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La ferita dello spreco – Per uno sviluppo senza disuguaglianze

Le soluzioni al problema dell’eccessiva diseguaglianza sono ben note. Bisogna intervenire urgentemente nel settore nevralgico della finanza: riducendo la propensione a sprecare risorse nelle speculazioni ad alta frequenza; separando banche commerciali e d’affari; tassando le transazioni finanziarie; combattendo evasione ed elusione fiscale. Ma il punto chiave da cui partire rimane quello dello squilibrio tra imprese transnazionali, Stati e cittadini.

Due dati ci fanno capire che la diseguaglianza nel sistema economico globale è inaccettabilmente alta. Il primo è il paradosso dello spreco, uno dei temi centrali dell’Expo. Nel mondo ci sono 800 milioni di persone che soffrono la fame. Ma quelli che mangiano bene sprecano il 30% del cibo che basterebbe tre volte a nutrire chi non ce l’ha. Il secondo è il dato citato da Oxfam secondo il quale gli 85 uomini più ricchi del mondo hanno la stessa ricchezza dei 3 miliardi più poveri.

Dati come questi devono stimolare tutte le nostre energie verso l’individuazione le cause per l’approntare soluzioni al problema. Essi sono innanzitutto il risultato di una cultura economica che esalta la ricerca dell’efficienza senza preoccuparsi di equità e fraternità grazie alla famosa scusa della “ricaduta benevolente” o dello sgocciolamento (trickle down). Secondo tale approccio l’unica cosa che dobbiamo fare, nel commercio come sui mercati finanziari, è aumentare efficienza e velocità. Non fa niente se i ricchi diventano più ricchi perché la ricchezza sgocciola comunque verso il basso. Non è un caso che la controversia più aspra tra Papa Francesco e gli ambienti conservatori americani sia proprio su questo punto.

Già nell’Evangelii Gaudium il Papa metteva in guardia dall’idea di un pilota automatico che risolve i problemi senza la necessità della nostra responsabilità e del nostro intervento…e nella recentissima Laudato si’ torna sul tema quando ricorda che “Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni?

Le soluzioni al problema dell’eccessiva diseguaglianza e, più in generale, le ricette per la costruzione di un sistema socialmente, ecologicamente e finanziariamente sostenibile sono ben note da tempo. Bisogna intervenire urgentemente nel settore nevralgico della finanza riducendo la propensione a sprecare risorse nelle speculazioni ad alta frequenza rendendo i capitali finanziari più pazienti e mettendoli al servizio dell’economia reale: separazione tra banca commerciale e banca d’affari, tassa sulle transazioni finanziarie e modifica dei sistemi premiali di managers e traders sono tre punti fondamentali della campagna 005 che si batte per questo cambiamento. Dobbiamo altresì combattere evasione ed elusione fiscale in stretta sinergia con l’impegno che su questo punto stati ed organizzazioni internazionali come l’Ocse si sono assunti.

Il punto chiave da cui partire però è quello dello squilibrio tra imprese transnazionali, stati e cittadini nella globalizzazione. Tornando ai dati sulla diseguaglianza della ricchezza l’economista Bonica si domanda perché la democrazia non ha ridotto le diseguaglianze visto che in un sistema elettorale dove ogni persona ha un voto i tre miliardi dovrebbero avere più peso politico degli 85 uomini più ricchi del mondo. La risposta è che il voto politico è un’anatra zoppa purtroppo quando lo stesso Bonica rileva in un suo lavoro scientifico che il 40 percento delle spese elettorali nelle elezioni per il congresso americano proviene dal top 1 percento dei più ricchi. Ecco perché per riequilibrare il sistema è essenziale usare il voto col portafoglio, ovvero la possibilità che ogni giorno abbiamo di votare sul mercato per le aziende all’avanguardia nel creare valore economico socialmente ed ambientalmente sostenibile.

È per questo che abbiamo fondato NeXt una rete multistakeholder dove imprese, associazioni dei consumatori, ong, sindacati, organizzazione della società civile, lavorano per far crescere cultura e azioni di responsabilità sociale e di voto col portafoglio. Come i cash e slotmob che sono nati solo qualche anno fa e sono diventati virali e una palestra di capitale sociale per molti giovani del nostro paese.

La diseguaglianza richiede anche ricette macroeconomiche di economia civile. In un modo dove molti lavoratori che svolgevano mansioni routinarie sono scartati ed espulsi dal mercato dalla concorrenza delle macchine o dei lavoratori a basso reddito dei paesi poveri o emergenti due sono le strade fondamentali da intraprendere. Da una parte, partendo dal mondo dell’istruzione, lavorare sulle competenze e il problem solving per far sì che il maggior numero possibile di cittadini sviluppi forme di conoscenza creativa che consentano loro di competere con successo nell’era della globalizzazione. Dall’altra assicurare agli esclusi una fonte di reddito che fornisca loro le risorse necessarie nel periodo necessario per trovare una nuova collocazione. Insomma, in un mondo nel quale il problema non è l’inflazione ma semmai la deflazione bisogna gettare moneta dagli elicotteri ovvero combinare il quantitative easing (la stampa di molta più moneta) con la capacità di far arrivare questa moneta non solo nei cortili delle banche ma nelle tasche della gente. E per questo una forma di reddito di cittadinanza, sussidio di disoccupazione reddito di reinserimento attivo è fondamentale.

di Leonardo Becchetti*

*Docente di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata” e direttore di Benecomune.net, da cui l’articolo è tratto.

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