Eccellenza e formazione, i segreti del Paese
— 11 Marzo 2016 — pubblicato da Redazione. —No, l’Italia che raccontiamo qui sotto ha le facce dell’eccellenza “americana” del Trentino, capace di trasformarsi in una piccola Boston attraente per chi vuole investire e garantire un futuro alle nuove generazioni. Ha l’aspetto della solidarietà efficiente del Mezzogiorno che ha scommesso sulla funzione sociale delle cooperative e delle associazioni, e prima ancora sulla responsabilizzazione delle persone che non si rassegnano a pagare dazio nei confronti delle ’ndrine. Infine, ha il volto di chi ha fatto della terra la propria ragion di vita e la propria speranza di futuro. Contro le lobby di chi cementifica e vuole costruire a tutti i costi, rischiando di rovinare l’ambiente delle nostre comunità.
Tutto questo non è l’altra Italia, è semplicemente l’Italia. Che va o, forse, semplicemente non ha mai pensato di fermarsi.
Trento come Boston, e il Trentino come il Massachusetts. Se la provincia del Nord, italiana da meno di un secolo, è additata da tutti come l’eccellenza, quale sarà il suo segreto? Per cominciare ad addentrarci nel mistero trentino, e scoprire magari che mistero non è affatto, niente di meglio di due osservatori assai qualificati ma di lombi non trentini, anche se a Trento vivono e lavorano chi da poco chi da tantissimo. Due “foresti” molto coinvolti nelle cose trentine, ma che garantiscono il giusto distacco: nel loro eventuale elogio del Trentino non potrà esserci ombra di sciovinismo.rento come Boston, e il Trentino come il Massachusetts. Se la provincia del Nord, italiana da meno di un secolo, è additata da tutti come l’eccellenza, quale sarà il suo segreto? Per cominciare ad addentrarci nel mistero trentino, e scoprire magari che mistero non è affatto, niente di meglio di due osservatori assai qualificati ma di lombi non trentini, anche se a Trento vivono e lavorano chi da poco chi da tantissimo. Due “foresti” molto coinvolti nelle cose trentine, ma che garantiscono il giusto distacco: nel loro eventuale elogio del Trentino non potrà esserci ombra di sciovinismo.
Non può esserci nel professor Francesco Profumo, dal dicembre 2014 presidente della Fondazione Kessler, che per alcuni è la ciliegina sulla torta, ma in realtà è una fetta bella grossa della torta stessa. «Il segreto del Trentino – spiega Profumo al telefono, di ritorno da Oxford – è lo stesso che l’anno scorso ha indotto General Electric a trasferire il proprio headquartier a Boston. Lì, e solo lì, sono state individuate tre condizioni fondamentali: la presenza di talenti sformati dalla scuola, la creatività e un ecosistema in cui istituzioni, scuole, centri di ricerca, tutti insomma collaborano armoniosamente».
La scuola, appunto. Gianfranco Cerea è a Trento dal 1977. Bergamasco, laureato alla Cattolica, alla Facoltà di economia dell’Università di Trento insegna Scienze della finanza ed Economia pubblica. Per lui, Trento è come un ciclista che cominci la scalata dello Stelvio con una dozzina di tornanti di vantaggio. «Un segreto il Trentino ce l’ha – spiega – e in parte sta nell’essere stato legato all’Impero per quasi otto secoli. Qualcosa dovrà pur contare. Ma il dato per me fondamentale è che qui dal 1774 vige l’obbligo scolastico fino ai 12 anni, e da metà Ottocento fino ai 14. Qui s’è realizzata la scolarizzazione di massa con 150, 200 anni di anticipo. Studiavano tedesco e una seconda lingua, e contabilità obbligatoria. Al censimento del 1921, nel Trentino risultava analfabeta appena il 5% della popolazione; per capirci, in Calabria 5% erano gli alfabeti».
Profumo e Cerea, curiosamente, partono entrambi da qui, dalla formazione. Chi investe in formazione vince, chi non investe perde. «Il Trentino – prosegue Profumo – risulta attraente per le aziende che qui trovano persone che brillano per preparazione, creatività e senso istituzionale; un ecosistema che funziona, ossia una città che gira come un orologio, buoni servizi, risorse finanziarie, rapporti istituzionali sereni. È questa la miscela che determina l’attrazione». Per questo su a Povo si installa pure Bill Gates. E per questo la Fondazione Kessler, con 50 milioni di bilancio, riesce ad autofinanziarsi al 40%. Bruno Kessler, appunto: «Se vogliamo – conclude Profumo – tutto comincia da lui, che nel 1962 disse forte: il Trentino non può svilupparsi solo con le mele, ma deve investire in formazione, ricerca, innovazione e internazionalizzazione». Su queste idee nascono l’Istituto trentino di cultura (poi Fondazione Kessler) e l’Università.
Qualcuno sostiene che la fortuna del Trentino sarebbe l’autonomia… «Anche Sicilia e Sardegna ce l’hanno». Cerea scuote il capo: «Conta, certamente. Ma conta assai più il contesto. Torniamo alla scuola. È la prima istituzione incontrata da un bambino. Qui fa esperienza di diritti e doveri, autorità, prove e frustrazioni, convivenza con bambini che non ha scelto. Deve rispettare i calendari e confrontarsi con i giudizi. Se fin da piccolo hai a che fare con istituzioni che funzionano, avrai una buona immagine dell’istituzione stessa». Lei rispetta te, tu rispetti lei. E tutto, attorno, cresce.