Vorrei vedere tutti i preti italiani, uniti ai loro vescovi, scendere in strada per portarsi davanti al Senato supplicando il Creatore di illuminare le menti dei politici al fine di salvare la vita delle persone più inermi e più sofferenti anziché promuoverne il loro tanto disinvolto quanto più rapido possibile smaltimento!
Come potremo noi presbiteri restare in silenzio dinanzi all’assassinio di persone che per legge sono condannate a morire di stenti, di fame e di sete? Anche Gesù, dinanzi alla morte che ormai lo avvolgeva, supplicò il ristoro di un sorso d’acqua! Neanche il condannato a morte può essere lasciato privo di idratazione! E forse si può lasciare morire di sete un nostro animale?
Di solito, noi padri e pastori abbiamo avuto sempre la legittima disposizione di invitare i laici a manifestare, incoraggiando in tal modo più la volontà del popolo che quella del clero o delle istituzioni ecclesiastiche. Ma questa volta come possiamo restare inermi a guardare? Come si può tacere o aspettare che qualcuno troppo tardi si accorga del minaccioso olocausto in arrivo? E come può un sacerdote che è padre e pastore non schierarsi dalla parte dei più indifesi? “Ho avuto sete e mi avete dato da bere… Ero malato e siete venuti a curarmi”. C’è una forza nel corpo mistico di Cristo che non può rischiare una forma di lassismo così grave né abituarsi ai tradimenti. La gente ha diritto e bisogno che noi sacerdoti testimoniamo il Vangelo nelle vicende quotidiane, nell’attualità più drammatica, nelle scelte scomode; il popolo ha bisogno di vederci impegnati in prima linea a difendere la vita sempre, in qualsiasi modo e circostanza, con tutti i mezzi, anche a costo del martirio.
Come non ricordare oggi quel centinaio di sacerdoti uccisi dai partigiani nel triangolo rosso dell’Emilia Romagna proprio nel periodo della “liberazione”?! Hanno cercato di seppellire oltre che i corpi, prima seviziati e torturati, anche la storia affinché non si ricordasse l’ingiustizia subita da quella Chiesa “in uscita” negli anni 1943-1949. Così come abbiamo il dovere di ricordare il silenziamento subito dai Gesuiti in Giappone nel ‘600, storie di grandi persecuzioni di sacerdoti promotori della cosiddetta “dottrina perversa”, come fu definita dall’Impero nipponico e per due secoli rimasta nascosta. Ma di preti e vescovi silenziati, umiliati e anche uccisi la storia non solo ne è piena ma continua ad annoverarne ancora oggi in varie forme e non solo nella tanto discussa Cina.
Nel tempo della rete sembra assurdo descrivere il silenziamento dei preti: per alcuni infatti potrà sembrare solo un retaggio storico ma non è così. Il rischio di nuove forme e di figure dittatoriali è sempre presente, come la storia insegna; ciò che cambia sono i terreni di coltura e le modalità di proselitismo. Tuttavia un dato che le caratterizza e che rimane sempre uguale a se stesso corrisponde al bisogno di mettere a tacere le verità scomode come quelle annunciate dal Vangelo, da sempre minaccia indiscussa per le scelte e i comportamenti immorali dei governanti di ogni epoca e di ogni nazione.
I preti europei, dunque, potrebbero ritenersi fortunati. Tuttavia, molti di essi che vivono nei Paesi dell’Occidente secolarizzato e desacralizzato vengono sottoposti a forme ben più subdole di repressione. Da svariati decenni, infatti, la maggior parte dei sacerdoti impegnati in vari modi nella formazione vengono silenziati da una campagna mediatica di fango e di intimidazioni senza precedenti. Purtroppo ci sono stati anche alcuni preti, sia pure una minima parte, a facilitare questa attività di delegittimazione attraverso comportamenti del tutto errati.
Il sacerdote è stato messo in cattiva luce, come persona di cui non fidarsi troppo, a cui riconoscere al massimo il compito di celebrare i Sacramenti, di recarsi a benedire i malati, di mettersi in ascolto delle anime senza osare interferire più di tanto nel tessuto sociale. Al massimo si accettano o si tollerano originali predicatori “carismatici” con la finalità spesso di ridicolizzarli.
Ancora oggi, in diversi Paesi i sacerdoti sono strettamente controllati, spesso perseguitati e uccisi. Sappiamo che non sono poche quelle aree del mondo dove la presenza di un consacrato costituisce una minaccia o un pericolo. La maggior parte dei sacerdoti occidentali svolgono oggi un lavoro sotterraneo e cioè umile, discreto quasi a non voler urtare la suscettibilità di coloro che la “pensano diversamente”… sì, perché ormai per molti la religione, la cristianità, il cattolicesimo viene ritenuta solo un’opinione tra le tante, piuttosto anacronistica e superata, al massimo da interpretare ma sicuramente da non prendere troppo sul serio come invece la sua cifra esige.
Anche i sacerdoti sessantottini hanno tirato in qualche modo i remi in barca, quasi addomesticati dalla contemporaneità secolarizzata. Come sarebbe bello vedere i giovani preti nuovi esploratori dell’orgoglio evangelico e cattolico; vederli mobilitarsi anche fuori dalle chiese per il Regno dei cieli, stupire con la testimonianza autentica di Cristo, di un Gesù diretto e non mediato da mille tentennamenti o da fasulli compromessi; uscire da un contesto stagnante per mostrare il vigore del legno verde. Certo, la maggior parte dei sacerdoti è sulla via della santità, credibili e straordinari perché testimoniano Gesù con tutto loro stessi. I consacrati tutti vanno amati e stimati, ascoltati e perdonati; nello stesso tempo essi devono avere il coraggio di bussare ritornando in mezzo alla gente con la radicalità del Battista.
L’umanità ha bisogno di queste presenze spirituali e sacre, appassionate di Gesù e di veri “cristofori” (portatori di Cristo) per le nuove generazioni. Le piazze, le strade, le scuole, il mercato devono essere le nostre nuove chiese, ovunque ci sia umanità pulsante è necessario che il sacerdote edifichi la Chiesa.
Non si può evangelizzare dando qualcosa o facendo qualche gesto simbolico, clientelare… il prete può solo andare contro corrente e spezzare le catene dell’indifferenza e per farlo deve testimoniare il Vangelo di Gesù in ogni contesto, soprattutto in quelli più scomodi, e deve farlo prima di tutto con il suo impegno e il suo esempio, rispondendo ad una missione. Altrimenti sta facendo un altro mestiere.
Fonte: Aldo Buonaiuto | InTerris.it