L’idea di cambiare “colore” alla balena e senso di marcia nella direzione della vita è venuta a un’insegnante di sostegno della delle medie Nino Costa e Canonica di Moncalieri, Valentina Rossi. Che ne ha parlato, poi, con la collega Claudia Pinna per condividerla, infine, immediatamente con la preside Valeria Fantino.
«Un gioco nato dall’esigenza in classe dei ragazzi di capirne di più» ci racconta la dirigente scolastica che ha accolto favorevolmente la proposta. «Ecco allora che invece di insistere sul fenomeno Blue Whale abbiamo ben pensato che fosse meglio fare una controproposta positiva. 50 mosse verso la felicità. E poi ci è venuto in mente di focalizzare la cosa sui piccoli momenti positivi che trascorriamo in una giornata. I ragazzi sono abituati ad avere tutto e non apprezzano più le piccole cose. La bibita fresca quando fa caldo, sentire i grilli nel campo, una bella interrogazione. Il loro focus è sul possesso, ovvero “ ho e quindi valgo”. È importante invece tornare a non dare tutto per scontato. Ecco perché a breve apriremo una pagine Facebook “The white whale” appunto, gestita da me, dalle due prof che hanno ideato il gioco e da Mattia Lenzi, responsabile del bullissimo. Con due possibilità: o di proporre i 50 step secondo i nostri ragazzi oppure di aprire proponendone 30 e lasciare che i ragazzi suggeriscano gli altri. La differenza, oltre che di contenuto, è anche tecnica: qui le mosse non vanno seguite una in fila all’altra ma si può saltare liberamente di qua e di là per trovare la felicità nelle piccole cose».
Hanno partecipato 18 classi. Quali sono le cose che rendono felici i ragazzi?
«Vince su tutti lo stare con la propria famiglia e con i propri amici. Le classi hanno partecipato tutte con entusiasmo perché la Blue Wale li attira e li spaventa insieme. In più i ragazzi oggi hanno bisogno come l’aria di modelli positivi, di persone che siano stabili punti di riferimento nella loro vita, presenti e che li sostengano nelle scelte. In autunno stiamo ideando anche una marcia della White Wale».
Cosa pensa dal suo osservatorio del dilagare di questo fenomeno?
«Il tam tam della stampa, Iene comprese, fa sì che non solo i ragazzi problematici, ma anche quelli che vogliono attirare l’attenzione dichiarino di esserci in mezzo. Poi ci sono gli “imitatori minimi” che sono i ragazzi delle medie che si graffiano per attirare l’attenzione di mamma. Perché il colloquio con i genitori in certe famiglie è difficile, per l’età dei ragazzi, perché i genitori la sera sono stanchi. Per certi ragazzi è proprio difficile chiedere aiuto e, viceversa, lo è anche per i genitori. E così si preferisce far finta che vada tutto bene».
La scelta dello strumento. Avete deciso di parlare la lingua dei ragazzi.
«Noi abbiamo già una pagina chiusa per genitori e insegnanti dove ripubblicare gli avvisi, dare spiegazioni, rendicontare attività, premi e foto. Lì non ammettiamo estranei. Sì, abbiamo deciso di usare i loro strumenti perché penso che sia abbastanza inutile combatterli, mentre è necessario educarli all’uso».
Fonte: Chiara Pelizzon | FamigliaCristiana.it