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Sisma, quei preti giorno e notte con gli sfollati

Neppure due anni fa nella parrocchia di Sant’Agostino, ad Amatrice, don Savino d’Amelio aveva festeggiato con gioia i 40 anni di sacerdozio insieme alla sua comunità di fedeli, che oggi piange i tanti suoi defunti e attende con ansia laricostruzione dopo il sisma dello scorso 24 agosto. Membro della congregazione Famiglia dei discepoli don Minozzi, classe 1947, è originario di Montemilone, in provincia di Potenza. E i suoi compaesani hanno organizzato una raccolta fondi da consegnargli a mano, ma altri aiuti arriveranno da Gioia del Colle (dov’è stato parroco al Sacro Cuore per 14 anni), Policoro (che lo ha visto presente per 13 anni), e ancora Monterosso, Riva, Udine, Lazzate, Milano, Torino. «Una rete di persone che mi conosce da tempo e sa come agisco. La loro presenza la sento addosso, perché altrimenti non saprei come andare avanti. Mi telefonano di continuo e ho detto loro di non muoversi, perché siamo ancora nella prima emergenza», dice don Savino, che celebra regolarmente la Messa nelle tendopoli. E testimonia: «La voglia di rinascere c’è. Sto cominciando a pensare, con tutti gliaiuti economici che arriveranno, di aiutare le persone a impiantare nuove attività commerciali: il barbiere, il fruttivendolo, il giornalaio. Vedendoli riaprire, tutto il paese comincerà a credere che può riavviarsi».

A pochi chilometri, il 36enne polacco don Cristoforo Kozlowski, parroco di Accumoli, da qualche giorno può contare sull’aiuto di padre Giuseppe Bertagna, gesuita arrivato da Milano. «Domenica abbiamo celebrato la Messa nei cinque campi allestiti, a turno: gli sono molto riconoscente. Viviamo giorno per giorno, senza programmare nulla, affidando tutto al Signore e con il suo aiuto. È difficile consolare chi ha perso la sua famiglia, i vicini: le parole sono insufficienti, bisogna far sentire la compassione e la vicinanza». Da due anni in Italia, don Cristoforo fatica a trovare le parole per esprimere «cosa il Signore ha voluto dirmi conquesta tragedia. Un senso ci sarà».

Sono tanti i sacerdoti che stanno vivendo il post-terremoto in prima linea. Ogni mattina, alle 7, don Fabio Gammarrota arriva ad Amatrice. Parroco a Cittareale e Posta, dove il sisma ha causato per lo più danni agli edifici e reso inagibili alcune case oltre a due chiese, il sacerdote quarantenne originario di Andria (Bari) era fra i primi ad aver raggiunto il paese più colpito dal terremoto mercoledì 24 agosto alle 4 e un quarto, pochi minuti dopo la terribile scossa che lo ha devastato. «Qui sono stato parroco per un anno e ho insegnato al liceo scientifico », riferisce. Prete da 8 anni, trascorre le giornate accanto agli sfollati nelle tendopoli, cenando con loro. «Qualche sera fa una ex collega ormai in pensione, che vive in tenda, mi ha detto: ‘Non te ne andare, stai qui con noi’. È quello che mi chiede la maggioranza delle persone che incontro:contatto umano, esserci».

Nei giorni scorsi il sacerdote ha incontrato anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, «per cercare di orientare i primi passi per la ricostruzione, che passano anzitutto attraverso la riapertura delle scuole in unità abitative provvisorie. Ho chiesto alla ministra che il 12 settembre si avvii l’anno scolastico e che ci dia la certezza di personale docente configurato sulle cattedre, senza posti vacanti ». Sta prendendo forma anche una tensostruttura di circa 120 metri quadri, donata dal Comune di Andria: «Sarà la futura parrocchia, montata nella stessa area che finora ha accolto le salme per il riconoscimento, un obitorio a cielo aperto. Una zona di Amatrice che finora ha custodito la morte sta diventando il luogo della ricostruzione della speranza», fa notare don Gammarrota. Una carica simbolica sottolineata dal vescovo Domenico Pompili, «che viene a trovarci tutti i giorni». Prossimamente la comunità cristiana di Amatrice potrà celebrare di nuovo unita la Messa.

Un’altra tensostruttura, già montata e donata dalla diocesi di Carpi, «sarà il polo diocesano organizzativo, sempre nella stessa area verde». Intanto «la terra continua a tremare», racconta don Fabio. Lo supportano, nella celebrazione eucaristica quotidiana e nell’amministrazione dei sacramenti, oltre che nei colloqui con le persone che lo chiedono, altri sacerdoti «che hanno dato la disponibilità di sostenerci in questa fase precaria: da don Marco, della diocesi di Orvieto, a fra Orazio, di origini teramane, parroco a Leonessa. In ogni tendopoli si sta provvedendo all’insediamento di una cappella e a garantire h24 la presenza di un sacerdote e un seminarista oppure di una coppia di frati».

Fonte: Avvenire.it

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