Il Papa ha risposto alle domande dei giornalisti (solo testo in italiano)
Domanda (Stefania Falasca – Avvenire): Nel discorso che Lei ha fatto in Bolivia ai Movimenti popolari ha parlato del nuovo colonialismo e ha parlato dell’idolatria del denaro che sottomette l’economia, e dell’imposizione dei mezzi di austerità che “aggiustano sempre”, come ha detto, “la cinta dei poveri”. Ora, da settimane noi in Europa abbiamo questo caso della Grecia e della sorte della Grecia che rischia di uscire dalla moneta europea. Lei che cosa pensa di quanto sta accadendo in Grecia e che riguarda anche tutta l’Europa?
Risposta: Prima di tutto, il perché di questo mio intervento nel convegno dei movimenti popolari. È il secondo [convegno]. Il primo è stato fatto in Vaticano, nell’aula vecchia del Sinodo, c’erano circa 120 persone… E’ una cosa che organizza [il Pontificio Consiglio] Giustizia e Pace. Io sono vicino a questa realtà, perché è un fenomeno presente in tutto il mondo, in tutto il mondo. Anche in Oriente, nelle Filippine, in India, in Tailandia. Sono movimenti che si organizzano fra loro, non solo per fare una protesta, ma per andare avanti e poter vivere. E sono movimenti che hanno forza, e questa gente, che sono tanti e tanti, non si sente rappresentata dai sindacati, perché dicono che i sindacati adesso sono una corporazione, non lottano – sto semplificando un po’ – per i diritti dei più poveri. E la Chiesa non può essere indifferente. La Chiesa ha una Dottrina sociale e dialoga con questo movimento, e dialoga bene. Voi avete visto, avete visto l’entusiasmo di sentire che la Chiesa – dicono – non è lontana da noi, la Chiesa ha una dottrina che ci aiuta a lottare per questo. E’ un dialogo. Non è che la Chiesa faccia una scelta per la strada anarchica. No, non sono anarchici: questi lavorano, cercano di fare tanti lavori anche con gli scarti, le cose che avanzano; sono lavoratori davvero… Questo è il primo, l’importanza di questo [movimento].
Poi, sulla Grecia e il sistema internazionale. Io ho una grande allergia all’economia, perché papà era ragioniere e quando non finiva il lavoro in fabbrica lo portava a casa, il sabato e la domenica, con quei libri, di quei tempi, dove i titoli si facevano in gotico… e lavorava, e io vedevo papà… e ho un’allergia. Io non capisco bene com’è la cosa [la questione della Grecia], ma certamente sarebbe semplice dire: la colpa è soltanto di questa parte. I governanti greci che hanno portato avanti questa situazione di debito internazionale, hanno anche una responsabilità. Col nuovo governo greco si è andati verso una revisione un po’ giusta. Io mi auguro – è l’unica cosa che posso dirti, perché non so bene – che trovino una strada per risolvere il problema greco e anche una strada di sorveglianza per non ricadere in altri Paesi nello stesso problema; e che questo ci aiuti ad andare avanti, perché quella strada del prestito e dei debiti alla fine non finisce mai. Mi hanno detto, un anno fa più o meno, ma non so, questa è una cosa che ho sentito, che c’era un progetto nelle Nazioni Unite – se qualcuno di voi sa questo sarebbe bene che lo spiegasse -, c’era un progetto per il quale un Paese può dichiararsi in bancarotta – che non è lo stesso che il default – ma è un progetto che ho sentito e non so come è andata, se era vero o no. Se un’impresa può fare una dichiarazione di bancarotta, perché un Paese non può farla e così si va all’aiuto degli altri? Questi erano i fondamenti di questi progetto, ma di questo non posso dire niente di più.
Poi, per quanto riguarda le nuove colonizzazioni, evidentemente vanno tutte sui valori. La colonizzazione del consumismo, ad esempio. L’abitudine del consumismo è stato un processo di colonizzazione; perché ti porta a un’abitudine che non è la tua e anche ti squilibra la personalità. Il consumismo squilibra anche l’economia interna e la giustizia sociale, e pure la salute fisica e mentale, tanto per dare un esempio.
Domanda (Anna Matranga – Cbs News): Santità, uno dei messaggi più forti di questo viaggio è stato che il sistema economico globale spesso impone la mentalità del profitto a ogni costo, a scapito dei poveri. Questo è percepito dagli statunitensi come una critica diretta del loro sistema e modo di vivere. Lei come risponde a questa percezione? E qual è la sua valutazione dell’impatto degli Stati Uniti nel mondo?
Risposta: Quello che ho detto, quella frase, non è nuova. L’ho detto nella Evangelii gaudium: “questa economia uccide” (n. 53). Quella frase la ricordo bene, c’è un contesto. E l’ho detta nella Laudato si’. La critica è una cosa non nuova, si sa. Ho sentito che alcune critiche sono state fatte negli Stati Uniti. L’ho sentito. Ma non le ho lette e non ho avuto il tempo di studiarle bene, perché ogni critica dev’essere recepita e studiata per poi fare il dialogo. Lei mi chiederà che cosa penso, ma se io non ho dialogato con quelli che fanno la critica non ho diritto di fare un pensiero così, isolato dal dialogo. Questo è quanto mi viene da dirLe.
Domanda (continuazione): Lei adesso andrà negli Stati Uniti, Lei ha un’idea di come sarà ricevuto, ha qualche pensiero sulla nazione?…
Risposta: No, devo cominciare a studiare adesso, perché fino a oggi ho studiato questi tre Paesi bellissimi, che sono una ricchezza e una bellezza. Adesso devo cominciare a studiare Cuba, perché ci andrò due giorni e mezzo, e poi gli Stati Uniti, le tre città all’Est – perché all’Ovest non posso andare – c’è Washington, New York e Filadelfia. Sì, devo cominciare a studiare queste critiche e poi dialogare un po’.
Domanda (Aura Vistas Miguel): Santità, che cosa ha provato quando ha visto quella falce e martello con Cristo sopra, offerto dal Presidente Morales? E dove è finito questo oggetto?
Risposta: Io – è curioso – non conoscevo questo, e neppure sapevo che Padre Espinal era scultore e anche poeta. L’ho saputo in questi giorni. L’ho visto e per me è stata una sorpresa. Secondo: lo si può qualificare come il genere dell’arte di protesta. Per esempio, a Buenos Aires alcuni anni fa è stata fatta una mostra di uno scultore bravo, creativo, argentino – adesso è morto -: era arte di protesta, e io ricordo un’opera che era un Cristo crocifisso che era su un bombardiere che veniva giù. Era una critica del cristianesimo che è alleato con l’imperialismo che era il bombardiere. Primo punto, quindi, non sapevo; secondo, io lo qualifico come arte di protesta che in alcuni casi può essere offensiva, in alcuni casi. Terzo, in questo caso concreto: Padre Espinal è stato ucciso nell’anno 80. Era un tempo in cui la teologia della liberazione aveva tanti filoni diversi, uno di questi era con l’analisi marxista della realtà, e Padre Espinal apparteneva a questo. Questo sì, lo sapevo, perché in quel tempo io ero rettore della Facoltà Teologica e si parlava tanto di questo, dei diversi filoni e di quali ne erano i rappresentanti. Nello stesso anno, il Padre Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arrupe, fece una lettera a tutta la Compagnia sull’analisi marxista della realtà nella teologia, un po’ fermando questo, dicendo: no, non va, sono cose diverse, non va, non è giusto. E quattro anni dopo, nell’84, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblica il primo volumetto piccolino, la prima dichiarazione sulla teologia della liberazione, che critica questo. Poi viene il secondo, che apre le prospettive più cristiane. Sto semplificando. Facciamo l’ermeneutica di quell’epoca. Espinal è un entusiasta di questa analisi della realtà marxista, ma anche della teologia, usando il marxismo. Da questo è venuta quell’opera. Anche le poesie di Espinal sono di quel genere di protesta: era la sua vita, era il suo pensiero, era un uomo speciale, con tanta genialità umana, e che lottava in buona fede. Facendo un’ermeneutica del genere io capisco quest’opera. Per me non è stata un’offesa. Ma ho dovuto fare questa ermeneutica e la dico a voi perché non ci siano opinioni sbagliate. Quest’oggetto ora lo porto con me, viene con me. Lei ha sentito forse che il Presidente Morales ha voluto darmi due onorificenze: una è la più importante della Bolivia e l’altra è dell’Ordine del Padre Espinal, un nuovo Ordine. Ora, io non ho mai accettato un’onorificenza, non mi viene… Ma lui lo ha fatto con tanta buona volontà e con il desiderio di farmi piacere. E ho pensato che questo viene dal popolo della Bolivia – ho pregato su questo, e ho pensato: se le porto in Vaticano queste andranno in un museo e nessuno le vedrà. Allora ho pensato di lasciarle alla Madonna di Copacabana, la Madre della Bolivia, e andranno al Santuario di Copacabana, alla Madonna, queste due onorificenze che ho consegnato. Invece il Cristo lo porto con me. Grazie.
Domanda (Anaïs Feuga): Durante la Messa a Guayaquil Lei ha detto che il Sinodo dovrebbe far maturare un vero discernimento per trovare soluzioni concrete alle difficoltà delle famiglie. E poi ha chiesto alla gente di pregare perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, Dio lo possa trasformare in miracolo, ha detto. Ci può precisare a quali situazioni “impure” o “spaventose” o “scandalose” Lei si riferiva?
Risposta: Anche qui farò l’ermeneutica del testo. Stavo parlando sul miracolo del buon vino [alle nozze di Cana] e ho detto che le anfore di acqua erano piene, ma erano per la purificazione. Ossia ogni persona che entrava in quella festa faceva la sua purificazione e lasciava le sue sporcizie spirituali. E’ un rito di purificazione prima di entrare in una casa, o anche nel tempio. Un rito che noi adesso abbiamo nell’acqua benedetta: è rimasto questo di quel rito ebraico. Ho detto che Gesù fa il più buon vino proprio con l’acqua delle sporcizie, del peggio. In generale, ho pensato di fare questo commento: la famiglia è in crisi, lo sappiamo tutti, basta leggere l’Instrumentum laboris che voi conoscete bene perché è stato presentato, è lì… A tutto questo io facevo riferimento, in generale: che il Signore ci purifichi da queste crisi, da tante cose che sono descritte in quel libro dell’Instrumentum laboris. E’ una cosa in genere, non ho pensato a nessun punto particolare. Che ci faccia migliori, ci faccia famiglie più mature, migliori. La famiglia è in crisi, che il Signore ci purifichi e andiamo avanti. Ma le particolarità di questa crisi sono tutte nell’Instrumentum laboris del Sinodo, che è finito e voi lo avete.
Domanda (Javier Martínez Brocal di Romereports): Santità, grazie mille per questo dialogo che ci aiuta tanto personalmente e anche nel nostro lavoro. Faccio la domanda a nome anche di tutti i giornalisti di lingua spagnola. Abbiamo visto come è andata bene la mediazione tra Cuba e Stati Uniti. Pensa che si possa fare qualcosa di simile in altre situazioni delicate del Continente latinoamericano, penso a Venezuela e penso anche a Colombia? Poi ho una curiosità: penso a mio padre, che ha qualche anno meno di Lei ma ha la metà delle energie. Lo abbiamo visto in questo viaggio, lo abbiamo visto in questi due anni e mezzo. Qual è il suo segreto?
Risposta: Qual è la sua “droga”, vorrebbe domandare lui… [ride], quella era la domanda!
Il processo fra Cuba e Stati Uniti non è stato mediazione. Non ha avuto il carattere di mediazione. C’era un desiderio che era arrivato. Dall’altra parte anche, desiderio… E poi, dico la verità, questo è stato a gennaio dell’anno scorso; e poi sono passati tre mesi in cui soltanto ho pregato su questo, non mi sono deciso… ma che cosa si può fare con questi due, dopo più di cinquant’anni che stanno così? Ma poi il Signore mi ha fatto pensare a un cardinale. Lui è andato lì, ha parlato, e poi non ho saputo niente, sono passati mesi e un giorno il Segretario di Stato – che è qui – mi ha detto: “Domani avremo la seconda riunione con le due équipes” – “Come?” – “ Sì, si parlano, fra i due gruppi si parlano e stanno facendo…”. Da solo è andato, non è stato mediazione, è stata la buona volontà dei due Paesi; il merito è loro, sono loro che hanno fatto questo. Noi non abbiamo fatto quasi nulla, soltanto piccole cose, e a metà dicembre è stato annunciato. Questa è la storia, davvero, non c’è di più. A me preoccupa in questo momento che non si fermi il processo di pace in Colombia. Questo devo dirlo e io mi auguro che questo processo vada avanti e in questo senso noi siamo sempre disposti ad aiutare, in tanti modi di aiuto. Ma sarebbe una cosa brutta che non possa andare avanti. Nel Venezuela, la Conferenza episcopale lavora per fare un po’ di pace, ma anche lì non c’è nessuna mediazione. In quello degli Stati Uniti [e Cuba] è stato il Signore e due circostanze casuali, e poi è andato avanti da solo. Per la Colombia mi auguro e prego, e dobbiamo pregare, perché non si fermi questo processo, è un processo che dura da più di cinquant’anni anche lì, e quanti morti! Ho sentito che sono milioni. Sul Venezuela non ho niente di più da dirti.
…Ah, la “droga”. Mah, il mate mi aiuta, ma non ho assaggiato la coca. Questo è chiaro!
Domanda (Ludwig Ring-Eifel – Kna): Santo Padre, in questo viaggio abbiamo sentito tanti messaggi forti per i poveri, anche tanti messaggi forti, a volte severi, per i ricchi e i potenti, ma una cosa che abbiamo sentito pochissimo erano messaggi per la classe media, cioè la gente che lavora, la gente che paga le tasse, la gente normale, quindi. La mia domanda è: perché nel magistero del Santo Padre ci stanno così pochi messaggi per questa classe media? E se ci fosse un tale messaggio, quale sarebbe?
Risposta: Grazie tante, è una bella correzione, grazie! Lei ha ragione, è uno sbaglio da parte mia. Devo pensare su questo. Farò qualche commento ma non per giustificarmi. Lei ha ragione, devo pensare un po’. Il mondo è polarizzato. La classe media diventa più piccola. La polarizzazione fra i ricchi e i poveri è grande, questo è vero, e forse questo mi ha portato a non tenere conto di quello. Parlo del mondo, alcuni Paesi no, vanno benissimo, ma nel mondo in genere la polarizzazione si vede e il numero dei poveri è grande. E poi perché parlo dei poveri? Ma perché è al cuore del Vangelo, e sempre parlo della povertà a partire dal Vangelo, benché sia sociologica. Poi, sulla classe media ci sono alcune parole che ho detto, però un po’ “en passant”. Ma la gente semplice, la gente comune, l’operaio… quello è un grande valore. Ma credo che Lei mi dica una cosa che devo fare, devo approfondire di più il magistero su questo. La ringrazio. La ringrazio per l’aiuto. Grazie.
Domanda (Vania De Luca – Rainews 24): Lei in questi giorni ha insistito sulla necessità dei percorsi di integrazione, di inclusione sociale, contro la mentalità dello scarto. Ha sostenuto anche progetti che vanno in questa direzione del vivere bene. Anche se ci ha già detto che deve ancora pensare al viaggio negli Stati Uniti, toccherà, pensa, questi temi all’Onu, alla Casa Bianca? Pensava anche a quel viaggio quando ha parlato di queste problematiche?
Risposta: No, pensavo soltanto a questo viaggio concreto e al mondo in genere. Il debito in questo momento dei Paesi del mondo è terribile. Tutti i Paesi hanno debiti e vi sono uno o due Paesi che hanno comprato i debiti dei grandi Paesi. E’ un problema mondiale. Ma con questo non ho pensato particolarmente al viaggio negli Stati Uniti.
Domanda (Courtney Walsh – Fox News): Santità, abbiamo parlato un po’ di Cuba, dove Lei va a settembre prima di andare negli Stati Uniti, e del ruolo che il Vaticano ha avuto nel loro avvicinamento. Adesso che Cuba avrà un ruolo maggiore nella comunità internazionale, secondo Lei L’Avana dovrà migliorare la sua reputazione sul rispetto dei diritti umani e compresa la libertà religiosa? E Lei crede che Cuba rischia di perdere qualcosa in questo nuovo rapporto con il Paese più potente del mondo?
Risposta: I diritti umani sono per tutti e non si rispettano i diritti umani soltanto in uno o due Paesi. Io dirò che in tanti Paesi del mondo non si rispettano i diritti umani, in tanti Paesi del mondo! E cosa perde Cuba e cosa perdono gli Stati Uniti? Tutti e due guadagneranno qualcosa e perderanno qualcosa, perché in un negoziato è così. Ma quello che guadagneranno tutti e due è la pace. Questo è sicuro. L’incontro, l’amicizia, la collaborazione: questo è il guadagno. Che cosa perderanno non riesco a pensarlo, saranno cose concrete, ma sempre in un negoziato si guadagna e si perde. Tornando sui diritti umani e sulla libertà religiosa, ma pensate: nel mondo ci sono Paesi, anche qualche Paese europeo, che non ti lascia fare un segno religioso, per diversi motivi. E in altri continenti lo stesso. Sì, questo. La libertà religiosa non è rispettata in tutto il mondo, ci sono tanti Paesi in cui non è rispettata.
Domanda (Benedicte Lutaud): Santità, Lei si pone come nuovo leader mondiale delle politiche alternative; vorrei sapere perché punta molto sui movimenti popolari e meno sul mondo dell’impresa, e se Lei pensa che la Chiesa La seguirà nella Sua mano tesa verso i movimenti popolari che sono molto laici.
Risposta: Grazie! Il mondo dei movimenti popolari è una realtà; è una realtà molto grande, in tutto il mondo. Io che ho fatto? Ciò che ho fatto è dare a loro la dottrina sociale della Chiesa, lo stesso che faccio con il mondo dell’impresa. C’è una dottrina sociale della Chiesa. Se Lei legge quello che ho detto ai movimenti popolari, che è un discorso abbastanza grande, è un riassunto della dottrina sociale della Chiesa, ma applicata alla loro situazione. Ma è la dottrina sociale della Chiesa. Tutto quello che ho detto è dottrina sociale della Chiesa, e quando devo parlare al mondo dell’impresa dico lo stesso, cioè che cosa dice del mondo dell’impresa la dottrina sociale della Chiesa. Per esempio nella Laudato si’ c’è una parte sul bene comune e anche sul debito sociale della proprietà privata che va in quel senso; ma è applicare la dottrina sociale della Chiesa.
Domanda (continuazione): Lei pensa che la Chiesa La seguirà in questa mano tesa?
Risposta: Sono io che seguo la Chiesa qui, perché semplicemente predico la dottrina sociale della Chiesa a questo movimento. Non è una mano tesa con un nemico, non è un fatto politico, no. E’ un fatto catechetico. Voglio che questo sia chiaro. Grazie.
Domanda (Cristina Cabrejas): Santo Padre, non ha un po’ paura che Lei e i suoi discorsi siano strumentalizzati dai governi, dai gruppi di potere, dai movimenti. Grazie.
Risposta: Un po’ ripeto quello che ho detto all’inizio. Ogni parola, ogni frase di un discorso può essere strumentalizzata. E’ quello che mi domandava il giornalista ecuadoriano. Proprio la stessa frase, alcuni dicevano che era pro-governo e gli altri che era contro il governo. Per questo mi sono permesso di parlare della ermeneutica totale. E sempre sono strumentalizzati. Alcune volte vengono notizie che prendono una frase e poi fuori contesto. Sì, non ho paura, semplicemente dico: guardate il contesto! Se sbaglio, con un po’ di vergogna chiedo scusa e vado avanti.
Domanda (continuazione): Mi permetta una battuta: che cosa pensa di tutte queste “autofoto”, “selfie”, durante la Messa, che si fanno i giovani, i bambini, i colleghi?…
Risposta: Cosa penso? E’ un’altra cultura. Mi sento bisnonno. Oggi, nel congedarmi, un poliziotto, grande, avrà avuto quarant’anni, mi ha detto: mi faccio un selfie. Gli ho detto: ma tu sei un adolescente! Si è un’altra cultura, ma la rispetto.
Domanda (Andrea Tornielli): Santo Padre, in sintesi, che messaggio ha voluto dare alla Chiesa latinoamericana in questi giorni? E che ruolo può avere la Chiesa latinoamericana, anche come segno nel mondo?
Risposta: La Chiesa latinoamericana ha una grande ricchezza: è una Chiesa giovane, e questo è importante. Una Chiesa giovane con una certa freschezza, anche con alcune informalità, non tanto formale. Inoltre ha una teologia ricca, di ricerca. Io ho voluto dare coraggio a questa Chiesa giovane e credo che questa Chiesa può dare tanto a noi. Dico una cosa che mi ha colpito tanto. In tutti e tre i Paesi, tutti e tre, c’erano lungo le strade i papà e le mamme con i bambini; facevano vedere i bambini. Mai ho visto tanti bambini, tanti bambini. E’ un popolo – e anche la Chiesa è così – che è una lezione per noi, per l’Europa, dove il calo delle nascite spaventa un po’, e anche le politiche per aiutare le famiglie numerose sono poche. Penso alla Francia che ha una bella politica per aiutare le famiglie numerose ed è arrivata, credo, a più del due per cento, mentre altri sono vicini allo zero, anche se non tutti. Credo che in Albania il 45 per cento, ma in Paraguay oltre il 70 per cento della popolazione sia dai 40 anni in giù. La ricchezza di questo popolo e di questa Chiesa è che si tratta di una Chiesa viva. E’ una ricchezza, una Chiesa di vita. Questo è importante. Credo che noi dobbiamo imparare da questo e correggere, perché altrimenti, se non vengono i figli… E’ quello che mi tocca tanto dello “scarto”: si scartano i bambini, si scartano gli anziani, con la mancanza di lavoro si scartano i giovani. Per questo i popoli nuovi, i popoli giovani ci danno più forza. Per la Chiesa, che direi una Chiesa giovane – con tanti problemi, perché ne ha di problemi – credo che questo sia il messaggio che io trovo: non avere paura per questa gioventù e questa freschezza della Chiesa. Può essere anche una Chiesa un po’ indisciplinata, ma col tempo si disciplinerà, e ci dà tanto di buono.
Testo integrale