Quali saranno le tendenze digitali del 2017? Di cosa sentiremo più parlare nei prossimi mesi? Come cambierà la vita quotidiana di migliaia di persone grazie all’innovazione tecnologica? Abbiamo provato a individuare dieci parole chiave che torneranno con maggiore insistenza nel dibattito pubblico e che toccheranno più da vicino l’esistenza di ciascuno di noi.
Cyber spionaggio. Non si è parlato d’altro per intere settimane. Se un tempo le spie giravano con in tasca una pillola di cianuro da utilizzare all’occorrenza, adesso preferiscono navigare la più sicura Rete. Prima le elezioni americane vinte da Donald Trump, sulle quali aleggia l’ombra dei servizi segreti russi che avrebbero favorito il trionfo dei Repubblicani. Una guerra ibrida, quella tra le due superpotenze, che comprende blitz militari per carpire i segreti del nemico. Ma di crimini informatici sono piene anche le cronache italiane, con i fratelli Occhionero indagati per essersi intrufolati nelle email e nei computer di migliaia di persone legate alle istituzioni, alla politica e alla finanza a caccia di segreti. Dove porteranno le accuse non è ancora dato saperlo, ma resta il fatto che i crimini informatici – commessi da Stati o da privati – sono una realtà con la quale dovremo fare i conti.
Post-verità. La definizione è dell’Oxford English Dictionary, che ha eletto “post-truth” come parola dell’anno 2016: “Circostanze nelle quali fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare la pubblica opinione che gli appelli all’emotività e le convinzioni personali”. Che non sia una novità la delegittimazione dell’avversario politico attraverso la diffusione di notizie false è dato acclarato. Ma il fenomeno ha ora assunto connotati nuovi grazie alla Rete, che ha favorito una moltiplicazione globale e immediata di ogni post-verità (o bufala) sciorinata da pseudo esperti o perfetti sconosciuti.
Sembra concretizzarsi, in una certa maniera, l’inquietante assioma pentastellato dell’uno vale uno. Non conta la verità di ciò che si dice, ma il diritto di farlo. E il comune cittadino si trova disorientato di fronte a un effluvio di notizie di cui non riesce più a governare il senso.
Cloud. È la nuvola digitale che ci accompagna ovunque, anche senza saperlo. Uno spazio potenzialmente illimitato di archiviazione al quale possiamo accedere in qualsiasi momento e luogo, basta che ci sia una connessione internet disponibile. I vantaggi sono considerevoli, data l’enorme quantità di dati (fotografie, messaggi, appunti, etc.) che ciascuno conserva in smartphone e computer. Senza considerare le possibilità che si aprono per chi deve lavorare su documenti condivisi, o la sicurezza di avere sempre a disposizione una copia di backup di tutti i file a cui teniamo. I produttori di elettronica e le aziende digitali offrono ormai uno spazio gratuito a chiunque ne faccia richiesta, con la facoltà di implementarlo a pagamento. Ma i dubbi sulla riservatezza dei dati archiviati restano. D’altronde,
anche le nostre mail non sono così al sicuro come pensiamo:
ce lo insegnano i clamorosi casi di Gmail (che analizza e legge il contenuto delle casella elettoronica) o di Yahoo (oltre un miliardo di account violati).
E-commerce. Un centro commerciale a portata di clic. Continua a crescere il numero di persone che acquistano online: dalla lavastoviglie al tavolo del soggiorno, passando per le crocchette dei gatti o l’ebook introvabile nella libreria dietro casa. Velocità, risparmio ed efficienza sono le caratteristiche dei servizi offerti. Basta una carta di credito, un poco di dimestichezza con internet e il gioco è fatto. Lo sanno bene i proprietari delle più grandi aziende di commercio elettronico, che per ottimizzare il processo di lavoro non badano troppo alle condizioni in cui operano i dipendenti.
Precariato, ritmi massacranti, controllo ossessivo della produzione sono il prezzo da pagare per avere consegnato a domicilio l’ultimo tablet uscito.
Se questi sono i profeti del mondo nuovo, che sarebbe dovuto essere più libero e giusto, non siamo messi bene. A vederlo sembra proprio il vecchio capitalismo che i signori della rivoluzione digitale annunciavano di voler superare.
Realtà virtuale. La fotografia di Mark Zuckerberg, che durante il Mobile World Congress di Barcellona cammina sorridente tra file di uomini con i visori agli occhi, è inquietante. Il trentaduenne amministratore delegato di Facebook è strenuo sostenitore della (altrui) virtual reality, tanto da aver acquisito la società specializzata Oculus e aver investito decine di milioni di dollari. In un futuro vicino, immagina, la realtà simulata entrerà a far parte della vita di ogni giorno. Insieme a lui si stanno muovendo quasi tutti i big delle nuove tecnologie. È ancora presto per capire dove porterà tutto ciò, ma i primi sviluppi non tarderanno ad arrivare.
Internet delle cose. Sono sempre di più le apparecchiature e i dispositivi, oltre ai computer, che sono connessi a internet. Nel mondo si conta che siano circa 5 miliardi, e arriveranno a 25 entro il 2020: sistemi di allarme, telecamere, automobili, impianti di climatizzazione, lavatrici, lampadine, elettrodomestici e tanto altro ancora. Le applicazioni sono talmente numerose da estendersi anche al campo della salute, impiegando ad esempio dei dispositivi di controllo da remoto dei parametri biologici. L’obiettivo dichiarato è quello di semplificare la vita automatizzando processi che richiederebbero tempo ed energie supplementari, o favorendo l’accesso a informazioni altrimenti irreperibili. Con sempre più accessi aperti nelle nostre case e negli oggetti che ci portiamo dietro, il tema della riservatezza dei dati personali non si potrà sottovalutare.
On demand. Servizi su richiesta che vengono erogati al bisogno. Basti pensare a Uber, che fornisce un trasporto automobilistico privato attraverso una app che mette in collegamento diretto passeggeri e autisti, o alla televisione interattiva, che permette agli utenti di fruire a pagamento di un programma in qualsiasi momento. È il caso di Netflix, che alla fine degli anni ’90 offriva il noleggio di DVD e di videogiochi a domicilio e si è poi trasformata in un’azienda operante nel servizio dello streaming online on demand. Oggi conta oltre 70 milioni di clienti nel mondo, è presente in più di 190 Paesi e ha intenzione di cambiare radicalmente anche il mercato televisivo italiano.
Truffe online. Soltanto nel 2016 le Forze di polizia hanno bloccato le transazioni in frode per un importo superiore a 6 milioni e mezzo di euro. Decine di migliaia i casi di persone truffate ogni anno dai ladri della Rete, per un giro d’affari milionario. Si va dalle email con contenuto ingannevole, sempre più difficili da riconoscere perché scritte in perfetto italiano e profilate sulle abitudini della vittima, ai ransomware, programmi che infettano il computer e criptano tutti i dati presenti finché non si paga un riscatto (solitamente di entità modesta) per avere indietro i propri file.
Difendersi è sempre più difficile e un buon antivirus aggiornato non basta più.
È necessaria prudenza, oltre a una conoscenza almeno di base dei comportamenti da tenere su internet.
Cyber bullismo. Un’età compresa tra i 10 e i 16 anni, un’immagine di bravi studenti, una competenza informatica superiore alla media, incapacità a valutare la gravità delle azioni compiute online. È l’identikit del cyber bullo fornita dalla Polizia Postale: un giovane che utilizza internet per fare ciò che non ha coraggio nella vita reale. Gli ultimi dati ufficiali risalgono a un’indagine Istat del 2014, dalla quale emerge che poco più del 50% degli 11-17enni ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze. Il 19,8% è vittima assidua di una delle “tipiche” azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese. Le ragazze sono le più colpite (7,1% contro il 4,6% dei maschi) mentre il 63,3% degli adolescenti è stato testimone di comportamenti vessatori di alcuni ragazzi verso altri.
Privacy. È forse la questione principale (e più delicata) per chi utilizza i nuovi strumenti di comunicazione. Garantire che le informazioni personali siano trattate nel rispetto delle norme che le regolano è quasi un’impresa disperata di fronte ai giganti che dominano il mondo digitale.
Come ti chiami, quanti anni hai, dove sei nato, che lavoro fai, con chi sei sposato: sono i primi dati che chiede Facebook al momento dell’iscrizione. Di lì a conoscere il resto della propria vita il passo è breve: cerchia di amicizie, preferenze di acquisto, luoghi visitati, livello di istruzione, preferenze politiche, orientamento sessuale..
Praticamente ogni aspetto è conosciuto al social network più usato al mondo. E chi ci assicura che tutta questa mole di informazioni non venga utilizzata come merce di scambio per inserzionisti pubblicitari o a fini ben peggiori?
Fonte: AgenSir.it