“Ai bambini serve la famiglia naturale”: parole di Giorgio Ponte, omosessuale e cattolico
— 20 Giugno 2015 — pubblicato da Redazione. —Giorgio Ponte è un solare trentenne. Lo scorso novembre ha pubblicato per Mondadori Io sto con Marta, commedia romantica, romanzo sociale e storia di speranza. E questa settimana, sul settimanale Tempi, un coraggioso intervento da omosessuale, cattolico, schierato con le Sentinelle in Piedi contro il matrimonio gay, considerato l’anticamera dell’adozione e poi della procreazione gay. Scrive: «I bambini hanno diritto a una famiglia in cui crescere e una famiglia è quella fatta da uomo e donna». E «il 90 per cento delle attività persecutorie nei confronti degli omosessuali sono più nella testa dei gay, che non nei presunti “omofobi”». Lo abbiamo incontrato.
Ti definisci «di tendenze omosessuali». Perché non semplicemente omosessuale?
«Il concetto di identità “omosessuale”, così come di “eterosessuale”, incasella in una categoria. Non sarei più Giorgio, un uomo, ma “un omosessuale”. Io sono uno scrittore, un figlio, un amico, sono le mie paure, le mie cose belle e sono anche una persona che ha attrazione per persone dello stesso sesso. Attrazione che – l’ho sperimentato su di me e visto in tanti altri – può essere fluida nel tempo. La cosa più precisa per definire ciò che vivo è dire che ho delle pulsioni omosessuali».
Le hai sempre avute?
«Sì. Su Internet, da adolescente, scoprii i siti di incontri e le chat gay. Incontravo uomini, di solito molto più grandi, cercavano sesso ma io mi facevo raccontare le loro storie per capire se fossero felici. Il grosso non lo era. Parecchio tempo dopo, quando ho letto Joseph Nicolosi, il fondatore della terapia riparativa, ho detto: “Cavolo, finalmente qualcuno che dice le cose che ho sempre pensato”. Il 30 per cento di chi fa la sua terapia acquisisce un altro orientamento sessuale, un altro 30 mantiene entrambi gli orientamenti, per il restante 30 le pulsioni restano per sempre. Io, pur dopo aver capito da dove veniva la mia omosessualità, mi sono detto che non potevo vivere cercando di “combatterne” le pulsioni, che non erano cambiate. Sarebbe sbagliato annullarle, come lo è farne la tua unica identità. Dobbiamo essere liberi. È mostruoso che ci siano stati tempi in cui solo desiderare un altro uomo fosse perseguito. Ma non li viviamo più. Nessuno impedisce e deve impedire a nessuno di decidere di amare un’altra persona, quale che sia il suo sesso. Ma mi piacerebbe ci fosse una reale possibilità di scelta».
Sei a favore del matrimonio omosessuale?
«No. Non credo molto nella stabilità di una coppia omosessuale…».
Ti si potrebbe obiettare che quelli che hai conosciuto rappresentano un campione. Tu stesso rappresenti un atteggiamento diverso rispetto a quello gay dominante che vuole il matrimonio, l’adozione e la procreazione.
«Io riconosco la dignità del desiderio di impegnarsi e provare a costruire qualcosa per tutta la vita. Però il meglio che ho visto sono state coppie gay in relazioni lunghe, ma infedeli. Sappiamo chi manovra e guida e spinge. Il matrimonio gay sarebbe soltanto una prima fase intermedia verso l’adozione e poi la produzione del bambino all’interno della coppia omogenitoriale. I movimenti LGBT hanno potere economico e mediatico più forte rispetto alle persone come me che hanno idee come le mie. Gridano più forte perché hanno i mezzi per farlo. L’immagine che viene data oggi dei gay è tutta edulcorata, sono tutti buoni, sensibili, angelicati. Io direi alle persone di andare una volta nelle saune gay, che sono questi posti dove si va per fare sesso tutti insieme. Come le crociere per omosessuali. Ma se contesti questi aspetti, la teoria, imposta politicamente dai Settanta in poi, è che contestare sarebbe omofobia interiorizzata. Questo blocca ogni dialogo».
Tempo fa, Guido Barilla disse: «Non farei uno spot con una famiglia omosessuale». Tu che cosa hai pensato quando hai sentito queste parole?
«Ho pensato che Barilla fosse un grande. Aveva fatto un grande atto di coraggio. Mi è dispiaciuto moltissimo che per le pressioni ricevute abbia ritrattato. Se avesse detto: “Non assumo persone omosessuali”, sarei stato il primo a incatenarmi davanti alla Barilla, perché in questo caso ci sarebbero stati dei diritti civili negati. Ma solo in questo caso».
Dolce e Gabbana, nell’ormai famosa intervista a Panorama, hanno dichiarato: «La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia».
«Sono stato molto felice di sentirli dire questa cosa. Hanno dato voce a un mondo che esiste. Dolce e Gabbana sono l’emblema del mondo gay. E hanno avuto l’onestà e la libertà di dire come la pensavano».
L’hanno pagata cara…
«Apprezzo molto il fatto che abbiano mantenuto la loro opinione, non si sono piegati a chiedere scusa a nessuno. Contro di loro c’è stata violenza ideologica e mediatica».
Sembra si sia affermato una sorta di «omosessualismo». Un movimento che come il femminismo nacque per combattere, giustamente, una discriminazione. Ma che col tempo è divenuto estremamente aggressivo. E se lo contesti, sei un sessista.
«Sì. Anche il concetto di gay pride è assurdo. Che senso ha dire sono orgoglioso di essere gay? O eterosessuale? È un merito? Vai a vedere anche le dark room gay, le coppie gay aperte, i social per incontri. C’è davvero da esserne orgogliosi? Non giudico, ma è devastante. Io ho avuto incontri occasionali, fatto sesso a tre, per me sono stati tracolli. Ho avuto, dopo, anche una relazione molto bella. E ho capito che per me conoscere gente nelle chat non è sano, nemmeno per gli etero. È un’ottica da mercato. Nel mondo gay è molto più diffusa che in quello etero. Tu stai bene a vivere così? Va benissimo. Ma permetti a chi vuole provare a vivere altro di farlo. Le persone come me, che non si uniformano, non sono accolte nel mondo gay. Vengono chiamate “etero mancati”. Se io volessi cambiare sesso, intervenire sul mio corpo, nessuno direbbe “ah” perché evidentemente io sarei “una donna intrappolata nel corpo di uomo”, lo Stato mi deve pagare l’operazione eccetera. Se io invece voglio cambiare il mio orientamento omosessuale perché non mi sento a mio agio, secondo loro non posso farlo. Mi viene detto: “Sei così e non devi cercare di cambiare!”. Ho conosciuto molti gay che non si vogliono ghettizzare nel Gay Pride, che non vogliono il matrimonio gay. Vivono fuori dal mondo gay, ma non si espongono. Io vorrei dire a chi cerca altro che esiste anche altro. Nella Chiesa, ma non solo».
Fonte: Libero.it