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Fedeli: non sostengo alcuna teoria “gender”, la 107 vuole combattere le diseguaglianze

Caro direttore,
ho letto con molto interesse il suo intervento del 14 dicembre sulla mia recente nomina a Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e ho apprezzato l’apertura di credito nei miei confronti, nello specifico in merito all’attuazione del comma 16 della legge 107/2015 detta “Buona scuola”, rispetto a cui rileva alcune preoccupazioni tra i suoi lettori. Come è noto, parliamo della previsione che intende assicurare l’attuazione dei princìpi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dalla legge 119/2013 contro il femminicidio.

Lei mi invita a tenere fede al mio giuramento sulla Costituzione, ed è proprio da qui che intendo partire, perché il comma 16 dà attuazione ai princìpi di pari dignità e non discriminazione contenuti negli articoli 3, 4, 29, 37 e 51 della nostra Costituzione. Ma voglio essere ancora più chiara, sperando così di diradare alcuni dubbi. Non ho mai fatto riferimento a una supposta “teoria gender”, tanto meno a una “ideologia”, non solo perché il pensiero ideologico mi è strutturalmente estraneo, ma perché una simile ideologia, ammesso che esista, e non è mai stata d’ispirazione per l’operato mio, o del Parlamento o del governo. Vorrei che la parola gender uscisse dal nostro vocabolario in questa accezione minacciosa, e che tornassimo a parlare di uguaglianza tra donne e uomini, in linea con le normative nazionali e internazionali sui diritti umani. Mi riferisco, in particolare, alla Convenzione di Istanbul, ratificata nel 2013 dai due rami del Parlamento all’unanimità, secondo cui negli stereotipi di genere si annida il primo germe della violenza maschile contro le donne, e che per questo chiede agli Stati firmatari (art. 14) l’inclusione nei programmi scolastici di temi quali parità tra i sessi, ruoli di genere non stereotipati, rispetto reciproco.
Non si tratta di abolire le differenze tra donne e uomini, ma di combattere le diseguaglianze. Non c’è nulla di naturale in stereotipi che escludono le donne dalla politica e dal mondo del lavoro. Non c’è nulla di naturale, per esempio, nel fatto che le ragazze siano descritte come inadatte agli studi scientifici, eppure questo stereotipo produce effetti reali: le ragazze si iscrivono troppo poco alle facoltà scientifiche.

La legge 107 punta a rendere centrale l’educazione al rispetto e alla libertà dai pregiudizi, riconoscendo dignità a ogni persona, senza esclusioni, nell’uguaglianza di diritti e responsabilità per tutte e tutti. L’educazione alle pari opportunità, alla prevenzione della violenza, al contrasto delle discriminazioni, se ben intesa, non è destinata a produrre conflitti con le esigenze educative delle famiglie, perché si tratta di iniziative che danno attuazione ai princìpi costituzionali. Inoltre la “Buona Scuola” ha rafforzato gli organi collegiali, coinvolgendo, in modo molto utile e opportuno, genitori e studenti.
L’intervento educativo è lo strumento più efficace che abbiamo per restituire alla nostra rappresentazione del mondo e dei generi profondità e complessità, uguaglianza e differenza. Ed è la via migliore per promuovere relazioni basate sul rispetto tra le cittadine e i cittadini di domani.
Valeria Fedeli, Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

La ringrazio, gentile ministra Fedeli, per la lineare chiarezza di questa sua pur articolata lettera. Una risposta non solo e non tanto a me quanto a interrogativi legittimi (anche se non sempre lucidi nell’argomentazione e pacati nei toni) per le posizioni che aveva assunto o che le erano state attribuite sul tema che (per sintesi) ormai quasi tutti, comunque la pensino, richiamano con la parola-slogan “gender”, intendendo con essa la pretesa di decostruire la basilare differenza maschile-femminile e alludendo a un’offensiva (che ha avuto e ha organizzatori e sostenitori anche in Italia) per istruire in questo senso scolari e studenti. Interrogativi che – come i lettori sanno – hanno accompagnato il suo avvento alla guida del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Credo perciò che sia molto importante ciò che lei dice e molto interessante l’impostazione che dichiara di voler dare al suo lavoro di governo della scuola italiana sulla cruciale frontiera educativa della non discriminazione e della effettiva parità dei sessi. Parità – non mi stanco, per la mia parte, di ripeterlo – che è riconoscimento della naturale diversità e della stessa altezza della donna e dell’uomo.

La realtà di questa nostra epoca ci ricorda continuamente, sempre più spesso in modo positivo, ma purtroppo ancora e sempre in modo doloroso e persino drammatico, che la parità uomo-donna, e dunque il superamento di certi stereotipi, è una priorità fondamentale. Oggi, come mai prima, siamo in condizione di vivere insieme, negli stessi contesti sociali, pur essendo portatori di visioni culturali e di tradizioni assai differenti. C’è una grande forza e una grande bellezza in questo, e c’è la grande fatica e la grande insidia che sempre si propongono quando “tempi umani” distinti s’incontrano e non trovano facilmente armonia. Ecco perché siamo chiamati tutti a un sereno e pressante “di più” di responsabilità e d’impegno per custodire, elaborare, trasmettere e interiorizzare un alfabeto comune dell’umano basato, primariamente, sul riconoscimento della diversità feconda e dell’identico e insopprimibile valore di donna e uomo, qualunque fase e condizione della vita sperimentino.

Per procedere in quest’opera servono rispetto, condivisione e determinazione, non impostazioni ideologiche e dirigismi supponenti e aggressivi che lei, cara ministra, esclude qui con fermezza. Bene: in Italia abbiamo una Costituzione, espressione dell’umanesimo che ha fatto grande la nostra cultura, più che capace di accompagnarci in questo necessario e benedetto cantiere di futuro. Perciò, apprezzo molto il suo esplicito riferimento a cinque articoli della Carta che la guideranno nella sua azione in questo specifico campo: 3, 4, 29, 37, 51, tutti attinenti all’eguaglianza dei cittadini e delle cittadine con al cuore, opportunamente, quello che definisce la “famiglia costituzionale”. E non mi pare inutile ricambiarla richiamando a mia volta l’art. 30, primo comma, sul diritto-dovere educativo dei genitori. La saluto cordialmente e le confermo che seguiremo con attenzione, passo passo, il suo lavoro. Auguro a lei e agli italiani che sia buono. Buono come il Natale che viene.
Marco Tarquinio

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