Contraddizioni
Parla il teologo, docente alla Lateranense: nel testo che punta il dito contro Francesco disonestà intellettuale e approssimazione teologica Dalla grazia all’Eucaristia, ecco gli errori del documento
Il fatto
L’attacco, diffuso su alcuni siti Internet, è sottoscritto da 62 studiosi ma non da cardinali o da vescovi in comunione con Roma. La paradossale pretesa della “correzione fraterna” parte da considerazioni mai scritte e mai pronunciate dal Pontefice
«Pretendere di attaccare il Papa, anzi accusarlo di eresia partendo da Amoris laetitia,utilizzando sette frasi che però nell’Esortazione postisinodale non sono espresse in quei termini, è disonestà intellettuale ». Monsignor Giuseppe Lorizio, docente di teologia fondamentale all’Università Lateranense, membro del Comitato nazionale per gli Studi superiori di teologia e di Scienze religiose della Cei, prende subito le distanze da coloro che vorrebbero far passare la difesa diAmoris laetitia per papolatria: «Qui non stiamo difendendo il Papa, ma il Vangelo. E anche tutta una tradizione che arriva dal Concilio di Trento e che i 62 firmatari del documento evidentemente ignorano».
Il documento in questione si intitola “Correzione filiale in ragione della propagazione di eresie” e rappresenta una vera e propria manipolazione dell’Esortazione postsinodale. È stato diffuso nella notte tra sabato e domenica in contemporanea negli Stati Uniti e in Europa, ed è stato pubblicato in Italia da alcuni siti tradizionalisti che da mesi, prendendo spunto proprio da Amoris laetitia,attaccano il pontificato di Francesco. Tra coloro che hanno firmato il testo figurano il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, il superiore generale della Fraternità sacerdotale San Pio X (lefebvriani) Bernard Fellay, il professor Antonio Livi e altri esperti meno noti. Nessun vescovo in comunione con Roma, nessun cardinale, neppure i due porporati ancora in vita tra i quattro che avevano sottoposto al Papa iDubia. Il testo, circa 25 pagine, al di là delle sette accuse, è una confusa miscellanea di citazioni dell’Esortazione postsinodale, del magistero, del Vangelo, di altri testi. La sostanza però è chiara. Papa Francesco avrebbe «dato scandalo alla Chiesa in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitiae mediante altri atti». La saggezza latina avrebbe liquidato l’iperbolica pretesa con unsutor ne ultra crepidam. Cioè sarebbe facile concludere che nessuno di coloro che hanno firmato il testo possiede né l’autorità né la dottrina per rivolgere al Papa una simile accusa. Ma visto che il testo sta girando vorticosamente su Internet e che l’operazione per screditare Francesco è evidentemente orchestrata da qualcuno che sta alle spalle dei firmatari, entriamo nelmerito delle accuse.
Monsignor Lorizio, Amoris laetitia è davvero il frutto di una tradizione che arriva da Trento?
In un punto significato dal capitolo 12 del Decreto sulla riconciliazione del concilio di Trento – e quindi siamo in piena tradizione – si dice che nessuno può avere la certezza assoluta di essere graziato o predestinato, il che significa che nessuno può ritenersi in una situazione di “certezza” per quanto riguarda la grazia. Il Papa, con Amoris laestitia, si innesta in questa tradizione. Chi dice il contrario, come traspare dal documento, evidenzia un problema di imperiziateologica.
Qual è il punto che contraddice questa posizione tradizionale sulla grazia?
Proprio il primo, dove a proposito della giustificazione si mostra una visione automatica e statica della Grazia, che invece è un fatto dinamico, che dobbiamo sempre invocare e che comunque non proviene dal nostro merito ma dal dono di Dio. In questo senso questa dinamica della grazia comporta che anche la persona che si è confessata, riceve il perdono e quindi è in stato di grazia, non è perfetta. E se non è perfetta, ha bisogno di conversione. Questo è il percorso in cui i sacramenti ci aiutanoe ci sostengono.
Come valutare l’osservazione a proposito dell’Eucarestia per i divorziati risposati?
L’Eucarestia non può essere concepita come il Pane di coloro che già sono perfetti. Ma è ilpanis viatorum, di coloro cioè che sono in cammino. Se dovessimo tutti attendere la pienezza dell’unione con Dio per accedere all’Eucarestia, nessuno vi si potrebbe accostare. Tanto che pochi istanti prima di riceverla tutti, dal celebrante all’ultimo dei fedeli, diciamo “Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa”. Questo non essere degni, vuol dire che l’Eucarestia è data anche allanostra fragilità
La quinta accusa, sulla sessualità tra persone divorziate e risposate, sembra fare una grande confusione sul ruolo della coscienza?
In effetti è così. InAmoris laetitiac’è un elogio della coscienza che era già in Benedetto XVI e nel Vaticano II, ma qui si dimentica che la coscienza è un tabernacolo sempre abitato dalla luce del-l’Altro, cioè della verità. Il problema è mettere in rapporto la soggettività della persona e della coscienza con l’oggettività della trascendenza. La coscienza non è auto-prodotta, ma è frutto di una mediazione che si chiama discernimento. Una parola che nel documento in questione viene del tutto ignorata.
Eppure sulla base di queste traballanti conoscenze, si attribuiscono al Papa posizione eretiche.
L’Esortazione postsinodale ha una qualifica di magistero ordinario e quindi vaaccolta come tale, non è la posizione di una scuola teologica. È l’espressione di un percorso di Chiesa. E come si fa ad ignorare che l’intento dell’Esortazione è preminentemente pastorale. E dicendo che è pastorale non diciamo che si tratta di un livello inferiore rispetto alla teologia. Diciamo proprio il contrario, perché la pastorale comprende e include la teologia. E non il contrario. Altrimenti il cristianesimo sarebbe una sorta di intellettualismo, proprio ciò che il Papa dice di voler evitare.
Molta confusione anche a proposito di quella che viene definita “perenne disciplina” dei sacramenti…
Ma quale “perenne”? La disciplina dei sacramenti arriva da Trento. E i 1.500 anni precedenti? Amoris laetitia attribuisce valore al cammino penitenziale che la persona fa insieme al vescovo o al presbitero. Ma questo appartiene da sempre alla tradizione della Chiesa. Quando dopo Humanae vitae i vescovi olandesi andarono da Paolo VI per fargli presente le difficoltà di mettere insieme le indicazioni dell’enciclica e la coscienza dei fedeli, rispose: “In confessionale ogni prete è papa”. C’è insomma un’interpretazione affidata alla valutazione illuminata della direzione spirituale che non ci inventiamo oggi. La realtà supera l’idea e quindi la pretesa di normare tutto appartiene a una visione superata e pericolosa. Pensiamoci.
Fonte: Avvenire.it