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San Trovaso, il segreto di un paese con il record di vocazioni religiose e matrimoniali

In un paesino del trevisano di 4.210 abitanti sono stati ordinati ben 10 sacerdoti in 20 anni. I seminaristi provenienti da San Trovaso sono invece 13, di cui 8 prossimi a diventare preti. Le religiose sono 4. Le coppie sposate sono 11 in un anno e 5 famiglie sono missionarie nel mondo. È un primato mondiale, che si spiega con la valorizzazione dei movimenti – fortissima la presenza neocatecumenale -, l’adorazione eucaristica e il rosario quotidiano per le vocazioni.

In un paesino del trevisano di 4.210 abitanti sono stati ordinati ben 10 sacerdoti in 20 anni. I seminaristi provenienti da San Trovaso sono invece 13, di cui 8 prossimi a diventare preti. Le religiose sono 4. Le coppie sposate sono 11 in un anno e 5 famiglie sono missionarie nel mondo. È un primato mondiale, che si spiega con la valorizzazione dei movimenti – fortissima la presenza neocatecumenale -, l’adorazione eucaristica e il rosario quotidiano per le vocazioni.

In un paesino del trevisano di 4.210 abitanti sono stati ordinati ben dieci sacerdoti in vent’anni. I seminaristi, a San Trovaso, sono invece ben tredici, di cui otto prossimi a diventare preti. Le religiose sono quattro. Se si fa un calcolo, il tasso di vocazioni sorpassa la media dell’Africa e dell’Asia, i continenti in cui la scelta alla vita consacrata fra i cattolici è ancora un’opzione normale.

Il dato non solo colpisce, ma smentisce un mito. Ossia che nell’Occidente secolarizzato sia utopico pensare che i pastori possano aumentare. Non di rado, infatti, la Chiesa o i movimenti si lamentano o scaricano le colpe sul secolarismo feroce. Mentre di frequente si cercano soluzioni accomodanti. Ma cosa permette una tale fioritura? Il parroco di San Trovaso, don Daniele Bortoletto, è difficile da contattare perché non c’è giorno di riposo per chi confessa, dice Messa, conforta malati e anziani, provando ad essere padre non di una ma di tutte le famiglie del paese. I frutti di tanta messe sono quelli di un lungo lavoro che «dura da circa quarant’anni: fino a dieci anni fa qui c’era il seminario del Pime», spiega il sacerdote alla Nuova Bussola Quotidiana.

Inoltre, all’inizio degli anni Settanta, nel pieno della rivoluzione sessantottina, «l’allora parroco, don Pietro Lorenzon, si rivolse chiedendo aiuto al rettore del seminario, padre Amelio Crotti, che lo mise in contatto con la comunità romana dei neocatecumenali». Alcuni di loro vennero ad aiutare il prelato, che però morì presto di tumore. «Il suo successore, inizialmente non troppo convinto dell’attività catechetica del cammino nato dal carisma donato a Kiko Arguello, davanti al successo che aveva fra i giovani e all’incremento delle vocazioni, decise di dargli spazio». Negli anni le famiglie neocatecumenali si sono allargate e i loro figli cresciuti hanno abbracciato la fede e l’educazione dei genitori, tanto che si contano circa dodici comunità ciascuna formata da circa quaranta persone. «La domenica mattina celebro l’ultima messa alle 10, perché poi i padri di famiglia tornano a casa, recitano le lodi con i figli, leggono il Vangelo e giudicano alla luce della Parola quanto è capitato a ogni membro della famiglia, fuori o dentro casa, ripartendo dal battesimo come luogo per scoprire la vocazione. E i frutti sono ormai evidenti». Fra il 2000 e il 2005 «Kiko si mise poi a ripetere con l’allora papa, san Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo”. A cui seguì un’impennata di vocazioni giovanili». Fra i seminaristi provenienti da questa esperienza ci sono giovani di ogni tipo, fra cui musicisti, sportivi, laureati in economia e commercio e lavoratori.

Ma non basta questo a spiegare quanto cominciò con don Antonio Vedovato, il sacerdote di 82 anni che per 35 ha curato la parrocchia in cui fu istituita l’Adorazione Eucaristica perpetua, che oggi continua una volta alla settimana. Infatti, la chiesa apre le porte alle 6 per le lodi mattutine, mentre la sera c’è la Messa quotidiana «a cui partecipano i parrocchiani anche appartenenti a diversi movimenti ecclesiastici». Sono otto i gruppi attivi oltre ai neocatecumenali, fra cui «”Ponte d’amore missionario”, nato dieci anni fa, che si occupa delle missioni, maschili e femminili. Esistono poi gruppi di preghiera in cui si recita il rosario anche per le vocazioni». La chiesa di San Trovaso è sempre aperta e Don Daniele favorisce qualsiasi esperienza o carisma realmente deciso a vivere un cammino di fede: «È la nostra ricchezza da sempre». Non a caso, ci sono altri due giovani del paese che studiano nel seminario diocesano di Treviso, mentre una ragazza di 23 anni lo scorso novembre è entrata in convento.

Siccome, però, la vocazione cristiana non è solo quella religiosa, ma anche al matrimonio, oggi in costante calo, colpisce che solo l’anno scorso si siano sposate undici coppie, mentre le famiglie in missione nel mondo sono ben cinque. Ci sono appena altri due casi noti in Occidente per la stessa anomalia: quello dei 1.224 abitanti di Flower, in Michigan, dove negli ultimi anni sono stati ordinati ben ventidue preti e quello del paese vicino, Westphalia, di appena 938 abitanti in cui sono diventati sacerdoti sempre ventidue giovani. A Westphalia, nel 2014, in una classe di prima media un prete ha domandato se qualcuno stava considerando la vita consacrata e su un gruppo di quarantatré studenti quasi un terzo ha alzato la mano. Come mai? Anche qui da sempre si prega un’ora ogni settimana per le vocazioni. I residenti poi contribuiscono alla formazione sacerdotale con 10 mila dollari di colletta all’anno. Infine, quasi tutti gli abitanti crescono più nella natura che davanti alla tv, recitando il rosario quotidiano in famiglia. Spesso ci si arrovella su come adeguare la pastorale ai tempi. Eppure c’è una via semplice, quella della tradizione abbandonata. Forse basterebbe provare a percorrerla.

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