Più di un paio di anni fa incontrai un uomo speciale: bellissimo, brillante, divertente e fedele a Cristo. Col passare dei mesi diventammo sempre più intimi, eppure lui non si decideva ad uscire allo scoperto. Una sera ricevetti una telefonata, nella quale questo ragazzo (che chiamerò Giovanni) mi aprì il suo cuore dicendo che si era sì innamorato di me, ma che stava affrontando un serio discernimento con la propria guida spirituale perché pensava che il Signore lo stesse chiamando al sacerdozio. Gli dissi che questa notizia mi faceva molto male, ma che non potevo non essere felice se il progetto di Dio per lui era davvero questo. Gli chiesi di interrompere ogni tipo di rapporto fra noi, perché ci eravamo legati già troppo, e sarebbe stato doloroso rinunciare a lui.
Purtroppo però non riuscimmo a staccarci e il nostro rapporto nei mesi seguenti fu morboso: in alcuni momenti non volevo ricevere chiamate da parte sua, in altri avevo un disperato bisogno di sentire la sua voce. Pregai con tutta me stessa che il Signore lo chiamasse al matrimonio, ma lui, nelle nostre interminabili ore al telefono, mi raccontava di come fosse sempre più sicuro della sua vocazione, e di come anche quello che provava per me lo spingesse in quella direzione. Un giorno, dopo una litigata furiosa, decisi di troncare ogni tipo di rapporto. Non ho più sentito il bisogno di scrivergli, e ho respinto, soffrendone, i suoi riavvicinamenti. Sebbene sia riuscita a dare un taglio da più di un anno al mio legame con lui, il mio cuore continua a sanguinare al pensiero di averlo perduto.
Non capisco come sia possibile conciliare un sentimento forte e reale come quello che lui provava per me, con la vocazione sacerdotale. Sta iniziando il seminario in questi giorni e, anche se a tratti sono felice di aver contribuito in modo così radicale al suo discernimento, non posso non chiedermi che senso abbia avere per me l’averlo incontrato. Io gli ho permesso di testare la sua vocazione, ma lui, a parte portare scompiglio, che funzione ha nella mia vita?
Carmen
Una storia bella e drammatica di un uomo e una donna, innamorati l’uno dell’altra ed entrambi innamorati di Cristo. Ma Giovanni aveva un segreto che gli impediva di coinvolgersi con Carmen. Un segreto che si svelò quando entrò in seminario, lasciando in una inevitabile afflizione la ragazza della quale era innamorato.
Come può un uomo “lasciare” la donna della quale è innamorato per iniziare un cammino che, apparentemente, non ha niente a che vedere con la strada percorsa fino a quel momento? Solo un grande e appassionato incontro con Gesù permette che sia possibile questa decisione, la quale non è una rinuncia alla bellezza drammatica dell’amore umano, ma la pienezza della relazione che ha permesso a Giovanni di decidere di entrare in seminario.
Per questo motivo non trovo umano quello che Carmen mi confida. Non posso immaginare il nostro Dio con il “machete” in mano, intento a tagliare i sentimenti umani. Dio non taglia niente, esalta tutto! Questo atteggiamento era la caratteristica educativa di don Luigi Giussani: «Padre, mi sono innamorato, sto male…» e lui: «Che Grazia, finalmente diventerai un uomo». Se Dio ha suscitato in voi questo amore, perché tagliarlo? Non esiste forse un’altra modalità per vivere questa relazione? È disumano e comodo tagliare i sentimenti. Si castrano gli animali, non gli uomini. Per questo don Giussani mi aiutò ad andare al fondo di ciò che mi era accaduto per rendermi conto di ciò che il nostro cuore cercava mediante l’innamorammento: era Gesù. Se avessi tagliato, seguendo la logica clericale, molto presto si sarebbe spenta quella drammaticità, quella sofferenza che permettono al cuore di gridare: «Vieni Signore Gesù». E oggi non sarei un uomo ma uno zitellone. Amare è soffrire e la sofferenza rivela la verità dell’amore. Molte volte mi chiedo perché tanti di noi preti siano freddi, con un volto inespressivo di fronte a chi soffre e la nostra lingua come quella dei pappagalli.
Per questo, cara Carmen, non si tratta di tagliare perché Giovanni, che stando con te ha scoperto drammaticamente una vocazione particolare da parte di Dio, resterà sempre un dono per te e tu un dono per lui. Se oggi vi è chiesta una distanza meramente fisica, è per rimanere sempre uniti, una carne sola secondo il significato profondo di quello che Dio, nella Genesi, disse all’uomo e alla donna. «Padre, se non vuoi perdere la donna che ami, ti mando in Paraguay», mi disse don Giussani trent’anni fa. E il miracolo si compì nella pienezza affettiva che vivo e nella fecondità della vita.
Non pretendo che tu lo comprenda ora, ma il Mistero, come sempre nella storia, ti sta chiedendo ciò che ha chiesto ad Abramo: offrirgli la persona più cara. Ma per un centuplo. «Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande», scrive Manzoni.