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Con Santa Gemma Galgani alla scoperta della vera carità

La vita della vergine lucchese non fu segnata soltanto dall’incontro mistico con il Signore: tutta la sua esistenza fu votata ad una totale dedizione al prossimo, in particolare ai poveri e ai malati. Un carisma che rivive nella congregazione femminile missionaria a lei ispirata

anta Gemma Galgani (1878-1903), di cui oggi si festeggia la memoria liturgica, non fondò mai alcun ordine religioso né entrò mai in convento. È stata tuttavia l’ispiratrice e la “madre spirituale” di una piccola congregazione femminile missionaria, le Sorelle di Santa Gemma, fondata nel 1939 da Eufemia Giannini (1884-1971), la cui famiglia, amica dei Galgani, aveva accolto in casa propria la mistica, dopo che questa era rimasta orfana di entrambi i genitori. Presi i voti, la Giannini assunse il nome monastico di Madre Gemma, in omaggio a quella che per lei, per circa quattro anni, era stata come una sorella.

Tra gli scopi delle Sorelle di Santa Gemma spicca in modo particolare l’accoglienza delle donne sole, siano esse anziane, vedove, ragazze madri o orfanelle. La congregazione conta circa 35 religiose presenti in quattro paesi: Italia (vicino Lucca, città natale di Santa Gemma, è situata la Casa Madre), Congo e Costa d’Avorio, dove è presente da rispettivamente dal 1966 e dal 1999, e Bulgaria, dove recentemente è stata avviata una nuova missione.

In provincia di Lucca, la presenza delle Sorelle ruota principalmente intorno a tre luoghi: la Casa Madre, situata a Camigliano, a pochi metri di distanza dalla casa natale della santa; la Casa Giannini a Lucca; la Casa Famiglia a Capannori.

È proprio presso la Casa Famiglia, dove lavora dal 2003, che ZENIT ha incontrato suor Elisabetta Giussani, vicaria delle Sorelle di Santa Gemma, delle quali fa parte da un quarto di secolo.

Suor Elisabetta, qual è la principale finalità della vostra Casa Famiglia?

Questa struttura è l’espressione dell’aspetto apostolico-caritativo della nostra congregazione, legata all’esperienza che Madre Gemma (Eufemia Giannini) ha fatto dell’accoglienza di Santa Gemma in casa Giannini, dove lei fu trattata come una figlia. Questo spirito di accoglienza è rivolto in modo particolare a quelle giovani che vivono una fase particolarmente difficile della propria vita, di modo che, accolte da una comunità, possano reagire e ritrovare fiducia nel proprio futuro.

Nel 1990 è stata quindi attivata questa struttura di accoglienza, nel desiderio di andare incontro a tutte quelle donne in difficoltà che avessero bisogno di essere sostenute: dalla ragazza-madre col bambino, alla giovane che aveva subito abusi in famiglia, fino alle minori orfane. Abbiamo avuto anche delle anziane che non avevano nessuno e sono morte qui da noi. In seguito la comunità ha optato per l’accoglienza esclusiva delle ragazze madri, consentendo comunque ai minori senza genitori già presenti di rimanere nella struttura, evitando loro, così, lo spostamento verso altre comunità.

Sorprende pensare che una mistica come Santa Gemma, che visse esperienze fuori dal comune a contatto col divino, possa aver ispirato un ordine come il vostro, che vive un cristianesimo fatto di opere caritative molto concrete…

C’è sicuramente un aspetto mistico che è stato studiato ed approfondito. La nostra fondatrice, comunque, nei suoi scritti, ci ha presentato Santa Gemma come una sorella maggiore, una maestra da cui imparare, rendendocela una figura molto familiare. Era una giovane che portava avanti un cammino di santità molto particolare, ricco di verifiche da parte del direttore spirituale e del confessore, e lo faceva, nel contesto di una casa che non era la propria ed una famiglia numerosa. Ciò avrebbe potuto arrecarle qualche disagio, invece Gemma entrò in una dinamica di familiarità con quella situazione per cui portò avanti questa appartenenza esclusiva a Gesù vivendo quello che, momento per momento veniva richiesto in una famiglia. Come le più grandi delle sorelle Giannini, Gemma si occupava dei loro fratelli più piccoli, al punto che uno di loro, Carlo, era convinto che lei fosse davvero sua sorella. Viveva dunque gli impegni concreti della vita di ogni giorno: aiutare a fare i compiti, rifare i letti, fare la calza. Portava quindi avanti questa sua unione con il Signore, che rendeva grandi anche i piccoli gesti che faceva. La nostra fondatrice prescriveva di seguire Santa Gemma nella via ordinaria, dentro una realtà di vita molto semplice ma con uno sguardo rivolto al cielo e una passione grande per il destino di salvezza dei fratelli.

Santa Gemma Galgani, può dunque essere un esempio anche per i giovani cristiani di oggi?

Sicuramente. In fondo quello che lei ha fatto, al di là dell’eccezionalità, è stato rendere grande una vita che, da un punto di vista umano, verrebbe da dire definire sfortunata. La famiglia Galgani, inizialmente benestante, finì sul lastrico. Gemma stessa perse prima la madre, poi il padre e un fratello. Ciononostante, la santa è diventata una persona “realizzata”, perché, nell’esperienza di Gesù, ha trovato la motivazione per reagire e andare incontro alle piccole cose della quotidianità, rendendo grande una vita che, apparentemente, non aveva nulla di allettante. Significativamente, la nostra fondatrice descriveva l’indole di Santa Gemma come “disinvolta”: ciò significa che riuscì a portare avanti il proprio cammino, con una libertà interiore che le permetteva comunque di essere adeguata nell’esperienza che stava facendo.

In quali aspetti si declinava la concretezza di Santa Gemma Galgani?

La sua vita sembrerebbe molto mistica e slegata dalla realtà, invece, Santa Gemma ebbe, ad esempio, grande sensibilità per i malati. La nostra fondatrice racconta che, la santa, di fronte a sua madre, Cecilia Giannini, gravemente malata, per la quale aveva già fatto molto, arrivò ad offrire la vita per lei. C’è anche un episodio in cui Santa Gemma si trova a curare le piaghe purulente di una donna di servizio di Casa Giannini, la quale non nutriva alcuna simpatia per lei. Per Gemma fu l’occasione per mostrare un duplice aspetto della carità: verso una persona malata e verso una persona che le era ‘nemica’.

Quando i poveri si presentavano alla porta sia di Casa Galgani che di Casa Giannini, Gemma cercava di dare quello che aveva, iniziando dalla biancheria. mostrava quindi un’attenzione a tutta la persona che ha bisogno di mangiare come di tenere vivo il senso religioso o di vivere in comunione con il Signore. Le varie dimensioni della persona sono per lei ugualmente importanti.

Quali sono i miracoli più significativi per i quali Santa Gemma ha interceduto?

Oltre ai miracoli riconosciuti per la beatificazione e per la canonizzazione, Santa Gemma si fa spesso riconoscere in sogno da persone con problemi di salute o in situazioni particolarmente difficili. L’intervento della santa è quindi indubbio, molti l’hanno riconosciuto come una grazia da parte sua, anche perché l’hanno vista. Molti vedevano in sogno questa giovane e non la riconoscevano, alcuni la scambiavano per Santa Maria Goretti, poi, per vie traverse, arrivavano a scoprire la sua identità.

Da dove nasce la grande premura, che Santa Gemma aveva per le anime dei peccatori?

È un aspetto su cui la fondatrice ha insistito molto. A noi Santa Gemma è stata indicata come esempio di umiltà, semplicità, carità e sacrificio: qualità che Madre Gemma ha individuato in Santa Gemma e ce le ha proposte, all’interno di uno stile di vita molto familiare, portando avanti un aspetto particolare legato alla preghiera di intercessione per la conversione dei peccatori e per la santificazione dei sacerdoti.

Celebre è l’episodio in cui padre Germano, il passionista che fu suo direttore spirituale, vide Santa Gemma in estasi, a pregare per la conversione di un noto pubblico peccatore. Dall’estasi la santa venne a conoscenza della confessione che questo peccatore avrebbe dovuto poi fare. Poco dopo, alla porta di casa Giannini, suonò una persona, chiedendo se fosse presente un sacerdote. Si presentò, quindi, padre Germano il quale, dalla confessione, capì che si trattava del peccatore di cui parlava Santa Gemma. Nella confessione, l’uomo dimenticò un fatto, che padre Germano aveva sentito durante l’estasi. Il sacerdote glielo suggerì e lui confessò anche ciò che non aveva ricordato.

Un giorno, mentre passeggiava con Cecilia ed Eufemia, Santa Gemma incontrò una donna che annunciò che il fratello di una loro amica comune – noto per essere un massone – stava morendo. Chiese quindi loro di pregare per lui. Poco dopo per strada Gemma disse a Cecilia: “è salvo”. Cecilia le chiese di chi stesse parlando e lei, riferendosi al moribondo nominato poco prima, le precisò: “è salvo, è morto, è con Gesù”.

È vero che lei stessa, incredibilmente, si considerava una grande peccatrice?

Santa Gemma, aveva avviato un cammino spirituale, nella cui crescita, si rendeva conto di quello in cui era ancora carente. Riconosceva, dunque, di essere una “creatura” e che, pur occupando il ‘proprio posto’ e pur affidandosi al Signore, non poteva non riconoscere di essere mancante o inadeguata in determinati aspetti. Nella sua missione di intercessione per i peccatori, Santa Gemma si assume molta responsabilità, in particolare per la salvezza degli altri, prendendo su di sé tutto il peso del peccato e portandolo per la salvezza dei fratelli. Provava, cioè, un desiderio di entrare sempre più in comunione con il Signore. Coglieva, dunque, la necessità di stare sempre più al passo del Signore, non per ‘autoflagellarsi’ ma per riconoscere di essere una creatura e di aver bisogno del Creatore per andare avanti.

Per la sua attenzione ai peccatori, il demonio temeva molto Santa Gemma…

Il demonio gliel’aveva detto: ‘fino a quando fai per te, va bene, ma non toccarmi i peccatori, se continui a insistere per la salvezza dei peccatori, io ti muovo guerra’. Santa Gemma ha dovuto quindi pagare lo scotto del suo impegno in questa direzione. Anche l’episodio della sua autobiografia è emblematico: dopo che lei ebbe completato, il manoscritto le fu sottratto. Santa Gemma comunicò il fatto a padre Germano, il quale compì degli esorcismi perché il demonio restituisse l’autobiografia. Nel letto, il demonio le apparve sotto forma di gatto o di fratel Famiano; le sparirono, poi, dei cioccolatini e non era stata lei a mangiarli, né c’era nessuno. Secondo la testimonianza della fondatrice, quando Santa Gemma si spostò nella cameretta dove poi morì, dopo nottate difficili, si avvertiva puzza di zolfo: un segno che c’era stata una lotta col demonio.

Ritengo comunque, che questo aspetto della lotta di Santa Gemma con il maligno non vada troppo enfatizzato. Potrebbe diventare un’arma a doppio taglio, quasi un’esaltazione dell’opera del nemico. L’aspetto davvero importante, da mettere in primo piano, è l’incontro di Santa Gemma con Gesù, la sua totale appartenenza a Lui. L’opera del Signore è sempre più potente di quella del demonio.

Fonte: Zenit.it

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