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«No» alla maternità surrogata se non c’è legame biologico

Accettare di lasciare il bambino con la coppia sarebbe equivalso a legalizzare la violazione del diritto italiano», scrive la Corte

Gli stati hanno il diritto di sottrarre un bambino concepito con maternità surrogata alla coppia che lo ha così ottenuto, ed è loro competenza esclusiva stabilire la relazione parentale di un bambino, rinviando al solo legame biologico o all’adozione legale. Inoltre non esiste diritto a esser genitori a tutti i costi. Resterà come una pietra miliare la sentenza di secondo grado, non più appellabile, pronunciata ieri dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti umani (che dipende dal Consiglio d’Europa e non ha a che fare con l’Ue), che ha dato ragione allo Stato italiano su una vicenda ormai ben nota, che riguarda i coniugi Donatina Paradiso e Giovanni Campanelli.

La coppia si era rivolta alla Corte di Strasburgo dopo che nel 2011 il comune di residenza, Colletorto (Campobasso), aveva rifiutato di registrare un bambino portato in Italia dalla Russia. Il piccolo, nato il 27 febbraio del 2011, era frutto di una gravidanza surrogata (vietata in Italia) in base a un contratto (dietro ovviamente compenso) con una società russa. La madre “in affitto” accettò che il bambino ricevesse un certificato di nascita russo come figlio della coppia, ma il consolato d’Italia a Mosca avvisò poi le autorità italiane che il documento conteneva dati falsi. Fu questo a far sì che il comune di Colletorto rifiutasse la trascrizione all’anagrafe del bambino come figlio della coppia. Inoltre, esami del Dna hanno rivelato che non vi è alcun legame biologico tra il piccolo e Campanelli, mentre la Paradiso aveva raccontato di aver portato liquido seminale del marito a Mosca per una fecondazione eterologa (anch’essa allora vietata in Italia). La coppia fu denunciata, il piccolo affidato ai servizi sociali dal Tribunale dei minori di Campobasso, nel 2013 è stato adottatoda un’altra coppia.

La sentenza di ieri – giunta anche dopo una grande mobilitazione di associazioni e una petizione firmata da 100mila persone, e grazie anche alle solide argomentazioni giuridiche del governo italiano – ha ribaltato una prima sentenza della stessa Corte europea del 2015. Sentenza in cui si accusava l’Italia di aver violato l’articolo 8 (diritto al rispetto alla vita privata e familiare), con obbligo di risarcimento da 30mila euro. Peraltro uno dei due giudici “dissidenti” che avevano criticato la sentenza del 2015 era Guido Raimondi, oggi presidente della Corte europea dei diritti umani. Con una sentenza approvata da 11 giudici (sei i contrari), la Grande Camera ieri ha invece stabilito che «non vi è stata violazione dell’articolo 8». «Tenuto conto dell’assenza di qualsiasi legame biologico tra il bambino e i ricorrenti – spiega – e la breve durata della loro relazione con il bambino (sei mesi ndr), e l’incertezza dei legami tra loro dal punto di vista giuridico, e nonostante l’esistenza di un progetto parentale e la qualità dei vincoli emotivi, la Corte ha ritenuto che non esisteva una vita familiare tra i ricorrenti e il bambino». Non basta, la Corte afferma che «le misure contestate hanno perseguito l’obiettivo legittimo di difen-dere l’ordine e proteggere i diritti e le libertà degli altri. A questo riguardo (la Corte ndr) considera legittimo il desiderio delle autorità italiane di riaffermare la competenza esclusiva dello Stato di riconoscere la relazione parentale legale di un bambino, e questo esclusivamente nel caso di un legame biologico o di un’adozione legale, con l’obiettivo di proteggere i bambini». Infine, «la Corte ha accettato che i tribunali italiani, avendo concluso in particolare che il bambino non avrebbe sofferto di danno grave o irreparabile, come risultato della separazione, hanno trovato un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco». È qui un punto cruciale: «Accettare di lasciare il bambino con i ricorrenti sarebbe equivalso a legalizzare la situazione da loro creata in violazione delle regole del diritto italiano» – uno degli argomenti chiave del governo italiano. La sentenza oltretutto sottolinea che «la Convenzione (europea sui diritti umani ndr) non sancisce alcun diritto a diventare genitori».

La battaglia contro la maternità surrogata però continua: la Corte Europea non condanna la pratica di per sé, né, sostengono vari esperti, lo farà a breve. Cruciale, oltretutto, è la questione del «legame biologico» : se questo c’è – è il messaggio della Corte – allora, il discorso cambia, come dimostra una sentenza del 2014, diametralmente opposta a quella di ieri, che condannò la Francia sempre per il rifiuto di trascrivere il bambinol’uomo era padre biologico del bambino ottenuto con maternità surrogata. Rimane, comunque, che ieri la Corte ha segnato una pagina nuova.

Fonte: Avvenire.it

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