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PAPA -1968, ’89 e 2001 le tre logiche rottamate da Francesco

La conferenza stampa sul volo di ritorno dalle Americhe, con la quale il Papa ha chiuso il suo storico viaggio, consegna ai cattolici europei la possibilità di archiviare per sempre tre logiche che hanno tenuto ostaggio la Chiesa del vecchio continente per molti anni.

1. Bergoglio ha infatti parlato di Cina, di Colombia, di prospettive di pace e di collaborazione, condannando tutti i conflitti — anche quelli “buoni” — non soltanto nella sostanza, ma soprattutto nel metodo. Con i suoi gesti di distensione verso Cuba e verso gli Stati Uniti, Francesco estromette dallo stile della Chiesa la “logica del ’68” per la quale la Verità è sempre esito di una lotta, di una dialettica. Una testimonianza che nasca dentro un simile schema conflittuale è destinata presto ad essere snaturata dovendo essere “simbolica” e perdendo tutta la sua naturalezza e la sua capacità di attrattiva. Giovanni Paolo II urlava “Mai più la guerra”, Benedetto XVI metteva in guardia dall’ermeneutica “della discontinuità”, ciascuno — insomma — invitava ad andare oltre il ’68, a non usare i suoi stessi metodi per porci nella società e nel mondo. Francesco, come i suoi predecessori, lo ha fatto. E lo ha fatto senza prendere a schiaffi la modernità, senza essere eurocentrico, ma confidando che solo con la piena partecipazione di tutte le culture alla governance del pianeta può essere davvero sconfitta la morsa nichilista che affligge il nostro tempo. Francesco non ha affatto posto le condizioni per una “ritirata politica” dai temi cari alla Chiesa, ma ha reso Roma promotrice di un processo universale in cui le lobbies possano soccombere sotto il peso di una cultura planetaria che — ricordiamolo — solo per il 15% è atea e che, per il restante 85%, è invece profondamente radicata in una visione religiosa del mondo e delle cose.

2. Papa Francesco, però, è andato oltre e — parlando di pedofilia e di immigrazione — ha rifiutato categoricamente la “logica dell’89”, quella per cui il capitalismo, che aveva vinto la guerra con l’Urss, era da ritenersi il sistema economico di riferimento per lo sviluppo e il progresso. L’alleanza tra Chiesa e mentalità borghese, già fortemente inficiata da documenti come la Centesimus Annus o la Caritas in Veritate, ha in Bergoglio la forma del netto rifiuto del potere dell’establishment occidentale, potere che egli considera caso mai come un “servizio” (Servo dei Servi di Dio si è definito) e come una presa di distanza da ogni impunità tipica dei sistemi corrotti sorti dalle democrazie liberali del dopoguerra (mettendo sotto accusa l’omertà di certi “stili di governo” e definendo la pedofilia quasi un “sacrilegio” che non deve in alcun modo restare impunito). Questo modo impudente di guardare la storia, che relega l’Africa a “manodopera da sfruttare” e si rapporta all’immigrazione con i muri e il filo spinato, non solo è destinato a finire, ma rappresenta per Francesco l’emblema di quelle strutture di peccato fermamente denunciate da Giovanni Paolo II nella Veritatis Splendor o nella Fides et Ratio.

3. Infine il Papa argentino ha mandato pure in soffitta la logica “del 2001”, quella per cui l’Occidente veniva a coincidere con la cristianità. Le radici cristiane dell’Europa — tanto care a Wojtyla e a Ratzinger — hanno portato allo sviluppo della più grande civiltà laica del pianeta, dove la cittadinanza e la fede si vivono non attraverso il potere, bensì mediante la libertà religiosa espressa dalla possibilità dell’obiezione di coscienza, vero baluardo per Bergoglio dello Stato di diritto e dovere ineludibile di ogni legislatore, al punto da difendere senza esitazione le suorine che negli Usa si oppongono alla legislazione sanitaria dell’amministrazione obamiana e a ventilare analoghe posizioni su tutti gli altri temi suscettibili di una valutazione della coscienza libera dai dettami dello Stato e della comunità civile.

È in questo quadro di “triplice archiviazione” che vanno dunque lette le parole eloquenti pronunciate in conferenza stampa sul matrimonio e sul prossimo Sinodo: una preoccupazione educativa alimenta gli sforzi di Bergoglio, affinchè l’uomo impari ad obbedire e ad essere fedele alla realtà e la Chiesa lo aiuti a discernere ciò che è reale da ciò che è fittizio, maturando decisioni stabili e definitive, soprattutto in merito all’unione matrimoniale. Anche qui il Papa è apparso più preoccupato di iniziare un “processo di conversione” che di “risolvere un problema” riducendo un po’ all’area del ridicolo tutti coloro che profetizzano un Sinodo pieno di sventure o addirittura apostata. È un cambio di mentalità quello cui chiama il Papa, è l’esame di maturità della Chiesa. Al bivio tra un’obbedienza effettiva e affettiva a Pietro (perché lo scisma — è bene ricordarlo — in qualunque realtà lo fa chi se ne va, non chi resta) e una ribellione adolescenziale fatta da reduci di guerra che sentono più forte l’amore per le armi che il fascino per il cambiamento. E pensano che, tutto sommato, quello che ha parlato ieri in alta quota fosse nulla più che una specie di usurpatore salito su un aereo ad azzardare giudizi temerari non richiesti. Proprio quello che, invece, mezza Italia pensa oggi del sindaco Marino.

Fonte: IlSussidiario.net

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