Numerose voci associative, culturali e scientifiche del cattolicesimo italiano hanno preso posizione nel dibattito sulla norma Ecco alcuni rilievi e proposte
Prosegue da otto mesi il dibattito attorno alla legge sul fine vita, nel quale molte espressioni dei cattolici italiani hanno saputo far ascoltare la propria voce, con accenti anche molto diversi ma una sostanziale convergenza di giudizio. Mentre il Senato valuta i possibili correttivi a regole ancora ampiamente rivedibili, ecco un quadro delle proposte di modifica da associazioni, istituzioni scientifiche e movimenti, a partire dallepiù recenti.
Associazione medici cattolici (Amci). Il testo sulle Dat ha aspetti «contraddittori e controversi». Il presidente Filippo Maria Boscia propone «di introdurre il divieto di ogni forma di eutanasia anche omissiva e il riferimento esplicito ai reati di omicidio del consenziente e di aiuto al suicidio». L’Amci chiede di «prevedere l’obiezione di coscienza della struttura sanitaria pubblica o privata accreditata rispettando il Codice etico e la carta dei valori di quellastruttura».
Associazione Papa Giovanni XXIII.Un maggiore peso va dato al rapporto tra medico e paziente: «Chiediamo che si valorizzi il concetto di alleanza terapeutica con un congruo tempo di maturazione delle motivazioni del paziente circa le cure necessarie alla sua patologia, a seguito di un percorso di consapevolezza che gli assicuri la vicinanza professionale e lacompetenzadelmedico».
Unione giuristi cattolici italiani.L’Ugci apprezza il testo «là dove indica tre limiti alle dichiarazioni anticipate e in generale alla volontà del paziente: la non violazione di norme di diritto positivo; il rispetto della deontologia professionale; il rispetto della buone pratiche cliniche». La mediazione «dovrebbe coinvolgere anche i riferimenti alla nutrizione e l’idratazione con la specificazione che, ove artificialmente somministrate, rientrano tra le cure dovute al paziente terminale, quando non risultino troppo gravose o di alcun beneficio».
Associazione nazionale medici istituti religiosi ospedalieri. «È inaccettabile in scienza e coscienza – afferma l’Anmirs – considerare nutrizione e idratazione alla stregua di meri trattamenti sanitari e dunque affidarne la somministrazione alla sola volontà del paziente ». Per il segretario nazionale Donato Menichella «la sospensione aprirebbe le porte all’eutanasia ». E questo è «un modo di operare in contrasto con il nostro orientamento etico».
Comitato Verità e Vita.La legge «è diretta a favorire scelte non consapevoli né libere degli interessati e, soprattutto, decisioni prese da terze persone». Il giudizio del Comitato è netto: «Tutto il disegno è ispirato all’obiettivo di permettere la morte procurata di quante più persone possibili: il legislatore esprime palesedisinteresse verso l’erogazione delle terapie migliori per i pazienti, cosicché i rifiuti delle terapie, anche salvavita, sono sempre vincolanti per i medici».
Movimento per la vita.
«Questa legge – denuncia il presidente Gian Luigi Gigli – obbliga tutte le strutture sanitarie a obbedire all’ideologia di Stato. Al di fuori della condizione di terminalità, la sospensione di idratazione e nutrizione costituisce una richiesta di suicidio assistito o di eutanasia omissiva. Togliere l’alimentazione nei casi sia somministrata in modo appropriato e proporzionato equivale ad avere deciso di affrettare la morte di un paziente che non stavamorendo».
Università Cattolica. «Se la legge sulle Dat sarà approvata così com’è – dichiara Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina a Roma – rischiamo di andare incontro a denunce e condanne, ma al Gemelli non potremo assistere a una morte ed eventualmente favorirla con atti omissivi gravi. È un arbitrio pensare di poter obbligare un medico a fare ciò che vuole un’altra persona. In più si rifiuta il concetto di ospedale religioso, che si potrebbe confrontare con forme molto vicine all’eutanasiao al suicidio assistito».
Forum Socio-sanitario. «Viviamo un momento storico in cui prevale la cultura dello scarto», è il giudizio di Aldo Bova, presidente nazionale», con «l’atteggiamento di trascurare e abbandonare i soggetti anziani o grandi anziani». La legge sul biotestamento «riteniamo presenti una via mascherata verso l’eutanasia. Occorre fare ogni sforzo possibile per promuovere nell’opinione pubblica la culturadella vita, che va tutelata sempre».
Associazione religiosa istituti socio-sanitari.
«Massimo rispetto per la legge – sottolinea padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris, sigla che riunisce l’ospedalità cattolica –, chiediamo però anche rispetto anche per la nostra libertà di coscienza. Non possiamo condividere il fatto che nutrizione e idratazione siano di fatto totalmente ascritte alla determinazione del paziente e rese disponibili alla responsabilità del medico che è chiamato in tempo reale al suo letto per valutare, in scienza e coscienza, il concreto sviluppo di una con-dizione clinica che nessuna ‘dichiarazione anticipata’ è in grado di presumere».
Casa sollievo della sofferenza. «Ciò che laicamente colpisce – rimarca Domenico Crupi, direttore generale – è la norma in conseguenza della quale anche le strutture sanitarie cattoliche, convenzionate con il servizio sanitario, non potranno chiedere alle Regioni di essere esonerate dall’applicazione delle norme sul biotestamento che non siano coerenti con i carismi fondazionali, cuore dei servi erogati. L’essenza giuridica del rapporto pubblico-privato non giustifica l’imposizione di obblighi su temi eticamente sensibili, se non ricorrendoaformericattatorie».
Ospedale Bambino Gesù. «L’aspetto che mi lascia molto perplessa – sottolinea Mariella Enoc, presidente dell’ospedale pediatrico romano – è che si lasci a una persona la libertà di scelta e che il medico diventi un puro esecutore senza che ci sia un percorso di relazione. I veri scarti sono oggi queste persone che stanno diventando un peso per la società», e per questo «sovente chiedono di morire. Ma noi ci dobbiamo chiedere che cosa abbiamo fatto in realtà per queste persone, fino a dove le abbiamo aiutate, fino a dove abbiamo dato la fiducia che la medicina avanza, che la ricerca va sostenuta, che non ci perdiamo di coraggio».
Università Campus bio-medico. «Il ddl – dice Giorgio Minotti, preside di Medina dell’ateneo romano – scardina la dinamica medico-paziente e la riduce a una selezione programmata di atti terapeutici o della loro sospensione » portando «con sé un’interpretazione riduttiva del ruolo del medico». «È un atto che carica di eccessiva responsabilità lo stesso paziente, mettendolo nella condizione di programmare il proprio percorso ed espropriando il medico dalla sua naturale funzione di accompagnamento e sostegno».
Scienza & Vita. «Desta preoccupazione – mette in guardia il presidente Alberto Gambino – il dovere del medico di astenersi dalla somministrazione di terapie ogni qualvolta ci si trovi di fronte a un paziente ‘con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte’, espressione che lascia molti margini di soggettività». Ma «ci sono situazioni che invecesi prolungano per anni».
Medicina e Persona. «Non è in nessun modo definibile attraverso una legge – afferma l’associazione di medici – il contenuto precipuo della professione medica, che consiste nel rapporto di cura che lega il medico al suo paziente. Tutto l’impianto della proposta di legge si basa su norme ‘difensive’ quasi che fosse assodato che nel rapporto di cura il paziente debba difendersi dal medico che vuole prevaricarlo e il medico debba temere che il paziente possa accusarlo di prevaricazione».
Fonte: Graziella Melina | Avvenire.it