«Maiorem hac dilectionem» questo il titolo della Lettera apostolica che apre la strada alla beatificazione e poi alla canonizzazione di quei fedeli che, spinti dalla carità, offrono eroicamente la vita per il prossimo, accettando una morte certa e prematura
Papa Francesco apre la via alla beatificazione di quei fedeli che, spinti dalla carità, hanno offerto eroicamente la propria vita per il prossimo accettando liberamente e volontariamente una morte certa e prematura con l’intento di seguire Gesù. Lo fa con la pubblicazione, avvenuta ieri, del Motu proprio Maiorem hac dilectionem, che inizia proprio con le parole di Gesù prese dal Vangelo di Giovanni: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». In un articolo che viene pubblicato sull’Osservatore Romano il segretario della Congregazione delle cause dei santi, l’arcivescovo Marcello Bartolucci, spiega che con questa decisione il Pontefice stabilisce una nuova via percorribile per procedere alla beatificazione di un servo di Dio. Via che si aggiunge a quelle finora prestabilite, e cioè quelle del martirio, quella delle virtù eroiche e quella della cosiddetta ‘beatificazione equipollente’.
Per Bartolucci questa via «dell’offerta della vita » pur avendo alcuni elementi che la fanno assomigliare sia alla via del martirio che a quella delle virtù eroiche, «è una via nuova che intende valorizzare una eroica testimonianza cristiana, finora senza una procedura specifica, proprio perché non rientra del tutto nella fattispecie del martirio e neppure in quella delle virtù eroiche».
In concreto il Motu proprio precisa che «l’offerta della vita, affinché sia valida ed efficace per la beatificazione di un Servo di Dio», deve rispondere ai cinque criteri. E cioè: «offerta libera e volontaria della vita ed eroica accettazione propter caritatemdi una morte certa e a breve termine; nesso tra l’offerta della vita e la morte prematura; esercizio, almeno in grado ordinario, delle virtù cristiane prima dell’offerta della vita e, poi, fino alla morte; esistenza della fama sanctitatis et signorum, almeno dopo la morte; necessità del miracolo per la beatificazione, avvenuto dopo la morte del Servo di Dio e per sua intercessione». Il documento papale inoltre aggiunge come regolarsi nell’indagine canonica sull’offerta della vita e nella preparazione del relativo dossier (positio)da sottoporre ai consultori teologi e ai cardinali.
Come riferito da Bartolucci il Motu proprio è stato emanato dal Papa dopo un approfondito studio della questione partita nel gennaio 2014 e passata al vaglio, nel giugno 2016 di un Congresso peculiare del dicastero delle cause dei santi presieduto «soprattutto nella suaqualità di postulatore» dal vescovo salesiano Enrico dal Covolo, rettore della Lateranense. Nel settembre 2016 la sessione plenaria dei porporati e vescovi membri della Congrega-zione presieduta dal cardinale Angelo Amato poi «diedero voto favorevole ad una nuova via per la beatificazione di chi ha offerto la vita con esplicite e riconosciute motivazioni cristiane», evidenziando «la necessità di un miracolo, formalmente approvato, quale conferma divina del giudizio umano sull’offertadella vita».
Intervistato dalla Radiovaticana, monsignor dal Covolo precisa che il «messaggio centrale » del Motu Proprio è questo: «l’offerta della vita diventa una nuova, cioè una terza fattispecie – finora inedita – dell’iter di beatificazione e canonizzazione e si distingue dalle altre due fattispecie tradizionali, che sono il martirio e l’eroicità delle virtù». Il presule osserva poi che dei cinque criteri indicati dal Papa il primo e il secondo «sembrano i più rilevanti». Infatti «deve trattarsi di un’offerta libera e volontaria della vita e di eroica accettazione
propter caritatem – bisogna sottolineare questo – per la carità, per l’amore di Dio e del prossimo, di una morte certa e a breve termine e deve esserci un nesso – questo è il secondo criterio – tra l’offerta della vita e la morte prematura ». Monsignor dal Covolo osserva poi che la scelta del Motu proprio «è dovuta al fatto che alcune volte ci si è trovati in difficoltà durante lo svolgimento del processo canonico, cioè magari si è partiti con il processo sul martirio e poi si è dovuti passare al processo sull’eroicità delle virtù, che sono molto diverse tra di loro, perché in realtà non si capiva bene se si trattasse di una fattispecie o dell’altra, cioè se dell’eroicità della vita e delle virtù o del martirio ». È il caso, ad esempio, del servo di Dio, Salvo D’Acquisto o di San Massimiliano Kolbe «che fu beatificato per l’eroicità della vita e delle virtù e fu poi canonizzato per martiro».
Fonte: Gianni Cardinale | Avvenire