L’annuncio della ministra Fedeli («sì allo smartphone in classe») rilancia la discussione sull’uso (e l’abuso) dei cellulari e del web da parte di bambini e ragazzi. Bruno Mastroianni, esperto di comunicazione digitale: «La sfida è educativa, anche sui banchi di scuola. Ma attenzione: adulti e genitori che stanno solo sui social e solo per passatempo, come possono insegnare un uso virtuoso e formativo dell’essere connessi?
«L’utilizzo delle nuove tecnologie è un punto fondamentale dell’educazione e dell’istruzione di oggi, una straordinaria opportunità che deve essere governata». Così la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha motivato l’insediamento di una commissione ministeriale per redigere le linee guida dell’utilizzo dello smartphone in classe.
Se nel 2007 l’allora ministro Fioroni vietò l’uso dei cellulari durante le lezioni, oggi si cambia direzione. L’annuncio della ministra (per la verità si tratta di una conferma, l’intenzione era nota sin dallo scorso luglio) ha riacceso il dibattito. Educazione digitale, fake news e cyber bullismo: per capirne di più abbiamo chiesto un parere a Bruno Mastroianni, esperto di comunicazione e autore del libro La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network sui media e in pubblico (Franco Cesati, 2017).
Mastroianni, cosa pensa dell’annuncio della ministra Fedeli? Smartphone in classe, sì o no?
«Penso che la ministra abbia fatto bene ad affrontare la questione perché il tema è cruciale. A lungo abbiamo tenuto l’on line lontano dall’educazione. Le linee guida possono essere utili ma attenzione: le regole non bastano, le vere questioni sono altre».
Ragazzi e smatphone, qual è la sfida educativa?
«Come vivo la dimensione on line? Sviluppo un pensiero critico, è per me un’opportunità di confronto, oppure perdo tempo? Sono queste le domande da porsi».
La tendenza è invece dare regole spicce sull’utilizzo quotidiano…
«Proprio così. Tanti genitori chiedono “quando può stare mio figlio su WhatsApp?”. Dipende se sta consolando un amico o se sta ingannando il tempo. Non ha più senso parlare di on line e off line, siamo sempre connessi, spetta a noi valutare il da farsi davanti, ad esempio, alle continue notifiche: la vita è fatta di priorità e rinunce, nel mondo digitale come in quello reale».
Come si educa alla rete?
«Innanzitutto gli adulti devono educare se stessi studiando e procedendo per tentativi. L’errore più grande sarebbe tenere internet fuori dalla vita quotidiana, mentre può essere un terreno proficuo per il dialogo in famiglia e a scuola. Purtroppo tanti stanno on line senza aver sviluppato una reale conoscenza di questo ambiente.. così davanti alle fake news, o alla gestione del proprio profilo social, spesso i giovani sono più accorti».
Un consiglio spassionato per i genitori, da che parte si comincia?
«Punterei su tre aspetti: presenza, dialogo ed esempio. È fondamentale che gli adulti siano presenti on line e sui social, ovvero conoscano il territorio così da capire come muoversi. In rete si vivono relazioni, emozioni, dubbi: dialoghiamo con i ragazzi anche sulla loro vita on line! Il cyber bullismo, ma anche un post che non riceve like, provocano ferite dolorose quanto quelle del mondo reale. In ultimo, gli adulti diano l’esempio: chi sta solo i social e solo per passatempo, come può insegnare un uso virtuoso della dimensione on line?».
Sta diventando di moda regalare lo smartphone per la Comunione.. è un regalo che le piace?
«Lo chiederei innanzitutto ai genitori e ai parroci. Il problema non sta nello smartphone, che comunque non regalerei come premio. Piuttosto lo introdurrei nella vita dei giovani al pari di un’opportunità di crescita. In fondo è un’occasione anche per gestire la propria autonomia. Come dire: ti doto di smartphone, ora sei grande e navighi da solo».
Fonte: FamigliaCristiana.it