Pubblichiamo il Messaggio della Commissione episcopale Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, per la 65ª Giornata nazionale del ringraziamento che sarà celebrata il prossimo 8 novembre. Titolo del Messaggio: ‘Il suolo, bene comune’.
Celebriamo questa Giornata del ringraziamento a pochi mesi dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’di papa Francesco (Ls),che invita tutti gli uomini che abitano la terra alla ‘cura della casa comune’. Già papa Benedetto XVI ci ricordava che «ciò implica l’impegno di decidere assieme… con l’obiettivo di rafforzare quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino». (Benedetto XVI, Messaggio per la XLI Giornata mondiale della pace 2008, n.7). La creazione è un processo ancora aperto nel quale l’azione dell’uomo è un riflesso dell’azione creatrice di Dio. Papa Francesco lo fa usando le parole dell’etica e della Dottrina sociale, ma radicandole anche – con Francesco d’Assisi – nel linguaggio della bellezza e della meraviglia: «Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode» (Francesco, Lett.enc.Laudato si’,24 maggio 2015, n.12).
La stessa enciclica invita, però, anche ad ascoltare con attenzione il grido della terra: richiamando l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, essa osserva che «Dio ci ha unito tanto strettamente al mondo che ci circonda, che la desertificazione del suolo è come una malattia per ciascuno, e possiamo lamentare l’estinzione di una specie come fosse una mutilazione» (n. 89, che rimanda al n. 215 diEg).
L’umanità rappresenta l’elemento che apre la terra verso nuove armonie o nuovi disordini, in base alle scelte che operiamo; sarebbe sconsideratochi distruggesse il territorio da cui dipendela propria vita.
UNA REALTÀ FONDAMENTALE A RISCHIO
Proprio quest’ultimo riferimento ci introduce anche al tema della Giornata del ringraziamento 2015, che le Nazioni Unite hanno dichiarato Anno internazionale del suolo. Nel farlo, esse hanno sottolineato come il suolo abbia una valenza insostituibile in ordine alla produzione di cibo, ma anche per la tutela della biodiversità e per la mitigazione del mutamento climatico. È, dunque, un bene comune fondamentale: come ben sa il mondo agricolo, così profondamente legato alla sua qualità e disponibilità perché quando il suolo si degrada, grave è il rischio per il futuro dell’umanità.
Non sempre, infatti, l’uomo coltiva e custodisce la terra come amministratore responsabile (Gen2,15) e sul suolo vengono, così, a riflettersi quegli squilibri che a partire dal cuore umano trovano espressione nella società e nell’economia. Lo richiama lo stesso papa Francesco, quando osserva che «la violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi» (Ls n. 2). Peccato è anche l’inquinamento, che colpisce la salute di tanti e che può essere causato «dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale» (Ls n. 20;cf.anche n. 8).
L’enciclica giunge ad evocare la figura di Caino per indicare quanto profondamente la rottura dell’alleanza col prossimo spezzi anche il radicamento nella terra e la possibilità di godere dei suoi frutti: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano da [questo] suolo» (Gen4,11 citatoinLsn. 70).Davvero in tanti contesti il suolo appare come‘maledetto’: l’opera di uomini impedisce ad altri di godere dei suoi frutti ed addirittura di poterloabitare in pace.
LE SFIDE
Tale prospettiva evidenzia la rilevanza delle numerose sfide che stanno dinanzi a chi voglia vivere oggi una positiva relazione con la terra, corrispondendo alla vocazione divina in una pratica di cura e di custodia. Vorremmo richiamarne alcune, che appaiono di particolare rilievo in tal senso.
* Si tratta in primo luogo di custodire la fertilità del suolo: occorre condividere e approfondire riflessioni da tempo avviate in Italia e a livello internazionale, su modelli agricoli e pratiche produttive che espropriano gli agricoltori e le comunità locali di questa responsabilità. La denuncia dell’eccessiva dipendenza della produzione agricola dai prodotti chimici va collocata in una diversa visione del rapporto tra produttori e consumatori; un ‘nuovo patto’ che generi spazi di libertà e responsabilità per entrambi. Riflessioni aperte alla ricerca di nuove soluzioni lungo tutta la filiera alimentare: dalla produzione al consumo, fino ai ‘nuovi stili di vita’. Solo così sarà possibile garantire che la terra possa continuare a produrre cibo per tutti, oggi e per le generazioni future.
* Si tratta anche di prestare attenzione alle destinazioni d’uso della terra, che talvolta ne distorcono la struttura ecosistemica. Come osserva il n. 23 della Lsin alcune aree la stessa ‘deforestazione per finalità agricola’ è fattore problematico per il suolo; ma sono proprio i problemi della gestione del suolo in Italia che ci mettono davanti all’urgenza di uscire da una logica della provvisorietà, denunciando i costi del non fare. Solo se assegniamo al suolo un’opzione riservata nelle traiettorie dello sviluppo, possiamo ricavarne soluzioni utili davanti all’incombere dell’abbandono e di forme speculative e di sfruttamento. Le comunità devono dotarsi di strumenti di valutazione e di scelta per riconoscere e promuovere quelle iniziative individuali e di reti di soggetti che tutelando il suolo si aprono alla valorizzazione dei beni comuni. La prudenza dell’agricoltore, il bilanciamento tra progressoscientifico e consuetudini, tradizioni, che avevano al centro la durevolezza del rapporto uomo- territorio, vanno riconosciute e rivalutate; parte di quella bellezza che ammiriamo da un finestrino di un mezzo in corsa (auto, treno) è frutto di questa saggezza contadina che non è scomparsa, ma sa rigenerarsi.
* Anche più grave su scala internazionale, il fenomeno del land grabbing – l’accaparramento di terra da parte dei soggetti con maggior disponibilità economica – che rischia di distorcere le strutture agroalimentari di molte aree, orientandole a produzioni che ben poco hanno a che fare con le esigenze della popolazione locale.
* Il fenomeno che abbiamo appena citato chiama in causa la questione del diritto dell’accesso alla terra e alle risorse ittiche e forestali, in breve quei beni comuni di cui laDsC proclama la ‘destinazione universale’. Papa Francesco riporta una dichiarazione dei vescovi del Paraguay in cui si sottolinea come il diritto alla terra deve essere garantito, «perché il suo esercizio non sia illusorio ma reale». La comunità internazionale ha reagito agli scandali del ‘land grabbing’ osservando un ‘grande percorso di dialogo’ che ha portato all’approvazione, nel 2012, presso la Fao di ‘Linee guida volontarie per una
governance del diritto alla terra e alle risorse naturali’. Un preciso programma che prevede procedure per la difesa e tutela dei diritti dei più deboli, ma la cui applicazione è affidata alla discrezionalità dei governi. C’è, ancora, l’esigenza di ripensare all’importanza delle politiche agricole per lo sviluppo dell’agricoltura familiare, là dove queste non esistono; nonché, ai loro processi di riforma dove esse esistono andando incontro all’agricoltore per quello che egli fa in una visione produttiva multifunzionale, sostenibile e attenta ai beni comuni; allontanandosi da logiche di sfruttamento intensivo sempre più slegate dal ‘territorio’. Riforme che possono favorire un ritorno alla terra, in particolare dei giovani, un fenomeno che in Italia mostra segnali arricchiti da una splendida capacità innovativa, sia nei prodotti che nei processi, contribuendo a quella diversificazione dell’agricoltura che abbraccia forme di agricoltura sociale e civica, che introducono la ‘reciprocità’ nell’agire economico.
Questioni complesse, che esigono coinvolgimento, approfondimento e vigilanza attenta da parte di comunità ecclesiali che su molte questioni tecniche non potranno che stimolare il dibattito tra i competenti (Lsn. 61), in vista di un discernimento ben informato e dell’assunzione di personali responsabilità nelle scelte morali.
UNA SFIDA EDUCATIVA
Quella che il capitolo VI dell’enciclica Laudato si’individua come compito specifico delle comunità ecclesiali è, invece, l’attenzione per la dimensione educativa e formativa. Si tratta, inparticolare di apprendere a rinnovare la nostra percezione del mondo, imparando a sentirsi parte di parte di una comunione creaturale sulla terra di tutti e a percepirsi come amministratori di un prezioso bene comune, i cui frutti hannouna destinazione universale.Di imparare soprattutto la dimensione del ringraziamento, mettendosi alla scuola indicataci dall’Eucaristia; in essa, infatti unito al Figlio incarnato «tutto il cosmo rende grazie a Dio. In effetti l’Eucaristia è di per sé un atto di amore cosmico » (n. 236). La pratica di chi lavora la terra si scopre in tale prospettiva inserita in un cammino che orienta la terra stessa verso il suo creatore: «L’Eucaristia unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato. Il mondo, che è uscito dalle mani di Dio, ritorna a Lui in gioiosa e piena adorazione: nel Pane eucaristico la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatorestesso» (n. 236).Celebriamo, dunque, con gratitudine e speranza la festa del ringraziamento, come abitatori e custodi responsabili della terra affidataci, facendo nostre le parole di papa Francesco: Signore Dio, Uno e Trino, comunità stupenda di amore infinito, insegnaci a contemplarti nella bellezza dell’universo, dove tutto ci parla di te. Risveglia la nostra lode e la nostra gratitudine per ogni essere che hai creato. Donaci la grazia di sentirci intimamente uniti con tutto ciò che esiste. Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo come strumenti del tuo affetto per tutti gli esseri di questa terra, perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te.
Fonte: Avvenire.it