ECUADOR – Il Papa «Con il Vangelo il grido della libertà»
— 7 Luglio 2015 — pubblicato da Redazione. —Il terzo giorno di papa Francesco si è aperto con una cascata di petali di rosa. È la festosa accoglienza riservata a Francesco dal popolo dell’Ecuador, raccolto nel Parco del Bicentenario di Quito per ascoltare le sue parole. Poco prima il Papa aveva incontrato a porte chiuse i circa 40 vescovi del Paese nel Centro congressi dello stesso Parco.
Milioni di petali di rose lanciati dai fedeli, dunque, hanno accompagnato Papa Francesco nel lungo giro in jeep scoperta tra i settori gremiti del Parco del Bicentenario (della liberazione boliviana), un’immensa area verde alla periferia di Quito, dove il Pontefice ha celebrato la messa con tutti i vescovi dell’Ecuador e molti degli altri Paesi latino americani che si sono ritrovati oggi nella Capitale dell’Ecuador per incontrarlo.
Nella sua omelia Francesco ha reso omaggio al Bicentenario della Liberazione bolivariana, che restituì dignità e autonomia praticamente all’intero Sudamerica, ripetendo “quel grido di indipendenza dell’America Ispanofona, un grido nato dalla coscienza della mancanza di libertà, di essere spremuti e saccheggiati, soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno”.
Un’invocazione di libertà che il Papa ha accostato a quella di Gesù. “Vorrei che oggi – ha scandito Jorge Mario Bergoglio ricordando quanto affermato dal documento di Aparecida, redatto nel 2007 dall’allora arcivescovo di Buenos Aires ma votato dai vescovi latino americani e approvato da Benedetto XVI e infine ripreso
nel documento programmatico del pontificato, l’Evangelii
gaudium – queste due grida concordassero nel segno della bella sfida dell’evangelizzazione. Non con parole altisonanti, o termini complicati, ma una concordia che nasca dalla gioia del Vangelo, che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. “Coloro che si lasciano salvare da Lui – ha ricordato il Papa – sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento” .
“A quel grido di libertà che proruppe poco più di 200
anni fa non mancò né convinzione né forza, ma la storia – ha
rievocato papa Francesco – ci dice che fu decisivo solo quando
lasciò da parte i personalismi, l’aspirazione ad un’unica autorità, la mancanza di comprensione per altri processi di liberazione con caratteristiche diverse, ma non per questo antagoniste”.
“La proposta di Gesù è concreta”, ha affermato Bergoglio esortando i cattolici dell’intero Sudamerica ad “agire per l’inclusione a tutti i livelli, evitando egoismi, promuovendo la comunicazione e il dialogo, incentivando la collaborazione. Bisogna affidare il cuore al compagno
di strada senza sospetti, senza diffidenze”, perché “affidarsi all’altro è qualcosa di artigianale, la pace è artigianale”.
“È impensabile che risplenda l’unità se la mondanità spirituale ci fa stare in guerra tra di noi, alla sterile ricerca di potere, prestigio, piacere
o sicurezza economica”, ha rilevato con una forte denuncia dei
compromessi che anche oggi fanno molti cristiani. Come i potentati si opposero dopo nemmeno un decennio al sogno di Simon Bolivar di una sola nazione latinoamericana in grado di trattare da pari a pari con i grandi della terra, pure oggi l’ideale della promozione umana indicato dal Vangelo trova molti e potenti antagonisti: “Anche noi constatiamo quotidianamente – sono state le parole del Papa – che viviamo in un mondo lacerato dalle guerre e dalla violenza. Sarebbe superficiale ritenere che la divisione e l’odio riguardano soltanto le tensioni tra i Paesi o i gruppi sociali”.
“In realtà queste tensioni – ha denunciato Francesco nella sua
impegnativa omelia – sono manifestazioni di quel diffuso individualismo che ci separa e ci pone l’uno contro l’altro, frutto della ferita del peccato nel cuore delle persone, le cui conseguenze si riversano anche sulla società e su tutto il creato. Gesù ci invia proprio a questo mondo che ci sfida e la nostra risposta non è fare finta di niente, sostenere che non abbiamo mezzi o che la realtà ci supera. La nostra risposta riecheggia il grido di Gesù e accetta la grazia e il compito dell’unità”.
Secondo il Pontefice, “l’evangelizzazione può essere veicolo di unità di aspirazioni, di sensibilità, di sogni e persino di certe utopie. Certamente lo può essere e questo noi crediamo e gridiamo”. “Mentre nel mondo, specialmente in alcuni Paesi, riappaiono – ha ripetuto anche a Quito papa Francesco, spesso interrotto dagli applausi dell’immensa folla che assisteva al rito – diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di riconoscere l’altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, stringere relazioni e aiutarci a portare i pesi gli uni degli
altri” .
L’anelito all’unità suppone la dolce e confortante gioia di evangelizzare, la convinzione di avere un bene immenso da comunicare, e che, comunicandolo, si radica; e qualsiasi persona che abbia vissuto questa esperienza acquisisce una sensibilità più elevata nei confronti delle necessità altrui”.
“Che siano una cosa sola perchè il mondo creda: così Gesù – ha sottolineato – manifestò il suo desiderio guardando il cielo. Nel cuore di Gesù sorge questa domanda in un contesto di invio: ‘Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo’. In quel momento, il Signore sperimenta nella propria carne il peggio di questo mondo, che ama comunque alla follia: intrighi, sfiducia, tradimento, però non si nasconde, non si lamenta”.
All’Università Cattolica l’incontro con il mondo della scuola
Dopo il pranzo in nunziatura, visiterà la Pontificia università cattolica dell’Ecuador dove incontrerà il mondo della scuola e dell’università, e terrà un discorso.
Alle 18 ora locale nella chiesa intitolata a San Francesco, che è l’edificio religioso più antico della America latina e si trova nel centro storico di Quito, gli verranno consegnate le chiavi della città e incontrerà la società civile. Ultimo appuntamento della giornata sarà la visita alla Chiesa della Compagnia, retta dai gesuiti.
Fonte: Avvenire.it
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