L’Occidente è cristiano solo se resta fedele, non per una grazia speciale così come altri popoli e paesi possono fiorire a modo loro solo nel Vangelo
E’ singolare, ma forse no, che proprio in queste settimane sia ripreso un discorso di un certo livello – i protagonisti sono due filosofi di peso: Marcello Pera e Rocco Buttiglione – sul rapporto tra Chiesa e Occidente e contemporaneamente, a causa delle parole del capo della Polizia Gabrielli, si sia tornato a parlare del famigerato G8 di Genova, che segnò un’epoca per i drammatici esiti (i fatti della Diaz, la tragica morte di Carlo Giuliani), ma anche una fase importante, poi divenuta carsica, di ragionamento del cattolicesimo italiano (e non) sul rapporto da tenere tra globalizzazione e fedeltà al Vangelo. Son due discorsi separati? Oppure due facce della stessa questione? Andiamo a vedere.
Marcello Pera dice – in una intervista concessa a Corrado Ocone sul Mattino – che non capisce questo pontefice specialmente sul punto dell’accoglienza ai migranti, al punto di suggerire che lo scopo di Francesco sia :
il Papa lo fa perché detesta l’Occidente, aspira a distruggerlo e fa di tutto per raggiungere questo fine. Se non si tiene conto della soglia critica oltre la quale le nostre società non possono più accogliere chiunque, e nemmeno garantire a loro quella dignità minima che si deve a tutti gli uomini, assisteremo presto a una vera e propria invasione che ci sommergerà e che metterà in crisi i nostri costumi, le nostre libertà, lo stesso cristianesimo. Ci sarà una reazione e una guerra. Come fa il Papa a non capirlo? E da che parte starà una volta scoppiata questa guerra civile? (Il Mattino, 9 luglio).
E prosegue su questo filone quando critica alcune asserzioni di Francesco nella recente intervista di quest’ultimo a Scalfari sui rapporti USA-Russia:
Il Papa riflette tutti i pregiudizi del sudamericano verso l’America del Nord, verso il mercato, le libertà, il capitalismo. Sarebbe stato così anche se alla presidenza americana fosse rimasto Obama, ma non c’è dubbio che queste idee del Papa si saldino oggi, in un mix pericoloso, al sentimento anti-Trump diffuso in Europa.
Al collega professore, che fu anche compagno di coalizione al tempo del centrodestra berlusconiano, risponde il filosofo Rocco Buttiglione con una lettera a La Stampa in cui spiega:
Il Papa non è europeo ma latinoamericano. Non è soltanto un dato anagrafico. Abbiamo un Papa latinoamericano e non europeo perché la Chiesa Cattolica non è più prevalentemente europea. Viviamo la crisi della egemonia mondiale dell’Europa. Più esattamente viviamo la crisi della egemonia mondiale dell’Occidente. È una crisi demografica: la Chiesa conta sempre meno in Europa ma l’Europa conta sempre meno nel mondo. Cresce invece in Africa ed in tutto quello che una volta si chiamava Terzo Mondo. La maggioranza relativa dei cattolici vive oggi in America Latina e forse due terzi dei cattolici vive nel Terzo Mondo.
E ancora:
Sbaglia Papa Francesco a pensare di dovere assumere una ottica più universale e meno europea? Sbaglia ad assumere un punto di vista e un linguaggio che sono più da “Terzo mondo” che europei e che, peraltro, gli sono anche più congeniali? Forse non sbaglia. Chiese che eravamo abituati a considerare periferiche sono diventate (stanno diventando) centrali e noi siamo diventati un po’ periferici. Il processo è complicato, rischioso e pieno di pericoli. È però inevitabile. I problemi della Chiesa nascono dalla dinamica demografica mondiale (America Latina) e dalla grande crescita missionaria della Chiesa stessa (Africa ed Asia). Sarebbe ingeneroso pensare che essi derivino solo o primariamente da Papa Francesco. Derivano in realtà dalla forza delle cose o (meglio) dalla volontà imperscrutabile dello Spirito Santo.
Forse faremmo meglio a domandarci che tipo di conversione lo Spirito di Dio ci chiede in questa tappa della storia della Chiesa e della storia della umanità.Uno dei problemi di questa fase storica per noi occidentali è che dobbiamo fare i conti con una immagine di noi stessi che non ci piace. I poveri del mondo pensano che ci siamo appropriati di una parte troppo grande delle ricchezze del pianeta. Pensano di essere stati espropriati e derubati. Questo giudizio non è del tutto vero ma non è neppure del tutto falso. Con ammirevole equilibrio Papa Francesco ha avuto il coraggio di dire che il colonialismo ha avuto anche dei lati positivi. Non ha nascosto però di pensare che ha avuto i suoi lati negativi, ed è difficile dargli torto (Vatican Insider, 20 luglio).
Il tanto vituperato (da Pera, ma purtroppo anche da molti cattolici) Concilio Vaticano II andava esattamente in questa direzione. Aiutare la Chiesa a riconoscersi nel Vangelo e non in una sua specifica – e storicamente condizionata – versione. Compito della Chiesa è evangelizzare il mondo, annunciare la morte e resurrezione di Cristo e la fratellanza di tutti gli uomini e le donne di buona volontà nell’essere tutti – in Cristo – figli di Dio. E tra fratelli si dovrebbe spezzare il pane e aiutarsi l’un l’altro con amore e pietà:
Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: Colui che raccolse molto non abbondò, e colui che raccolse poco non ebbe di meno (2Cor 8,14-15)
Questo non per un “pauperamento dell’Occidente” come prefigura Marcello Pera, non è questo lo scopo, né l’obbiettivo della Chiesa, ma è indubitabile che essendo l’Europa l’area più ricca del mondo, con quasi 500 milioni di abitanti possa sopportare di aiutare mezzo milione di profughi.
Ancor più giustamente Buttiglione spiega a Pera che per la Chiesa (e parliamo della Centesimus Annus di Giovanni Paolo II) c’è una differenza tra una economia di mercato, e in particolare una economia sociale di mercato, e il capitalismo tout court. La Chiesa cattolica non può adeguarsi pienamente ad un modello che non è solo economico, ma politico che mette al centro di tutto il profitto. In fondo quando Papa Francesco si spende per la cura del Creato, lo fa in una ottica di ecologia integrale, dove l’umanità è il fine di ogni azione e dunque ha diritto alla dignità, al pane e ad un cielo azzurro sopra la testa. Questa diffidenza della dottrina sociale della Chiesa nei confronti del capitalismo non è una adesione (nemmeno ipotetica) al comunismo, quanto piuttosto una difesa delle prerogative dell’umano. Il capitalismo odierno regge se regge il consumismo esasperato, non c’è nulla di realmente umano in questo modello che ovviamente non tiene conto né dei ritmi dell’uomo, né di quelli della natura. Di più oggi il capitalismo – che è il motore della Globalizzazione – è proprio ciò che strappa le identità locali, non è solo una forza positiva. Ecco allora che se il motore della globalizzazione è questa uniformità, il Vangelo – che è scandalo per il Mondo! – non trova spazio. Questo aneddoto ci aiuta a capire meglio:
All’inizio del pezzo ragionavamo sulla coincidenza con le discussioni sul G8 di Genova. Ormai quasi vent’anni fa un movimento “altromondialista” raccoglieva dentro di sé tutte le esperienze anticapitalistiche di quel periodo, compresa la critica cattolica a questo modello il problema era all’epoca (ed è oggi ancora) quello di separare il grano dal loglio. Il modo migliore per continuare a ragionare in questa direzione è dirsi: l’Europa e l’Occidente sono (stati) cristiani, dall’opera della Chiesa (e delle Chiese) e del Vangelo sono stati plasmati, ma Cristo e il Vangelo non sono l’Europa e l’Occidente. Ripensare la missione della Chiesa non come occidentalizzatore del mondo (tanto più che l’occidente di Pera tanto cristiano non è più, quindi semmai lavoriamoci…) come pure è stato per un certo periodo, ma di evangelizzatore del mondo, facendo sì che cresca un cristianesimo africano, asiatico, ecc con proprie tipiche sensibilità e forme autonome. Senza pensare che da questo debbano dipendere ricette precise, perché la fede non è una ideologia, è l’incontro con Cristo Risorto. Qualcuno lo dica all’ex Senatore…
Fonte: Lucandrea Massaro | Aleteia.org