Da un lato la povertà estrema di chi tutti i giorni deve lottare per garantire un pasto alla sua famiglia, dall’altro chi continua a sprecare cibo e risorse senza porsi il minimo problema. Sono due facce della stessa medaglia, una fotografia della nostra società. Proprio per invertire questa rotta, eliminare la cultura dello spreco e accendere i riflettori sulle situazioni di malnutrizione e ingiustizie che ancora oggi affliggono milioni di persone, il 23 e il 24 settembre torna nelle piazze italiane la campagna della Comunità Papa Giovanni XXIII “Un pasto al giorno”. Quest’anno – il nono consecutivo – i membri e i volontari dell’Associazione, fondata da don Oreste Benzi, saranno in mille piazze italiane. Nel corso dell’evento distribuiranno, in cambio di un’offerta, il libro #iosprecozero, una sorta di vademecum per imparare a ridurre gli sprechi. In Terris ne ha parlato con Marco Panzetti, membro dell’associazione e responsabile dell’ufficio comunicazione e fundraisinng.
Come è nata questa iniziativa?
“In modo molto semplice. La campagna ‘Un pasto al giorno’ è nata nel 1985, anno in cui don Oreste Benzi si recò in Zambia per aprire il primo centro nutrizionale all’estero. Vedendo i bambini e le loro famiglie che arrivavano nella struttura, affamati e disperati, decise che al suo rientro in Italia avrebbe fatto di tutto per garantire loro almeno un pasto quotidiano. E così è stato”.
Come si è sviluppata questa campagna?
“Negli anni questa iniziativa ci ha permesso di intervenire su più fronti. Don Oreste mi ha sempre chiesto di gestire l’organizzazione di questo evento, ma effettivamente ho iniziato nel 2007, anno della sua morte. Siamo partiti con un evento in piazza, come fanno anche altre organizzazioni come l’Airc o l’Unicef. Tuttavia volevamo distinguerci e per questo abbiamo deciso di regalare, in cambio di un’offerta libera un pacco di pasta, ‘alimento simbolo’ per noi italiani. In realtà, voleva essere anche una provocazione. Infatti le persone che si avvicinavano ai nostri banchetti, quando davamo il pacchetto di pasta rimanevano un po’ stupefatte e ci chiedevano: ‘Ma come? Io faccio una donazione per aiutare chi non ha da mangiare e mi porto via la pasta?’. In ogni caso tutti i pacchetti avanzati, venivano distribuiti alle varie mense e centri nutrizionali, sia della Papa Giovanni sia a quelli di altre associazioni”.
Quanti sono i beneficiati di “Un pasto al giorno”?
“L’iniziativa ha raggiunto numeri importanti. Grazie a queste donazioni riusciamo a sostenere i progetti presenti in Italia e in altri 40 Paesi del mondo. Nel 2016 abbiamo assicurato 7 milioni e mezzo di pasti”.
Eppure, nonostante gli sforzi di tante organizzazioni umanitarie, la fame nel mondo è in aumento…
“Purtroppo sì. In certi Paesi non esiste la speranza di sconfiggere la povertà perché i governi non hanno la stabilità necessaria per mettere in atto delle misure efficaci. In questo il mondo è molto indietro. Anche in Italia la situazione non è delle più rosee. A causa della crisi economica del 2009 sono aumentate le persone in situazione di povertà. A noi si rivolgono anche molti pensionati che non riescono ad arrivare a fine mese. Nel 1987 abbiamo aperto a Rimini la prima ‘Capanna di Betlemme’, una realtà di pronta accoglienza serale e notturna, dove i senza fissa dimora possono trovare riparo per la notte, un pasto caldo e il calore di una famiglia. Negli ultimi anni abbiamo replicato questa modalità di accoglienza e condivisione perché il bisogno di dare risposte di questo tipo effettivamente è in aumento”.
Quest’anno nelle piazze non regalerete il pacchetto di pasta, ma un libro intitolato #Iosprecozero. Perché? Qual è l’obiettivo che volete raggiungere con questo volume?
“Si tratta di un libro interamente stampato su carta riciclata al 100 per cento, vi si trovano idee, spunti e consigli per combattere gli sprechi e imparare a dare il giusto valore alle cose della vita. Ad esempio abbiamo inserito 10 ricette realizzabili con ingredienti che normalmente vengono buttati nel cestino come le bucce degli ortaggi. Queste possono essere riutilizzate non solo in campo culinario, ma anche riciclate por uso domestico e in alcuni casi anche come prodotti di cosmesi. Viene affrontato anche il tema dello spreco degli oggetti che, molto spesso vengono gettati via non perché non servano più o non piacciano più, ma per sostituirli con versioni più recenti. Come quel primo pacchetto di pasta, anche questo volume vuole essere una provocazione: invita a non sprecare il nostro e la nostra vita. Quest’ultimo tema è stato affrontato riportando storie e testimonianze di chi ha scelto di condividere la propria quotidianità con gli ultimi. #iosprecozero, però, non vuole essere uno strumento di evangelizzazione e non ha la pretesa di fornire risposte, ma si propone di essere un punto di partenza per cambiare il nostro stile di vita e interrogarci sull’impatto che i nostri gesti e le nostre scelte hanno sulle persone che ci circondano e sull’ambiente”.
Fonte: Manuela Petrini |InTerris.it