La sedicesima edizione della tre giorni toscana quest’anno dedicata a Pirandello. Da tutta Italia, 3.600 studenti si sono confrontati sull’autore siciliano, con esperti e compagni. Il diario di alcuni di loro
Tremilaseicento studenti da tutta Italia al Palacongressi di Firenze, dal 2 al 4 marzo, per la XVI edizione dei Colloqui Fiorentini. Un percorso che comincia nelle classi, ogni anno su un autore differente. Per culminare, quest’anno con Pirandello, in seminari e incontri di alto livello e con la premiazione dei lavori migliori. I ragazzi di una classe di un liceo sardo, l’Asproni di Nuoro, raccontano cosa hanno vissuto. La preparazione, il viaggio, i tre giorni in Toscana. E il nuovo inizio che li aspetta.
27 febbraio. Le valige
Le quattro del pomeriggio. Tutti a provare ancora, per l’ultima volta, l’ennesima. Eravamo carichi, ci sentivamo pronti, euforici. Trentasei ragazzi, ciascuno con la sua maschera bianca e il foglio con la citazione di Pirandello che avremmo dovuto leggere. O meglio, interpretare, aiutati dalla prof. Attendevamo solo l’arrivo dei genitori, con un po’ di ansia, in una classe della sede centrale. Ed ecco, una volta che tutti si sono seduti, il nostro ingresso nell’Aula magna del liceo: schierati lungo due file parallele, quando è partita la musica ci siamo alzati e abbiamo tolto la maschera; quindi, uno ad uno, dopo aver letto ciascuno la sua citazione ci siamo disposti di fronte al pubblico, consegnando le nostre opere ai genitori. Una ragazza, Chiara, ha letto un discorso di ringraziamento rivolto non solo alle famiglie ma anche alla nostra insegnante, che ha creduto fino in fondo in noi. Poi, Francesco ha recitato un monologo dell’Enrico IV, celebre opera di Pirandello. Siamo tornati a casa commossi: avevamo una valigia da preparare per la partenza del giorno dopo! E sapevamo che ci avremmo messo dentro anche le emozioni di quel pomeriggio.
28 febbraio – 1 marzo. Il viaggio
Oggi siamo partiti! Ci sembra strano dirlo, quasi non ci crediamo neanche noi, ma il lungo viaggio che abbiamo fatto in questi mesi tra i testi di Pirandello ora sta per coronarsi con un altro viaggio, questa volta reale, che ci vedrà andare a Firenze ed immergerci nell’atmosfera di incontro con l’autore ancora di più di quanto abbiamo fatto in questi mesi nella preparazione delle nostre tesine. Ci aspettano tre giorni di lezioni e seminari su Pirandello che, siamo certi, ci arricchiranno e lasceranno in noi qualcosa di bello e appagante. E che ci servirà adesso e in futuro per capire meglio noi stessi ed il mondo che ci circonda.
La nave percorre la tratta Olbia-Livorno. Questa mattina siamo stati a scuola, si è fatta regolare lezione. Ma appena tornati a casa ci siamo fiondati verso le valigie, per ricontrollare che ci fosse tutto, fare gli ultimi accorgimenti, in una frenetica agitazione. Ci siamo riuniti e siamo saliti sul pullman col nostro carico di vestiti, accessori, domande e aspettative. Due ore di coretti da stadio, canzoni di chiesa e strepitose performance in inglese, di certo gradite dalle orecchie del povero autista che ci accompagnava verso il porto. Molti di noi erano mascherati per il martedì grasso: pirati, calciatori, topolini, soldati, mariachi messicani… Le occhiate che si sono scambiati i marinai vedendoci conciati così non hanno prezzo.
In viaggio, tra onde ed emozione, molti hanno faticato a dormire. Al mattino la Toscana ci ha accolto! È il nostro primo giorno, vigilia dell’inizio dei Colloqui Fiorentini. Prima in esplorazione a Pisa, poi Firenze, in un’avanscoperta tra le sale degli Uffizi e le vie della città, già carichi di adrenalina, desiderosi di far nostro ogni istante.
2 marzo. Si comincia a fare sul serio
Il primo giorno è sempre quello più delicato e più atteso. Abbiamo sentito parlare tanto di questa esperienza da chi l’ha già vissuta, ma le parole dette prima poco contano davanti alla folla di ragazzi all’entrata. Subito percepiamo tutta l’atmosfera come qualcosa di nostro, e non vediamo l’ora che si cominci davvero.
Alle 8.30, le iscrizioni. Gli insegnanti preparano e limano i dettagli finali, prima della consegna del badge con indicati i padiglioni in cui, giorno per giorno, dovremo andare.
Mattina del primo giorno, padiglione Cavaniglia: come inizio non poteva essere migliore! Saremo nella sala con più capienza, oltre duemila posti. E avremo la possibilità di vedere gli interventi dal vivo mentre nelle altre sale verranno proiettati.
Ad accoglierci troviamo i ragazzi dello staff, che con gentilezza e grande organizzazione, ci indicano dove prendere posto. Cala il silenzio e siamo pronti a ricevere il benvenuto da professor Gilberto Baroni, volto storico dei Colloqui. Siamo tutti senza parole: sentiamo di appartenere a quest’ambiente, e di non volerlo lasciare.
Ecco si parte: l’introduzione. Non sarà uno sconosciuto a tenerla, ma la nostra prof, Mariantonietta Galizia. Siamo emozionati. Conosciamo la fatica e il lavoro che c’è stato dietro. E noi siamo lì, pronti a darle conforto e sicurezza con lo sguardo, cercando di non far intravedere l’ansia che, come lei, colpisce anche noi: «Tu sei per me uno stupore: è lo stupore con cui i nostri occhi, attraverso quello dei personaggi pirandelliani, guardano alla realtà intorno, che ci svela ad un tratto la nostra anima, oltre l’apparenza, oltre il rischio di una routine che spegne la nostra capacità di provare meraviglia… Scoprire con pensosa leggerezza che dentro di noi c’è un’anima, che in essa palpita un demone e che sopra di noi, sopra il nostro soffitto, il nostro fragile cielo di carta, c’è un cielo di stelle e di luna». Un applauso finale chiude l’intervento. Il cuore batte forte e gli occhi non trattengono la commozione.
Ci riprendiamo, è il momento del primo dei due interventi della mattina, quello del professor Carmine Di Martino, filosofo della Statale di Milano. Partendo da Il fu Mattia Pascal, analizza e presenta la figura di Pirandello come scrittore-filosofo, che ci porta alla ricerca di un’espressione autentica, facendo crollare le maschere e le forme imposte dagli altri. Dobbiamo essere con gli altri come siamo con noi stessi, facendo sempre emergere il nostro io che ci rende unici. Tutto questo, però, senza dimenticare che l’uomo si reputa sempre più importante di ciò che è.
Poche ore di convegno e già abbiamo capito quanto sia irripetibile questa esperienza. Venti minuti di pausa, per prendere aria fuori dal padiglione discutendo di quanto appena visto. E poi dentro, per il secondo intervento. A prendere la parola è il professore e scrittore Alessandro D’Avenia. Subito abbiamo la percezione di avere a che fare con una persona che non ama il convenzionale metodo d’insegnamento fatto di vita, morte, miracoli degli autori e, forse, di qualche stralcio di testo. D’Avenia racconta di non sopportare i libri che si concentrano su concetti astratti piuttosto che sul significato vero e proprio dell’opera, in un’accozzaglia di nozioni funzionali solo “all’interrogazione”. Parla della bellezza della vita e dell’importanza dello sguardo. La vita, infatti, pur nella sofferenza, è bellissima. Noi, però, per viverla fino in fondo, dobbiamo fare in modo che essa sia “libera e nuda”. È necessario dunque toglierci le maschere liberandoci del personaggio che in qualche modo, spesso, ci cuciamo addosso. Non è facile, ma ci sono momenti in cui si è davanti allo sguardo di persone amate, gratuito, che non si aspetta qualcosa in cambio, nel quale troviamo noi stessi e in cui ci “spogliamo”.
Parole da cui non smetteremmo di ascoltare, quelle di D’Avenia; ma arriva la pausa pranzo. Alle 14 si riprende, con il seminario pomeridiano, guidato dal professor Baroni e dalla nostra professoressa Galizia. Si torna nel salone, dove inizia il dibattito tra noi studenti. Partendo da due domande, nate dai lavori preparatori di questi mesi, di cui uno è il nostro: i personaggi di Pirandello hanno uno sguardo di apertura alla realtà e positività o di chiusura? Si nascondono o no dietro a una maschera?
Il dibattito è acceso. «Il problema più grande non è la ricerca della felicità: ogni personaggio dell’autore, in fondo la vive, angosciosa e che si protrae all’infinito. Non c’è un momento particolare in cui si arriva alla felicità, ma il suo raggiungimento è graduale e duraturo. La questione è capire se è abbastanza per salvare i protagonisti. Adriana Paggi, protagonista della novella Il viaggio, tocca per un “attimo eterno” la felicità, e le basta. La malattia la consuma ma muore consapevole di aver provato quel “gusto della vita”, un sentimento profondo e inconfondibile. La sorte dei personaggi pirandelliani non è abbastanza per cancellare quel momento perpetuo». È questo il cuore dell’intervento di una ragazza di Padova, in cui si coglie la bellezza dei Colloqui, del dialogo tra ragazzi che accade incontrando un autore e che permette a noi stessi di incontrarci, nonostante tutte le possibili differenze.
Dopo la presentazione di alcuni lavori nella sezione “arte” dei Colloqui, alle 16 e 30 siamo pronti a goderci Firenze. Come primo giorno non sarebbe potuto andare meglio. Aspettiamo con trepidazione domani per rivivere le emozioni di questa prima giornata, e tutta l’aria magica che solo qui si respira.
3 e 4 marzo. Tornare a casa pieni
L’adrenalina dell’inizio è stata smaltita durante la serata. Non si può dire lo stesso delle aspettative e dell’entusiasmo. È chiaro che la scarica emotiva che ha travolto noi e gli altri 3.600 ragazzi dei Colloqui non ci lascerà così facilmente.
La magia di questa esperienza fiorentina sta nel riuscire a mettere in luce tutto ciò che normalmente noi ragazzi – per banalità, superficialità o semplice inconsapevolezza – snobbiamo e svalutiamo: qui la Letteratura prende nuova vita, ci appartiene e ci corrisponde in una realtà che non ha tempo né spazio. E con lei tutta la scuola. Così anche le lezioni di venerdì mattina, tenute da Pietro Gibellini, docente dell’Università Ca’Foscari a Venezia, e dall’attore e regista Pietro Sarubbi si sono mostrate come l’ennesima conferma di questa regola non scritta dei Colloqui.
Gibellini ci ha dipinto il dramma umano osservandolo dalla prospettiva delle tragedie antiche, passando poi dalla filosofia seicentesca per giungere allo stesso dramma che apparteneva ai personaggi di Pirandello, uno fra tutti, Mattia Pascal. Sarubbi, quindi, ha ripreso in mano le redini della “quotidianità” teatrale mostrandoci, ancora una volta, la vicinanza tra ciò che studiamo e ciò che siamo. I personaggi “in cerca d’autore” hanno quella sete di autenticità che dovrebbe essere la stessa nostra: la seconda mattina di “lezione” (magari fossero tutte così!) si è conclusa con un invito a vivere la vita e le ambizioni – piccole o grandi che siano – come un capolavoro, alla portata di tutti noi. Sulla scia di queste sfide, i seminari pomeridiani hanno ripreso le idee di coscienza, di morale e di autenticità. In tanti si sono messi in gioco, fermati solo dal fatto che non c’era più tempo per intervenire. Con l’evidenza della bellezza di sentirsi uniti in questa ricerca che non ha mai una fine…
Ad aspettarci, l’ultima notte, l’ultima assemblea, con le tanto attese premiazioni. Se c’è una cosa che ci ha colpito è senza dubbio l’atmosfera del sabato mattina. La stanchezza, che ormai si faceva sentire, è passata del tutto in secondo piano, pieni di adrenalina nell’attesa di sentire i nomi dei premiati, di sentirne di conosciuti, di sentire il proprio o semplicemente di vedere le facce incredule di chi si sentiva chiamato. Sembrava non esserci niente che distinguesse l’uno dall’altro, perché la fatica che stava dietro ai lavori di ognuno di noi era la stessa, e, chiunque avesse vinto, quel premio sarebbe stato per tutti.
Le conclusioni del direttore dei Colloqui, il professor Pietro Baroni, ci hanno dato la piena dimensione di ciò che avevamo vissuto: «La verità di Pirandello è che ho bisogno dell’altro per esserci, per esistere e per avere coscienza di me; ho bisogno di uno sguardo che mi salvi». E di “altri” noi ne avevamo ben 3.600! La premiazione, gli applausi infiniti, le mani rosse e doloranti a furia di batterle e gli occhi che guizzavano da una parte all’altra della sala per cercare dove fossero i vincitori; e poi la fine, i ringraziamenti… E, una sensazione nuova: una nostalgia all’idea di tornare a vivere la quotidianità, ma al contempo la sorpresa di vivere una strana felicità per cui non potevamo abbandonare quanto vissuto al Palacongressi di Firenze.
I Colloqui non possono essere finiti lì: quello sguardo, da cui tutto è iniziato, che si è rinnovato in continuazione durante quei tre giorni, non può che essere l’ennesimo, nuovo inizio.
Fonte: Tracce.it