Il Piccolo Principe, una scommessa vinta
— 31 Dicembre 2015 — pubblicato da Redazione. —Intervista al regista Mark Osborne che, offrendo una lettura personale del libro di Saint-Exupéry, ha conquistato Cannes e ora, dal 1 gennaio, è atteso alla prova del botteghino in Italia.
Tra i tanti che ci avevano provato invano, registi famosi come Bob Fosse e Stanley Donen. Trasporre sullo schermo Il Piccolo Principe sembrava impossibile. Fantasie scatenate, valori profondi, personaggi evanescenti eppure indimenticabili: tante le sfide racchiuse nel celebre romanzo che Antoine de Saint-Exupéry scrisse nel 1943. Troppe per non rischiare di deludere i milioni di fans che lo portano nel cuore come il libro preferito dell’infanzia, il più tradotto nel mondo dopo la Bibbia: 257 versioni e 140 milioni di copie vendute.
Nell’impresa è invece riuscito l’americano Mark Osborne (noto per Kung Fu Panda) che dopo aver speso 80 milioni di dollari e impiegato otto anni di lavoro di oltre 200 animatori, ha presentato il film all’ultimo Festival di Cannes: applausi a scena aperta di giornalisti e addetti ai lavori. Una gemma in controtendenza, rispetto a videogame e kolossal fracassoni, che ora esce nelle sale italiane proprio all’alba del 2016.
“A regalarmi il primo esemplare de Il Piccolo Principe fu, ai tempi del college, la mia fidanzata, oggi mia moglie. Vivevamo un momento difficile”, ricorda Osborne. “Fu una lettura che mi fece tornare alla freschezza dell’infanzia, a una serenità che mi permise di superare i problemi. Quando perciò, anni dopo, mi hanno proposto di farne un film, ho detto no: impossibile rendere in immagini quelle pagine senza far torto allo scrittore. Bisognava trovare una chiave”.
L’idea gli è venuta lavorando con l’amico Bob Persichetti e con la sceneggiatrice Irena Brignull. “Volevo che il film facesse riflettere sulla possibilità di modificare qualcosa della nostra vita grazie alla lettura di un libro. Insomma, esattamente la cosa successa a me”, dice il regista. “Il mio film non è perciò un adattamento del capolavoro di Saint-Exupéry, bensì un omaggio a lui e alla sua magnifica fantasia”.
E’ stata la trovata vincente perché, filtrando la fiaba attraverso il racconto che qualcuno fa alla piccola protagonista, il cartoon evita le secche di una fedeltà troppo rigida e di un tono troppo melenso. Anzi, navigando sulle note suadenti del compositore Hans Zimmer (quello de Il Re Leone e de Il gladiatore) ma anche su quelle pop di Camille (che canta il tema dominante Suis-moi), oscilla tra l’incanto fantastico e la durezza della realtà: “Ho usato tecniche assai diverse, come il digitale e lo stop-motion, proprio per esprimere il contrasto tra due stati d’animo”, spiega Osborne. “Da una parte la magìa dell’animazione per i bambini, dall’altra la durezza della computer animation per gli adulti. Il film è per tutti, adulti e ragazzi. Per chi scoprirà per la prima volta Saint-Exupéry e per chi ne ritroverà l’emozione. Certo, gli adulti non saranno contenti di vedersi rappresentati aridi, avidi e brutti ma è così che rischiamo di diventare se perdiamo la fantasia”.
A traghettare lo spettatore, piccolo o grande che sia, nel mondo fantastico de Il Piccolo Principe è lo sguardo impertinente di una bimba, Prodigy, a cui l’ambiziosa madre programma ogni ora di vita perché studi e primeggi, per poter entrare un giorno in una prestigiosa facoltà. Un giorno d’estate, però, a distrarla è un aeroplanino di carta che entra dalla finestra: sopra ci sono alcune righe di una storia che cattura la sua curiosità. A lanciare il cartoccio è stato il vicino di casa, un vecchio e strampalato ex-aviatore con tanto di cuffia in cuoio, che comincia a parlarle del “piccolo principe” che avrebbe incontrato anni prima, in pieno deserto, quando il suo apparecchio era precipitato…
Fondamentali, naturalmente, le voci che danno “colore” ai diversi personaggi. Nella versione italiana Toni Servillo è l’Aviatore, Vittoria Bartolomei fa la ragazzina e Lorenzo D’Agata il Piccolo Principe. Nel cast spiccano poi i nomi di Micaela Ramazzotti (la Rosa), Pif (il Re), Giuseppe Battiston (l’Uomo d’affari), Angelo Pintus (il Signor Principe), Paola Cortellesi (la Mamma), Alessandro Gassmann (il Serpente), Stefano Accorsi (la Volpe) e Alessandro Siani (il Vanitoso). “Ho letto il libro di Saint-Exupéry a 11 anni, mi pare”, ricorda la Cortellesi. “Nel tempo però l’ho riletto perché sentivo che c’era del giusto, che era dalla parte dei piccoli”. “Anch’io l’ho letto che ero veramente piccino”, incalza Siani. “Ma mi ha molto colpito perché mi ha lasciato la consapevolezza di come nelle piccole cose si nasconda sempre qualcosa di più grande. Diciamo che mi ha insegnato a non giudicare le persone al primo impatto”. “Ho accettato con entusiasmo di doppiare la volpe”, aggiunge Accorsi, “proprio perché ho un ricordo del libro meraviglioso”. “Il mio serpente è in realtà un piccolo personaggio”, chiosa Alessandro Gassmann, “credo però che sia quello più presente nella società moderna. Colui che non sai mai esattamente chi sia e che cosa voglia. L’intrallazzatore da cui dobbiamo ben guardarci”.
Fonte: Famiglia Cristiana.it