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Sahel, mitologie d’occidente e la ricchezza che è tempo

NIGER – Non si festeggiavano mai anniversari o compleanni. Il tempo non è misurabile se non con le stagioni, le carestie e le guerre d’indipendenza. È una moda importata di recente. Una mitologia occidentale, che del tempo si crede padrona solo perché organizza calendari, scadenze e tutto cronometra.
Nulla di tutto ciò da questa parte del mondo che sa quanto il tempo sia, come la vita, precario e inaffidabile. Nel Niger, come una volta nelle zone rurali, ci sono le feste che distribuiscono il tempo. In città i sabati, dalla mattina alla sera, si fanno e disfanno matrimoni e battesimi. Malgrado le ordinanze si occupano strade e si piantano tende nella sabbia. Provvisorie anch’esse come i progetti di sviluppo con tanto di tabelle e cronogrammi da rispettare. Per l’occidente il tempo è ricchezza e qui è il contrario. Nel Sahel la ricchezza è il tempo.
Non si facevano delle frontiere dei feticci armati da muri. Ma neppure vigeva l’anarchia. C’era solo la saggezza di credere che la terra è del popolo che la lavora e la proprietà provvisoria. L’idea di comprarla e venderla è una mitologia occidentale. Basta fare un giro a Niamey per accorgersene.
La stessa parcella appartiene a molti e i proprietari cambiano a seconda del contratto e dell’acquirente. Spariscono il giorno dopo per riapparire non appena si comincia a costruire qualcosa. Le strade tracciano confini da negoziare. Solo l’Unione Europea li prende sul serio. Tanto da fabbricare di sana pianta problemi e soluzioni. La sicurezza dei confini, il transito di mercanzie umane e di armi, i gruppi di definiti terroristi e le guerre create per rifinanziare le paci. Programmi di milioni di euro per sfornare controllori di poveri in transito.
Non si parlava di migranti e meno ancora di clandestini. Questo lessico fa parte della mitologia occidentale che criminalizza quanto non entra sotto il suo controllo globale. Le rotte e i passeurs, i centri di transito e di identificazione e di ritorno al mittente sono incomprensibili. Rispondono a logiche imposte e canalizzate dai poteri poco occulti del denaro.
Quasi come le politiche mirate ai controlli della “bomba” demografica dei poveri. Oppure alle serie televisive che contrabbandano banalità commerciali. L’economia che si sviluppa è una mitologia occidentale perché l’unico profitto sono le umane relazioni di vicinato. Non mancavano le guerre, i morti e neppure le ingiustizie. I migranti non erano tali e gli schiavi erano commerciati. Senza essere sacrificati sull’altare della sicurezza dei pochi che abitano oltre il mare.
Non si parlava di programmi di aggiustamento strutturale. Fa parte della mitologia che lo sviluppo passi dall’occidente. C’erano i poveri che non erano troppo lontani dai ricchi e che potevano perfino mangiarne gli avanzi.
Ora gli avanzi sono buttati nel mare e nel deserto dell’impunità dei politici che li mandano per sbarazzarsene. Mercanzia da esportazione, come la miseria nelle immagini, per finanziare coloro che sui poveri si arricchiscono. La mitologia occidentale fa del cittadino un consumatore e poi si stupisce se alcuni tra i tanti prendono sul serio l’invito al supermercato. Gli schermi fanno sbarchi di merci e le persone trovano muri di scorta ad accoglierli. Si applaudono i giocatori stranieri e nel frattempo si trasformano in tragedie gli arrivi degli sminatori. Portano tra le mani un futuro differente per tutti.

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