I membri del Comitato Difendiamo i Nostri Figli spiegano la loro strategia futura: nessun impegno “politico” ma netta contrarietà al referendum di Renzi.
Anche dopo l’approvazione del ddl Cirinnà al Senato, la battaglia dei sostenitori della famiglia naturale non conosce batture d’arresto. Il Family Day dello scorso 30 gennaio non è stato un punto d’arrivo ma di partenza e tutto il lavoro di background del Comitato Difendiamo i Nostri Figli è in costante e rapida evoluzione, pronto a trasformarsi in qualcosa di sempre più grande. Nessuna intenzione, però, da parte dei suoi coordinatori, di trasformarlo in un soggetto politico: le logiche di potere, a loro avviso, non devono prevalere.
La tavola rotonda Dal Family Day al Family Italia?, tenutasi al stamattina alla Sala Capranichetta nei pressi si Montecitorio, è stato il primo incontro pubblico dopo il grande raduno del Circo Massimo, fornendo l’occasione ai leader del Comitato di spiegare le loro strategie future. La conferenza è stata moderata da Fabio Torriero, direttore di Intelligonews, con la partecipazione dei giornalisti Angelo Polimeno (TG1), Fabio Martini (La Stampa) e Alessandro Usai (Mediaset).
Come spiegato dall’avvocato Simone Pillon, già presidente del Forum delle Associazioni Familiari dell’Umbria, il Comitato non ha nulla a che vedere con alcuna forma di “intellighenzia” e non è l’espressione di alcuna cultura d’élite. Al contrario, ha semplicemente recepito e si è fatto portavoce di un malcontento popolare, presente in particolare tra le famiglie e nel “paese reale”, espressione di chi sostiene un’“antropologia diversa” da quella artificialmente imposta dall’establishment internazionale e dalla politica.
“Non siamo ‘familisti’ – ha rimarcato Pillon -. Riteniamo soltanto che la famiglia contiene in sé quanto è necessario per lo sviluppo dell’essere umano. Ogni volta che la famiglia è ferita, viene ferita anche la società”.
Dall’altra parte c’è una politica che, sui temi etici, sta facendo “il passo più lungo della gamba”. Si pensi al recente caso dell’ex governatore della Puglia. Nichi Vendola, che, con l’“ostentazione” della sua ‘paternità surrogata’, ha in qualche modo “forzato i tempi” del dibattito, provocando la perplessità o la contrarietà finanche di molti esponenti progressisti (Boldrini, Grillo, Turco).
La vicenda di Vendola, ha spiegato Pillon, sollecitato da una domanda di ZENIT, rappresenta una violazione della strategia del “passo dopo passo”, tipica dell’agenda relativista, ma anche dei “codici comunicativi”. “Sta a noi svelare come alcune pratiche, indipendentemente dal fatto che vengano imposte gradualmente o in modo forzatamente rapido, sono oggettivamente immorali”, ha aggiunto il giurista.
Se dunque la maternità surrogata venisse proclamata universalmente illecita, andrebbe a cadere l’intero ‘castello di carta’ delle adozioni omosessuali. “Senza l’utero in affitto, la stepchild adoption non ha alcun senso – ha ribadito Pillon -. Tutti i giudici che la avallano, lo fanno sempre sulla base di casi di maternità surrogata. L’adozione tout court è un falso problema, perché il numero le coppie omosessuali che vorrebbero adottare un figlio già nato è davvero irrisorio. A fronte di 10mila coppie sposate che si mettono a disposizione per l’adozione, ci sono soltanto mille bambini dichiarati adottabili dai nostri tribunali”. Assurdo, quindi, sarebbe rendere questi minori, già provati dall’esperienza dell’orfanotrofio, oggetto di una ‘sperimentazione’…
Da parte sua Filippo Savarese, coordinatore nazionale di Generazione Famiglia (già Manif Pour Tous Italia), ha spiegato come tutti i soggetti federatisi intorno al Comitato Difendiamo i Nostri Figli, siano via via sorti negli ultimi tre anni, nella più totale indipendenza dai poteri forti, con pochi o inesistenti sostegni in ambito politico o ecclesiale.
L’onorevole Fabrizio Di Stefano, intervenuto in rappresentanza del mondo politico, ha messo in luce la convergenza che si sta realizzando tra l’attuale maggioranza parlamentare e la magistratura sui temi eticamente sensibili, al punto che, con un tempismo impressionante, a meno di una settimana dall’approvazione del ddl Cirinnà in Senato, è arrivata la sentenza del Tribunale di Roma, che ha permesso l’adozione da parte di una coppia di lesbiche. Una deriva che pare inarrestabile, tuttavia, se il popolo è convinto di “stare dalla parte giusta”, la battaglia per i diritti delle famiglie e dell’infanzia la porterà avanti “a prescindere”, ha affermato il parlamentare.
In questa sfida antropologica, è anche in gioco il processo democratico stesso, come ha osservato Toni Brandi, presidente di Pro Vita onlus, secondo il quale, in questa fase i partiti non sono un soggetto affidabile. Non si tratta, quindi, di appoggiare alcuna forza politica specifica ma di costruire un movimento d’opinione “trasversale” e popolare, in grado di reagire quanto il potere mostra la sua massima arroganza.
Non tutto ciò che viene dalla politica, tuttavia, è negativo o contrario alla vita e alla famiglia. Da questo punto di vista Brandi ha menzionato quattro casi che inducono a una cauta speranza: la bocciatura del progetto di legge sull’eutanasia da parte del parlamento britannico; il blocco dei finanziamenti federali a Planned Parenthood da parte del Congresso Statunitense (su cui però il presidente Obama ha messo il veto); il voto contrario del Parlamento Europeo alla maternità surrogata; il caso più incoraggiante è però quello dell’Ungheria che, grazie alle sue politiche di rilancio demografico (il governo Orban elargisce 32mila euro per ogni terzo figlio), a lungo andare sta mettendo il turbo all’economia magiara.
Il tema politico è stato toccato anche dalla giornalista Rai e scrittrice, Costanza Miriano, che rispondendo alla provocazione del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che vorrebbe portare la campagna referendaria nelle parrocchie, ha affermato che il premier troverà il popolo del Family Day ad attenderlo “nelle piazze”.
È quindi in corso una battaglia ‘laica’, in cui emerge quella parte d’Italia che “non si sente rappresentata da questa svolta antropologica”. Le famiglie del Family Day, ha ricordato la Miriano, non sono state sponsorizzate da nessuno e hanno fatto sacrifici anche economici per venire a Roma lo scorso 30 gennaio.
Mentre il problema più grosso nel paese è la crisi economica – che colpisce tutti ma, in modo particolarmente drammatico, minaccia le famiglie – il governo ha rovesciato la graduatoria delle urgenze, imponendo un’agenda di “diritti civili”, quando “non c’è alcun problema di diritti nel nostro paese, essendo tutti già tutelati”, ha ricordato la scrittrice.
“Non c’è una minoranza violata nei suoi diritti – ha proseguito la Miriano – semmai vi è una lobby dotata di potere”. Né si può dire che le famiglie del Family Day siano “fissate”, con il tema dell’omosessualità, dal momento in cui “è il governo ad esservi fissato”.
Quanto all’impegno politico e alla posizione da prendere nei confronti del governo Renzi, i membri del Comitato hanno precisato che alle prossime elezioni amministrative non hanno, al momento, alcun candidato da appoggiare, mentre la posizione nei confronti del referendum costituzionale sarà decisamente contraria.
Dal momento in cui Renzi (che con il ddl Cirinnà ha scavalcato la Costituzione, bypassando il dibattito in commissione e imponendo la fiducia governativa su un tema che, in quanto di coscienza, sarebbe dovuto rimanere puramente parlamentare), lega al referendum il proprio destino politico e la sua permanenza a Palazzo Chigi, al di là delle considerazioni tecniche, il Comitato risponderà in maniera altrettanto “politica”. Sia il superamento del bicameralismo perfetto che la nuova legge elettorale, infatti, non fanno altro che concentrare il processo politico in un solo ramo parlamentare e in un solo partito, penalizzando la dinamica democratica.
Non è nemmeno esclusa, ha sottolineato Pillon, l’ipotesi dell’istituzione di un “comitato per il no”. Altra prospettiva concreta è la convocazione di una grande convention nazionale (o in alternativa di varie convention regionali), che potrebbe partire prima dell’estate.
Fonte: Zenit.org