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Perché siamo grati a Servillo che sgrida lo spettatore con il telefonino

È successo a Napoli durante la rappresentazione dello spettacolo “Elvira”. Il gesto dell’attore-regista non è solo la richiesta di rispetto per il lavoro altrui, ma la denuncia della superficialità con cui viviamo ogni esperienza.

Dobbiamo ringraziare ed essere grati a Toni Servillo che, nei giorni scorsi, a teatro ha pubblicamente ripreso uno spettatore che non voleva saperne di spegnere il suo cellulare e metterlo da parte. L’episodio è accaduto al Teatro Bellini di Napoli, dove l’attore e regista è approdato durante la tournée dello spettacolo Elvira, che racconta una serie di lezioni attorno al monologo del personaggio omonimo nel Don Giovanni di Molière.

Ormai tutti noi trattiamo il telefonino come se fosse un’appendice del nostro corpo, da cui non possiamo separarci. Così, anche quando viviamo esperienze che richiederebbero un minimo di silenzio interiore – come l’andare a teatro – non abbiamo la capacità di staccarci da quell’oggetto, tanto utile quanto invadente. Il risultato è quello di mettere sullo stesso piano ogni gesto, ogni parola, ogni momento, come se fossero equivalenti e avessero lo stesso valore. O, peggio, di non viverli affatto, presi come siamo a dividere la nostra mente fra l’attività che stiamo svolgendo e una risposta su Whatsup, una ricerca su Google, un’immagine da postare su Facebook…

Richiamando lo spettatore maleducato, Servillo non ha soltanto preteso rispetto per il suo lavoro e quello degli attori, né semplicemente preteso che si creassero le condizioni necessarie affinché potessero concentarsi. Lo capiamo dalle parole con cui ha apostrofato l’homo telefonicus in sala. Dicendo «Abbiamo finito con questo cellulare? Qui ci sono persone vere, non è la televisione», l’attore-regista ha sottolineato l’alterità dell’esperienza che lui, da una parte, e gli spettatori, dall’altra, stavano vivendo. Se si vuole fare o vivere qualcosa di vero, se si vuole essere persone vere, bisogna impegnarsi, concentrarsi, creare quel vuoto che permetta al mondo esterno di entrare in noi e sollecitarci con la sua carica di novità e imprevedibilità.

Chi ha visto o conosce lo spettacolo Elvira sa che, in un certo senso, Servillo non ha potuto esimersi da intervenire contro lo spettatore. Elvira è un’opera tutta incentrata sulla ricerca della perfezione, su quel processo di incessante crescita spirituale che è l’unico antidoto alla mediocrità. L’allieva-attrice viene a più riprese, quasi in maniera esasperante, ripresa (pure lei, come lo spettatore!) dal maestro-regista perché non si deve limitare a riprodurre una parte, ma deve attuare in sé quel rinnovamento interiore che le permetta di immedesimarsi, diventando così una persona diversa. 

Capite perché Servillo è stato costretto a intervenire? E perché dobbiamo essergliene grati?

Sembra che tutti, in sala, abbiano applaudito…

Fonte: FamigliaCristiana.it

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