutela dei minori resterà lettera morta».
Non plaude al documento neppure il vice presidente del Comitato “Media e Minori”, Remigio Del Grosso. «Dopo oltre un anno di lavori la montagna ha partorito il topolino. Pochi i passi avanti e molti indietro. Inoltre rimane l’atteggiamento ostruzionistico di Sky, non intenzionata a sottoscrivere il codice, cui nessuno per il momento ha saputo porre rimedio». Del Grosso analizza l’approccio dei network. «Mediaset si trova a conciliare l’intenzione di proporre una programmazione adatta alle famiglie con la rincorsa esasperata dell’audience che, in alcuni casi, fa scadere notevolmente la qualità. E anche in Rai esiste il problema degli ascolti che fa sempre più assomigliare il servizio pubblico alla tv commerciale». Il vice presidente chiede di rivedere la bozza. «Mi auguro che il ministero dello Sviluppo economico e il Parlamento avranno la necessaria attenzione per temi così delicati, consentendo di giungere a una regolamentazione più garantista nei confronti dei minori».
La scorsa settimana la traccia è stata illustrata al Comitato. L’esame proseguirà nella prossima seduta e lo schema sarà trasmesso al sottosegretario con la delega alle Comunicazioni. Secondo la legge, il nuovo codice verrà recepito con un decreto del ministro dello Sviluppo economico, dopo aver acquisito il parere della Commissione parlamentare bicamerale per l’infanzia.
Fonte: Avvenire.it