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LIBRI – Scuole paritarie: chi le sceglie paga due volte un servizio

La costituzione dice che «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». Queste parole diventano però vane nel momento in cui si scontrano con i luoghi comuni riguardanti le scuole paritarie ancora messe in contrapposizione con le scuole pubbliche. Tre esperti ci spiegano i limiti e le lacune di questo pensiero puramente ideologico.

 

Un libro, o forse molto di più, un modello economico per uscire dalla gabbia ideologica che attanaglia ogni discussione sulla scuola: s’intitola Il diritto di apprendere ed è appena uscito per Giappichelli (disponibile anche in ebook). E’ frutto di una collaborazione tra tre dei maggiori esperti italiani del settore: Anna Monia Alfieri, consulente e ricercatrice in tema di politiche scolastiche e legale rappresentante dell’Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline; Marco Grumo, economista, direttore della divisione enti non profit di Altis, l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica di Milano e Maria Chiara Parola, commercialista e membro del Tavolo permanente su Parità e Istruzione della Regione Lombardia.

Insieme, ciascuno con la propria competenza, gli autori hanno elaborato una proposta rivoluzionaria per uscire – una volta per tutte – dalla sterile contrapposizione tra scuola pubblica e scuola paritaria, laddove la legge italiana riconosce alle famiglie una libertà di scelta educativa. Scelta che, purtroppo, finora è stata tradita, dal momento che chi desidera per i propri figli la proposta formativa di una scuola paritaria (non solo cattolica, ma anche steineriana, evangelica o altro) è costretto a pagare due volte. La prima volta attraverso le tasse, la seconda attraverso la retta scolastica, per ottenere però un servizio riconosciuto dalla legge come pubblico. Cosa si è inceppato?

Il quadro della situazione

«Da sempre alla famiglia spetta il diritto di scegliere l’educazione e l’istruzione dei propri figli. L’età moderna e contemporanea riconosce e attua, in Europa, tale diritto imprescindibile. L’Italia lo riconosce, ma non lo attua», spiega suor Anna Monia. Le scuole paritarie, riconosciute a tutti gli effetti come scuole pubbliche, oggi istruiscono l’11,5% del totale degli studenti italiani. Ma pur garantendo gli stessi programmi (e gli stessi, se non superiori, standard di qualità) devono farcela da sole, perché ricevono appena l’1% della spesa del Miur per l’Istruzione. Ad esempio: la spesa pubblica annuale per un alunno alla scuola primaria statale è di 6.703 euro, ma per una paritaria la risorsa a disposizione è di 814 euro. Il gap deve essere colmato dai genitori.

La crisi di questi anni ha condotto molte famiglie a rinunciare alla scelta della scuola paritaria: negli ultimi due anni sono state chiuse 349 scuole e si sono registrati 75mila alunni in meno. Dati drammatici, se si pensa che questo lento annientamento del settore porta a un unico risultato: l’azzeramento del pluralismo, l’impossibilità di scegliere, una scuola pubblica che si trasforma in scuola di Stato, senza alternative.

Una proposta risolutiva

«Mi occupo di questo tema da dieci anni e so bene che l’argomento finisce sempre per diventare terreno di scontro ideologico», commenta suor Anna Monia. «Messi a tacere dal paradigma “scuola pubblica-scuola per tutti, scuola paritaria-scuola per ricchi”, non si progredisce. Non si assicura una vera libertà agli italiani. Io penso che dovremmo costruire un futuro, per le famiglie, in cui tutti possono scegliere. E se desiderano far frequentare ai figli una scuola paritaria, di qualsiasi tipo, possano davvero farlo». Ma come si arriva a questo?

«Spostando l’analisi su altre prospettive, su un piano di concretezza ed efficienza. Partiamo da un dato di fatto: la legge italiana afferma la libertà di scelta educativa, però tale principio non viene attuato. D’altra parte, il sistema scolastico pubblico italiano è tra i più costosi d’Europa: per questo già nel 2012 la Commissione Europea ha invitato a rivedere le modalità di finanziamento. Cosa significa per noi? Che nella scuola bisogna davvero iniziare ad applicare criteri di concorrenza, efficienza, libera gestione, trasparenza. E adottare il criterio del “costo standard di sostenibilità per allievo».

Il costo standard è la chiave di volta proposta nel libro per rivoluzionare il sistema: analogamente a quanto avviene nella sanità, le strutture – ovvero le scuole – pubbliche e paritarie competono tra loro “ad armi pari”, ricevendo i finanziamenti pubblici nella forma del pagamento di un “prezzo” uguale per tutti, e parametrato alla singola prestazione erogata dalla struttura. Il prezzo viene calcolato sulla base di un processo (e costo) standard per singole classi di prestazioni, la cui definizione è stata perfezionata nel tempo.

«Applicando universalmente questo modello economico, ovviamente parametrato sui diversi ordini e gradi di scuola, sulle caratteristiche dei servizi offerti nonché sulla capacità inclusiva degli alunni più fragili, il risparmio annuale per lo Stato sarebbe di 17 miliardi di euro», spiega l’esperta. La spesa media di un alunno, a queste condizioni, passerebbe da 7mila euro a poco più di 4mila, con un assoluto guadagno in termini di efficienza e la possibilità – finalmente – per le famiglie di scegliere la scuola che desiderano, paritaria o statale. Un’ipotesi di lavoro apprezzata dal Ministero (il Ministro Stefania Giannini ha firmato la prefazione e ha messo a disposizione degli autori tutti i dati necessari per realizzare i modelli contabili), che ora mette il dibattito sulla scuola su un nuovo piano, quello della fattibilità.

Fonte: Famiglia Cristiana.it

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