– E’ attesa per martedì la sentenza con cui il giudice inglese Nichol Francis deciderà se i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra potranno staccare i sostegni vitali al piccolo Charlie Gard. I media parlano di “malato terminale”, ma Charlie combatte contro la malattia da mesi, e non sembra aver intenzione di arrendersi. I media parlano sistematicamente di “macchine” e di “staccare la spina”, come se la vita di tutti, nel 2017, non dipendesse in gran parte da “macchine” e “spine”, e dimenticando che il leit-motiv definisce come contrario al progresso chi difende la vita e la famiglia. Le “macchine”, comunque, sono un sondino per l’alimentazione e l’idratazione ed un ventilatore senza il quale Charlie morirà soffocato.
Vari tribunali, tra cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, hanno autorizzato la soppressione di Charlie “nel suo miglior interesse”. Nell’ultimo processo, il Great Ormond Street Hospital (GOSH), l’ospedale che ha in cura Charlie Gard, ha affermato che il bambino non ha “qualità di vita”, nè alcuna “prospettiva reale di qualità della vita”. Troviamo così nero su bianco che il termine “qualità della vita” viene regolarmente usato per giustificare la soppressione di disabili la cui vita è considerata inferiore ad un livello standard, presumibimente definito in termini di rapporto costi/benefici per la società. Chi non è abbastanza produttivo deve togliere il disturbo, per legge, “nel suo migliore interesse” – non diversamente dalla prassi del governo e della propaganda hitleriani. L’incredibile resistenza di Charlie, e di suo padre Chris e di sua madre Connie, ha scoperchiato questa routine di morte, e l’ha rivelata all’opinione pubblica mondiale.
Ha scritto Laura Gard, la zia: “In che mondo triste viviamo, in cui i giudici guardano meramente agli argomenti legali definiti da professionisti, e non negli occhi di un bambino, che hanno il potere di salvare”. L’avvocato scelto arbitrariamente dal giudice per rappresentare Charlie è assistito da Victoria Butler-Cole, che è a capo di un’organizzazione per l’eutanasia. I Gard si stanno battendo come leoni per un figlio che non possono spostare da un ospedale che lo considera un vegetale e lo vuole morto. Alcuni centri di eccellenza mondiale, tra cui il “Bambino Gesù” di Roma, hanno proposto dei protocolli di cura, con una certa probabilità di successo. Sembra non siano riusciti a convincere i loro colleghi londinesi. E il tempo, preziosissimo, passa. Ma che civiltà è quella in cui i genitori devono provare davanti ad un giudice – che ha potere di vita e di morte – che ci sono possibilità di guarigione per il proprio figlio, per scongiurare che lo Stato ne consenta la soppressione richiesta da medici? E se anche Charlie non fosse curabile, che civiltà è quella che fa morire i propri figli più deboli, arrogantemente considerati non degni di vivere? I figli sono dello Stato?
La cultura della morte o dello scarto è talmente diffusa nei gangli del potere in Occidente, che la vicenda passa in una sostanziale indifferenza mediatica e politica. Eppure, si tratta di una condanna a morte di un bambino disabile. Che differenza c’è con l’Aktion T4, “il Programma nazista di eutanasia, che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali (ma non fisici, se non per casi gravi), cioè delle cosiddette “vite indegne di essere vissute”? “Si stima che l’attuazione del programma T4 abbia portato all’uccisione di un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.000. Per quanto concerne la sola terza fase dell’aktion T4, i medici incaricati di portare avanti l’operazione decisero di uccidere il 20% dei pazienti presenti negli istituti di cura, per un totale di circa 70.000 vittime” (Wikipedia).
Se Charlie morrà per mano umana, verrà ucciso per legge. E anche in Italia si vuole arrivare lì. La legge sulle “Disposizioni anticipate di Trattamento” – già approvata alla Camera – è una priorità di questa legislatura. Si parla di vuoto legislativo. In realtà, con la legge si creerà una falla in un impianto legislativo ancora sostanzialmente favorevole alla vita. Si introdurrà così, di fatto, l’eutanasia. E quello che già oggi è routinario in vari Paesi europei – e che, venuto alla luce, ci fa inorridire – diventerà comune anche da noi.
Ma, di fronte al dilagare della cultura della morte, di fronte al potere che vuole distruggere la famiglia per disporre di una società di sudditi, c’è una resistenza popolare, inaspettata ma convinta, in gran parte unita nella preghiera. Questo è un miracolo di Charlie, e i suoi frutti rimarranno nel tempo.
Gonte: Francesco Bellotti | CittàdellaSpezia.it