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Educazione alla gentilezza: si comincia da piccini

La parola “educazione” è densa di significato fin dalla sua stessa etimologia.

Educazione ha infatti origine dal latino “educare“, che si compone della particella “e” unita al verbo “ducere“. Etimologicamente significa quindi: “trarre fuori”. Ed è proprio questo il senso ultimo che si dovrebbe dare alla parola educazione: aiutare la persona che si educa a sviluppare in pienezza quello che ha nell’anima, ossia la sua autentica – e irripetibile – specificità.

Non sempre si è stati attenti sotto il profilo educativo, privilegiando comportamenti esteriori e socialmente accettati all’avere uno sguardo attento nei confronti di bambini e ragazzi.Nel tempo presente la situazione non si prefigura migliore, ma anzi si è aggiunto anche il fatto che sono venuti man mano a perdersi quell’insieme di valori – legati in parte al senso religioso, ma soprattutto conformi alla natura umana – che un tempo implicitamente regolavano il vivere sociale. Per cui oggi chiunque propone dei limiti viene additato come “retrogrado”, senza pensare che – educativamente parlando – è invece corretto e doveroso (saper) dire qualche sano “No”. Questo non nell’ottica di tarpare le ali e proibire aprioristicamente determinate esperienze, bensì per aiutare la persona che si sta educando a giungere alla pienezza.

E’ quindi necessario che gli adulti ricomincino a farsi carico della responsabilità educativa, onde evitare di crescere bambini e giovani che vivono “a risparmio energetico”, senza mettere a frutto i propri talenti e senza realizzare la propria vita.

In tal senso è molto interessante un articolo di Tudo Sobre Minha Mae, tradotto per il portale Aleteia da Roberta Sciamplicotti. Il titolo è: “Cinque passi per fare di vostro figlio una persona gentile“, mentre il sottotitolo recita: “Ma dev’essere insegnato? Molto più di quanto pensate!“.

La blogger prende spunto da un articolo apparso sul Washington Post a firma di Richard Weissbourd – psicologo dell’Università di Harvard e direttore del Making Caring Common, che parla di un progetto volto ad aiutare a insegnare ai bambini ad essere gentili – dal quale emerge che “[…] i valori della nostra gioventù sembrano essere errati e i messaggi che gli adulti stanno trasmettendo possono essere il fulcro del problema“. Infatti, “circa l’80% dei giovani intervistati in un recente sondaggio del progetto ha detto che i genitori si preoccupano più della realizzazione dei propri figli o della loro felicità che del fatto che tengano agli altri. Gli intervistati erano anche molto propensi a concordare sul fatto che ‘I miei genitori sono più orgogliosi se prendo bei voti che se sono solidale a scuola’ “.

Cosa fare dunque? Tudo Sobre Minha Mae ripropone cinque strategie dell’équipe di Weissbourd per fare di proprio figlio un adulto gentile:

  1. Rendete il “prendersi cura degli altri” una priorità
  2. Offrire opportunità perché i bambini esercitino attenzione e gratitudine
  3. Estendere la cerchia di relazioni dei vostri figli
  4. Siate un modello saldo per il bambino
  5. Aiutare il figlio a gestire i sentimenti distruttivi

Nulla di nuovo, potrebbe commentare qualcuno. Un tempo chi aveva minimo un paio di fratelli risolveva senza colpo ferire i punti 1, 2 e 3, mentre i punti 4 e 5 erano spesso esercitati dall’intera collettività. Oggi, nel tempo dei figli unici e della crisi di valori, la questione non è più così immediata, ma questo non vuol dire che sia impossibile, anzi.

Dedicarsi all’educazione oggi è una sfida impegnativa quanto appassionante. Spetta agli adulti lanciarsi in questa avventura!

Fonte: NotizieproVita.org

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