Se il provvedimento annunciato dal ministro della Giustizia della Germania, Hieko Maas (Spd), dovesse raccogliere anche il consenso del Bundestag, i colossi del web potrebbero seriamente iniziare a tremare: la legge anti-fake news, infatti, è ormai prossima all’approvazione e, senza dubbio, si tratterà della più importante normativa in merito alla diffusione di false notizie sulla rete e alle conseguenze alle quali marchi come Facebook e Twitter andrebbero incontro qualora non provvedessero a rimuoverle velocemente. Naturalmente, il provvedimento si estende non solo ai cosiddetti “fake” ma anche ai contenuti di natura pedopornografica o istiganti all’odio etnico: una vera e propria muraglia contro i contenuti nocivi agli utenti e alla stessa credibilità dei social che, qualora si attenessero in pieno alle nuove direttive, andrebbero ad acquisire senza dubbio una maggiore reattività nella cancellazione delle calunnie o dei post dannosi di quella riscontrata finora.
Una normativa semplice che, finalmente, potrebbe seriamente contribuire a limitare la diffusione di materiale equivoco o discordante attraverso quello che, al giorno d’oggi, è senza dubbio lo strumento di relazione (e comunicazione) più utilizzato a livello planetario, regolamentando tempi e modi d’intervento da parte dei gestori. Solo per fare alcuni esempi, qualora i contenuti fossero ritenuti eccessivamente offensivi o provocatori, il social è tenuto a rimuoverli nell’arco di 24 ore. Altrimenti, i tempi si dilaterebbero a una settimana.
Eppure, al momento dell’annuncio, la proposta del ministro tedesco aveva riscontrato ben pochi consensi e molti mugugni da parte dei giganti informatici, secondo i quali il provvedimento avrebbe assunto i tratti di una censura. La pronta risposta di Haas era stata incentrata proprio sulle prerogative che, teoricamente, sarebbero alla base della comunicazione social: scambiare informazioni, non fake-news. Del resto, attraverso un monitoraggio più accurato dell’interscambio virtuale ci sarebbe ben più da guadagnare piuttosto che da perdere. E non solo a livello prettamente etico ma anche e soprattutto comunicativo. In fondo, della regolamentazione del web (anche alla luce di fenomeni gravi quali il cyberbullismo che nella rete trovano terreno fertile), si è a lungo discusso: e, in simili contesti, porre una maggiore attenzione a tutela dei fruitori non può in alcun modo essere considerata una censura. Piuttosto, l’esempio della Germania dovrebbe essere letto (e interpretato) come un metodo per salvaguardare gli interessi, l’immagine e, soprattutto, i diritti d’espressione di un numero potenzialmente infinito di internauti. Qualcosa di cui, mai come oggi, c’è davvero un gran bisogno.
Fonte: Mattia Damiani – InTerris.it