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Gli psicologi ci ripensano: «No ai processi alle idee»

L’Ordine lombardo: ruolo di madre e padre? Nessuna crociata contro gli specialisti cattolici. Il presidente Bettiga dopo il caso dello psicologo accusato di aver difeso l’essenzialità dei ruoli.

«L’Ordine degli psicologi non contesta la libertà di manifestazione del pensiero o la libertà di coscienza, né ha mai utilizzato la deontologia a scopo ideologico o persecutorio». Riccardo Bettiga, presidente dell’Ordine della Lombardia parla con calma, sorridendo. Come se anche il tono delle parole fosse determinante per trasmettere la sensazione di una volontà. Quella di appianare i dissidi e far passare il messaggio che non c’è alcun ‘caso’.

Lui lo ribadisce in modo ancora più chiaro: «Nessuna crociata contro gli psicologi cattolici e nessun procedimento disciplinare su pensieri, idee e opinioni». Il ‘caso’ invece c’è, eccome. Ed è stato proprio l’Ordine degli psicologi ad avviarlo, approvando l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti di Giancarlo Ricci, psicologo e psicoterapeuta milanese di vasta e indiscussa esperienza, ‘colpevole’ di aver tra l’altro affermato che la «funzione di padre e di madre è essenziale e costitutiva del processo di crescita », come abbiamo riferito nel dettaglio lo scorso 4 maggio. Madre e padre ‘essenziali’ per un bambino. Ovvietà, sembrerebbe, più che opinione su cui discutere o, addirittura, posizione ideologicamente connotata su cui imbastire un processo.

Il presidente Bettiga risponde alzando gli occhi al cielo. «Non posso entrare nel merito. Questa è stata una decisione presa a maggioranza. Il 25 maggio ci sarà la riunione e decideremo. Non siamo un tribunale corporativo ma un’interfaccia corporativa». Risposta doverosa per chi deve comunque tutelare un organismo professionale e non intende assumere posizioni divergenti rispetto agli altri consiglieri. Ma se potesse svestirsi un attimo dal suo ruolo e valutare da ‘uomo della strada’, non c’è dubbio che anche Bettiga riconoscerebbe l’inconsistenza degli addebiti. Ma non può. E allora si trincera dietro un ragionamento che la dice lunga: «C’è una complessità dietro i nostri atti, anche quelli disciplinari, che rischia di far cogliere dall’esterno situazioni molto più grandi di quello che in realtà sono». Non è abbastanza per tradurlo in un auspicio di archiviazione nei confronti di Ricci. Ma abbastanza per cogliere la volontà di de-ideologizzare la questione, per ribadire che gli psicologi lombardi – e speriamo anche quelli di altre regioni – sarebbero liberi di affrontare e di dibattere qualsiasi problema scientifico. Anche quello relativo all’accompagnamento terapeutico di persone a disagio con la propria identità sessuale? Anche se orientata verso l’omosessualità?

«Sì, dobbiamo avere la libertà di esplorare, senza posizioni pregiudiziali – ribadisce Riccardo Bettiga – l’orientamento sessuale dei nostri clienti. Naturalmente ogni corrente psicoterapeutica che mirasse con la propria azione professionale a condizionare verso eterosessualità o omosessualità, andrebbe segnalata perché contraria alla deontologia professionale». Ma questo non è il caso di Giancarlo Ricci a cui non viene imputata alcuna ‘terapia’ vietata ma – al di là di quanto sostiene Bettiga nelle sue vesti di presidente dell’Ordine – soltanto opinioni diverse rispetto al pensiero unico della lobby lgbt imperante tra gli psicologi. Opinione nostra, naturalmente, non certo di Bettiga, che conclude limitandosi a comunicare un dato statistico: «Il 90% dei procedimenti disciplinari viene archiviato».

Fonte: Gli psicologi ci ripensano: «No ai processi alle idee» | Avvenire.it

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