La proposta di Papa Francesco ha una serie di difficoltà pratiche, ma è percorribile. Ecco, però, a cosa dovrebbero rinunciare cattolici e ortodossi.
Cambiare la data della Pasqua e trasformarla in un appuntamento fisso, magari la seconda domenica di aprile? L’auspicio lanciato qualche tempo fa da Papa Francesco è percorribile? In che termini?
Sicuramente prevede un “passo indietro” per il mondo cattolico e due…per quello ortodosso, come spiega ad Aleteia il professore Gianluca Potesta’, ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
IL RIFERIMENTO ALL’ESODO
La Pasqua cristiana, premette Potesta’, si innesta su quella ebraica (Pesach). Originariamente ricorda la vicenda narrata nell’Esodo, quando il Signore decise di liberare gli ebrei dalla servitù in Egitto. In quel giorno, per poterli far fuggire, tramite Mose’, segnò la porta di casa di ciascun ebreo con il sangue di un agnello: “Io vedrò il sangue e passerò oltre, colpirò invece con il mio castigo l’intero Egitto e a voi non succederà niente” (Esodo 12:17,18). Quella notte avvenne il passaggio del popolo ebraico dall’Egitto alla Terra Promessa. La notte coinciderebbe con il 14esimo giorno del mese di Nisan, primo mese del calendario liturgico ebraico (marzo-aprile).
FASI LUNARI
Questo mese è fissato secondo il calendario lunare e non solare. Il calendario annuale può essere scandito sui ritmi del sole, che sono quelli che conosciamo con l’avvicendarsi di stagioni, solstizi, equinozi. Insomma un calendario stabile dal nostro punto di vista. Il calendario lunare si muove invece secondo l’avvicendarsi di plenilunio e novilunio e dura 11 giorni in meno del calendario solare. Il calendario liturgico ebraico è legato al ciclo della luna. Il mese di Nisan inizia con il primo plenilunio di primavera.
LA PASSIONE DI GESU’
Gesù muore a Gerusalemme nei giorni della Pasqua ebraica, è lui l’Agnello di Dio e il suo sangue scorre come quello dell’Agnello con cui erano state segnate le porte delle abitazioni degli ebrei in Egitto. Gesù subisce la Passione e muore nel 14esimo giorno del mese di Nisan.
I QUARTODECIMANI
Il cristianesimo si è sviluppato come costola dall’ebraismo. I Cristiani all’inizio erano rispettosi della Torah, ma ciò che li distinse dagli ebrei era la convinzione che il Messia atteso dal popolo ebraico era giunto sulla Terra ed era Gesù il risorto. Tra i primi gruppi di cristiani, fa notare il docente di Storia del Cristianesimo, ci furono comunità di giudeo-cristiani, che rispettavano la Legge, praticavano la circoncisione e seguivano altre pratiche giudaiche. Per loro la data della Pasqua cristiana coincideva logicamente con quella della Pasqua ebraica. Per questo furono chiamati Quartodecimani.
LA SVOLTA DI NICEA
Dal canto loro i cristiani ci tennero, anche per ragioni identitarie, a stabilire una data che non coincidesse con quella ebraica. Sorsero allora enormi dispute sulla data. Alcuni fedeli cominciarono a seguire i Quartodecimani, altri puntarono su giorni nuovi. Nel 325, il Concilio di Nicea stabilì che la data della Pasqua dovesse essere fissata la domenica successiva al 14esimo giorno di Nisan. Perché la domenica? Perché è considerata il giorno della resurrezione del Signore. Da Nicea emerse inoltre un’altra indicazione: non si deve abbandonare del tutto la radice ebraica, e si deve conservare l’idea che la Pasqua deve essere sempre legata al ciclo lunare.
DOPO IL PLENILUNIO
E dunque la Pasqua cade la domenica successiva alla prima luna piena di primavera (all’epoca dei primi computi l’equinozio cadeva il 21 marzo, che pertanto divenne la data di riferimento). Di conseguenza essa è sempre compresa nel periodo dal 22 marzo al 25 aprile.
TABELLE UNITARIE
Una decisione non condivisa universalmente: si trattava di fissare una data comune a tutte le Chiese cristiane, ma ad esempio, una chiesa in Portogallo ha una longitudine diversa da una chiesa che sta a Costantinopoli o in Siria. Allora si allestirono tabelle per arrivare ad una Pasqua unitaria, superando anche resistenze locali (Beda il venerabile, ancora agli inizi dell’VIII secolo, nella sua “Storia degli Inglesi” racconta la lunga resistenza dei monaci insulari ad abbandonare i loro usi celtici per la data scelta da Roma).
LA VOLTA CELESTE
Perché dunque una festa mobile? «Perché si vuole cercare di fissare ogni anno – replica Potestà – la data nella stessa identica situazione in cui si trovava la volta celeste quando è avvenuta la passione e la morte di Gesù. Noi cristiani vogliamo ripercorrere i passi di Gesù, allora è fondamentale non celebrare la Pasqua a casaccio, ma che le stelle sopra di noi si trovino nella stessa posizione della notte di Resurrezione di Gesù».
LA RIFORMA GREGORIANA
La tabella di Dionigi venne adottata ufficialmente dalla Chiesa cattolica fino alla riforma del calendario nel 1582. Fino ad allora valeva il calendario giuliano (fissato da Giulio Cesare), dimostratosi alla lunga impreciso. Fu Papa Gregorio XIII a voler introdurre una riforma del calendario. Il nuovo calendario, detto per l’appunto gregoriano, saltò quell’anno 11 giorni, passando direttamente dal 4 ottobre al 15 ottobre, e così si rimise in pari con l’effettivo corso delle stagioni.
L’ERRORE ORTODOSSO
Da un punto di vista liturgico non venne accettato da quasi tutte le Chiese ortodosse, che, da tempo in conflitto con Roma, decisero di mantenersi fedeli alle date del calendario giuliano: un discorso sbagliato e fossilizzato sulla tradizione che non ha rispondenza in un discorso astronomico.Ecco perché le date delle feste ortodosse sono spostate in avanti di 11 giorni rispetto a quelle cattoliche.
ADDIO AL CALENDARIO LUNARE
La proposta del Papa, conclude Potestà, «va vista nel senso di un importante passo in avanti per avvicinare cristiani e ortodossi. Comporterebbe per le Chiese cristiane la rinuncia al calendario lunare come riferimento stabile (si abbandona il riferimento per la Pasqua al primo plenilunio di primavera). L’idea coraggiosa non è del tutto nuova in ambito cattolico: già nella sezione conclusiva della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium si ventilava tale ipotesi, a condizione che fosse accettata dalle altre Chiese, come passo significativo in vista di una comunione da ricostituire».
“RINUNCIA” AL SUPPORTO COSMOLOGICO
Per gli ortodossi, chiosa il docente della Cattolica, «la rinuncia è doppia: significa abbandonare sia il calendario lunare sia il riferimento al calendario giuliano. In generale, la proposta di superamento della data fissa indica che il percorso di immedesimazione con Gesù da parte del cristiano non richiede più un supporto cosmologico. In effetti, cosmologia e teologia non sono più strettamente connesse come furono nell’Antichità e fino alle soglie dell’Età Moderna».
LA PARTICOLARITA’ DELLA CHIESA ORTODOSSA
Gianandrea Di Donna, presbitero della Diocesi di Padova nonché docente di Liturgia presso la Facoltà Teologica del Triveneto – Sede di Padova e presso il Pontificio Istituto Orientale a Roma, spiega, invece, le ragioni per le quali non si prevede un’immediata e facile ricezione della proposta del Papa. «Le Chiese orientali ortodosse e le Chiese antico orientali hanno una ecclesiologia tale per cui la loro autocefalia rende ciascuna Chiesa “autonoma” rispetto alle altre; ciascuna, attorno al proprio Patriarca o Arcivescovo, gode di prassi e di disciplina canonica anche differenziate, seppur analoghe».
IL PRIMATO DEL PAPA
Si potrebbe dire, prosegue Di Donna, «che non esiste, per analogia con il Papa di Roma, un “primato” tra i Patriarchi ortodossi o antico orientali, che abbia l’autorità di decidere, a nome di tutta l’ortodossia o di tutte le Chiese antico orientale, se prendere in considerazione e quindi approvare o meno la proposta del Santo Padre. Sic stantibus rebus, ogni Santo Sinodo potrebbe prendere in considerazione la proposta papale ed eventualmente accoglierla o meno. Faccio questo tipo di considerazione un po’ “pragmaticamente”, solo per interpretare il disagio che a noi cattolici, ecclesialmente “abituati” all’esercizio del Primato, potrebbe darci l’apparente silenzio dei Pastori delle Chiese orientali sulla proposta papale di una data fissa della Pasqua per tutta la cristianità».
PESA IL PASSATO NON UNITARIO
Quindi una eventuale unanimità delle Chiese ortodosse e antico orientali sulla data della Pasqua, «dipende da una “univoca” prassi canonica ed ecclesiale che non appartiene al vissuto di antica tradizione di queste Chiese».
LE PAROLE DI KEPLERO
La questione della data della Pasqua e delle altre festività da essa derivate, nasce dopo la riforma del calendario giuliano avvenuta ad opera di Papa Gregorio XIII nel 1582. L’opposizione, alla riforma gregoriana, forse più dettata dal rifiuto del “preteso” primato romano cha da questioni astronomiche, fu molto veemente tra i protestanti: Keplero, pur in accordo come astronomo con i calcoli del calendario riformato, ebbe a dire che è preferibile “essere in disaccordo con le stelle piuttosto che dichiararsi in accordo con il Papa”. Gli Ortodossi si rifiutarono, con il Patriarca di Costantinopoli, di abbandonare il calendario giuliano ed esclusivamente per le attività commerciali furono costretti ad adeguarsi al nuovo.
LE RESISTENZE DELLA RUSSIA
Solo nel 1700 Germania, Olanda, Danimarca e Norvegia si allinearono, seguite nel 1750 da Gran Bretagna e Svezia. I paesi più resistenti furono quelli ortodossi. La Russia si adeguò alla riforma nel 1918, quando il governo comunista passò al calendario gregoriano; la Chiesa russa però mantenne per la liturgia il calendario giuliano. La Jugoslavia e la Romania seguirono la Russia nel 1919; l’ultima ad adeguarsi fu la Grecia, che adottò il nuovo calendario solo nel 1928, ma con alcune riserve circa la data della Pasqua; questo adeguamento però fu solo del calendario civile mentre la liturgia continuava e continua a computare la Pasqua col calendario giuliano: alcune Chiese si sono adeguate, seguendo nella liturgia il calendario giuliano, e nella vita ordinaria il calendario gregoriano; altre non si sono adeguate e sono rimaste al calendario giuliano anche nella vita ordinaria.
IL SINODO PAN-ORTODOSSO
La questione, osserva Di Donna, «si potrebbe risolvere solo se in uno – speriamo – prossimo Santo Sinodo Pan-ortodosso, le Chiese fossero nelle condizioni di mettere all’ordine del giorno anche la questione del calendario gregoriano, in modo da uniformare la vita quotidiana e la liturgia ad esso; o in alternativa, ma non senza difficoltà, prendere in considerazione la proposta del Santo Padre per una data fissa». Cambiare la data della Pasqua, istituendone una fissa, «significherebbe, ora come ora, creare uno “sfasamento” per gli ortodossi ma anche per noi cattolici: come ad esempio le questioni sull’inizio e la durata della Quaresima…».
UN EQUILIBRIO SOTTILE
«Credo – conclude don Gianandrea Di Donna – che, pur ritenendo luminosissima la proposta del Santo Padre, le questioni in gioco siano anzitutto ecclesiali ed ecclesiologiche! Credo sia giusto comprendere i Pastori delle Chiese ortodosse e antico orientali, i quali non dubito abbiano a cuore, quanto il Papa, il desiderio di offrire al mondo questo signum unitatis». Allo stesso tempo, però, «essi si trovano di fronte al dovere di garantire la comunione ecclesiale, sapendo che “andando a toccare” tradizioni secolari spesso, come la storia della Chiesa ci insegna e in modo del tutto particolare in Oriente, sono avvenute dolorose fratture».
Fonte: Aleteia.org