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Kobe Bryant, il ritiro di un campione salvato dalla fede e dalla famiglia

Il dialogo avuto una volta con un sacerdote è stato decisivo per raddrizzare la propria vita.

Mercoledì 13 aprile ricordato da molti come il #Mambaday, la data in cui si è ritirato uno degli atleti più grandi degli ultimi 20 anni: Kobe Bryant. La sua ultima notte da atleta è stata memorabile e piena di emozioni. Incredibili le statistiche comparse sul tabellino alla sirena finale: 60 punti (22/50 dal campo, 6/21 da tre, 10/12 dalla lunetta), 4 rimbalzi e 4 assist. Nel video che segue, gli highlights dell’addio da leggenda del re del canestro.

 

Lo sport è di certo l’aspetto principale per cui è noto a livello mondiale, ma in pochi conoscono il ruolo che hanno avuto nella sua vita la famiglia e la fede, aiutandolo a sopravvivere in uno dei suoi momenti più duri. Di fede cattolica, è sposato con Vanesa, anche lei cattolica. Vanesa e Kobe hanno due figlie, Natalia (nata nel 2003) e Gianna (nel 2006). Nel 2005 hanno perso una gravidanza.

Attraverso attività educative e finanziamenti che mirano alla realizzazione di progetti culturali, la fondazione della famiglia Bryant è attiva per cercare di sostenere i giovani e le famiglie che hanno bisogno. Il focus principale è rivolto ai senza tetto, ma tra i programmi promossi c’è quello della squadra di calcio MambaFC, in cui i Bryant cercano di formare atleti che siano indipendenti intellettualmente e che lavorino uniti concentrandosi sugli obbiettivi comuni da raggiungere attraverso lo sport e una vita sana.

“Mamba” è un soprannome che si è attribuito lo stesso Kobe Bryant dopo la crisi del 2003 e dopo aver visto il film Kill Bill, in cui è rimasto colpito dal serpente Mamba, che gli hanno ricordato le caratteristiche del suo gioco: scivoloso e velenoso.

5 volte campione NBA, 2 volte campione olimpico, 18 volte membro dell’All Star, terzo miglior realizzatore della storia dell’NBA. Tra gli altri meriti sportivi Bryant sarà ricordato come l’anello di congiunzione tra l’epoca Jordan e l’epoca Curry, appena iniziata.

Kobe Bryant si ritira con un sorriso sul volto e come una delle voci più sagge dello sport, arrivando addirittura ad affermare che si formano migliori giocatori di basket in Europa che negli Stati Uniti.

Ma anche con un invito a guardare la famiglia che c’è dietro al nome che riceve tanti flash. Famiglia in cui si gioca una partita ben più importante, quella della fede e del perdono comepilastri d’amore, che sembrano essere stati i pilastri della sua vittoria.

Fonte: Aleteia.org

 

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