Le migrazioni non mutano solo la geografia “etnica”, ma anche quella della fede. È un fenomeno che passa spesso in secondo piano nel dibattito su profughi e migranti, o viene preso in considerazione per quanto riguarda l’espansione dell’islam, molto meno per le altre confessioni. Eppure anche la Chiesa cattolica ne è coinvolta, in positivo, con un suo allargamento in corso in territori fino a ieri impensati. Non è una novità nella storia, del resto. Se oggi gli abitanti degli Stati Uniti sono circa per un quarto cattolici lo si deve soprattutto all’esodo di irlandesi nell’800, di italiani nella prima metà del ’900 e di
latinosdal Messico e dal Centroamerica negli ultimi decenni. La esile Chiesa giapponese ha ricevuto negli ultimi trent’anni il soccorso insperato di filippini, brasiliani e peruviani: insieme costituiscono più del 50% dei cattolici del Paese. In Arabia Saudita, dove il culto pubblico è proibito, indiani e filippini hanno dato vita, nel silenzio, a una comunità di fedeli che si dice sfiori i due milioni.
Un caso significativo c’è anche in Europa ed è quello della Scandinavia, ovvero l’estremo Nord secolarizzato, con uno dei tassi di religiosità più bassi al mondo. Una serie di Paesi dove il cattolicesimo, dopo la rottura protestante, è stato semplicemente azzerato, per quasi tre secoli, in alcuni casi sotto la minaccia della pena capitale per chi fosse osasse professare il credo del Papa di Roma. I numeri restano limitati in termini assoluti ma il trend è di crescita costante. Secondo gli ultimi report forniti dalla Conferenza episcopale dei Paesi scandinavi, in Danimarca dal 2004 al 2014 i cattolici “ufficiali” sono passati da 37.648 a 42.768, in Islanda da 5.775 a 11.911, in Norvegia da 57.498 a 160.746, in Svezia da 81.259 a 110.392, in Finlandia da 8.790 a 13.422. Ma i dati reali che vengono stimati – non tutti i cattolici riescono a essere identificati dalla rete di parrocchie e istituzioni – sono sensibilmente superiori: in Islanda quasi del 50%, in Finlandia del 20%, percentuali simili anche per Svezia e Norvegia (qui la Chiesa, sull’onda del boom e di metodi di rilevamento approssimativi, è purtroppo incorsa in un’indagine e in un contenzioso con lo Stato, che l’ha accusata di aver gonfiato i numeri dei fedeli e di aver ricevuto sussidi non dovuti, che ora le sono chiesti indietro).
Questo contesto aiuta a capire, tra l’altro, quale situazione ecclesiale incontrerà Bergoglio nel suo prossimo viaggio a Lund, in Svezia – tra sei mesi quasi esatti, il 31 ottobre – dove prenderà parte a una cerimonia congiunta fra Chiesa cattolica e Federazione Luterana Mondiale per com- memorare il cinquecentesimo anniversario della Riforma. Il Papa troverà una Chiesa di “periferia” ma in uno stato di effervescenza, avamposto dell’evangelizzazione in una terra non meno ostica di quanto fossero terre vergini nel Sud del mondo per i missionari del passato. E una Chiesa che presenta un mix di caratteristiche del tutto insolito.
Il grosso dei fedeli viene appunto dai migranti, con parrocchie che “contengono” fino a novanta nazionalità diverse in un mosaico affascinante. A Södertäljem, città di 62mila abitanti nella contea di Stoccolma – conosciuta per essere la sede della Scania, storico marchio di autotrasporti, e per aver visto crescere Björn Borg –, si è formata per aggregazione la più grande comunità di cristiani caldei fuori dall’Iraq. Ma il resto dei cattolici svedesi è fatto per la quasi totalità di figli di convertiti o convertiti recenti. «Ogni anno abbiamo circa un centinaio di conversioni ufficiali», spiega padre Klaus Dietz, gesuita tedesco che opera in Svezia da ben 46 anni, «che per il nostro Paese sono numeri importanti. La religione, come esperienza vissuta, è stata a lungo un tema tabù a livello pubblico. Una di quelle cose di cui si parla in una conversazione fra amici solo quando si alza un po’ il gomito, altrimenti è evitata, mette in imbarazzo. Oggi il clima sta cambiando, ma resta l’attitudine di fondo a vivere la religione nella più stretta intimità. Spesso faccio presente che quando morì Dag Hammarskjöld e fu pubblicato il suo diario spirituale, in Europa fu un caso, ebbe un grande successo, in Svezia fu visto come qualcosa di strano».
Un tratto comune a molte conversioni è poi quello di riguardare persone con un alto livello di studi e professionale. In proporzione alle dimensioni della Chiesa, in un Paese di nove milioni e mezzo di abitanti, non sono infatti poche le voci cattoliche nel mondo intellettuale: da uno scrittore popolare come Torgny Lindgren, a Erik Helmerson, editorialista del Dagens Nyheter, il più importante quotidiano svedese, ad Astrid Söderberg Widding, rettore dell’Università di Stoccolma e terziaria domenicana. Cattolica era anche Gunnel Vallquist, scrittrice e traduttrice, membro dell’Accademia di Svezia, morta lo scorso gennaio. «Uno dei motivi – dice padre Ulf Jonsson, anche lui gesuita, di Uppsala, nato in una famiglia di non credenti e convertitosi da ragazzo – è che per le persone che hanno modo di viaggiare, fare esperienze all’estero per studio o lavoro è più facile che entrino in contatto con il cattolicesimo, superando i pregiudizi».
«La Chiesa luterana svedese – aggiunge padre Dietz – è diventata una presenza quasi simbolica. Quel che resta del cristianesimo storico è ridotto a una serie di tradizioni, di elementi folkloristici. Molti trovano nella Chiesa cattolica un cristianesimo “vero”, con un profilo teologico chiaro, con una dimensione comunitaria viva e accogliente. Oggi a Stoccolma esiste una sola libreria religiosa e non è luterana, ma cattolica». Questo, ribatte padre Jonsson, che è direttore di Signum, autorevole rivista culturale della Compagnia di Gesù in Svezia, «è anche il motivo per cui l’opinione dei cattolici su temi sensibili è spesso ricercata, nei talk show o sui giornali. La Chiesa cattolica è guardata con un rispetto crescente. A questo riguardo va segnalata la grande simpatia di cui gode papa Francesco, soprattutto per il suo impegno su temi come l’ambiente, la difesa degli oppressi e dei poveri. Mi sento di dire che in questo momento papa Francesco è il leader straniero che gode della più alta reputazione in Svezia».
Ma il fatto che ha più scosso l’attenzione sulla presenza della Chiesa cattolica è stata la conversione choc, due anni fa, di Ulf Ekman, fondatore e leader della Livets Ord, o Word of Life in inglese, la più importante comunità pentecostale svedese. Un caso che ha tenuto banco su giornali e tv. Ekman ha trovato la sua strada verso Roma anche grazie all’accompagnamento discreto di Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma: pure lui convertitosi in giovane età e fattosi carmelitano dopo essere stato folgorato dagli scritti di santa Teresa di Lisieux.