Il 13 agosto 1975 fu l’ultima volta che Giorgio La Pira parlò ai “giovani di Pino”, al campo-scuola al Villaggio “La Vela” di Castiglione della Pescaia (Gr). Nell’estate seguente le sue condizioni di salute erano già precarie e saltò quello che era ormai diventato un appuntamento consueto alla vigilia di Ferragosto con il turno dei “più grandi”. Non volle mancare invece al tradizionale pellegrinaggio a Roma del 3 novembre, che dal 1972 aveva come meta San Pietro, con la Messa e l’udienza dal Papa, e poi nel pomeriggio la visita ad un luogo storico, relativo al percorso di studio che i giovani – sotto la guida di don Ferdinando Manfulli – avevano fatto nei giorni precedenti a Firenze: dall’“Ara pacis” all’Arco di Costantino, dalle catacombe a Castel Sant’Angelo… Ad illustrarne il senso, all’interno della sua visione teleologica e bipolare della storia, era sempre La Pira. Fino a quel 3 novembre 1976, quando le forze rimaste gli permisero solo di partecipare alla Messa e all’udienza di Paolo VI al mattino per poi rientrare a Firenze e lasciare le spiegazioni storiche in piazza del Campidoglio all’amico Fabrizio Fabbrini.
I suoi incontri con i giovani dell’Opera venivano sempre registrati (anche se non tutti ci sono poi rimasti). Il testo inedito, pubblicato sull’ultimo numero del settimanale cattolico regionale “Toscana Oggi” e che il Sir rilancia oggi, è parte della sbobinatura del suo ultimo incontro a “La Vela”, quel 13 agosto 1975. Davanti a lui, con Pino Arpioni, oltre cento giovani dai 17 anni in su. Il professore parte, come era solito fare, dai “segni dei tempi”, dai grandi avvenimenti mondiali di quegli anni (come i colloqui tra Ford e Breznev, la Conferenza di Helsinki, l’Anno Santo voluto da Paolo VI) per poi tracciare un bilancio del cammino compiuto proprio con i giovani dell’Opera Villaggi per la Gioventù, che dopo la morte del Professore si chiamerà appunto Opera “La Pira”. Una riflessione che a distanza di oltre 40 anni mantiene tutta la sua attualità proprio nel momento in cui torna lo spettro di un possibile conflitto nucleare.
La frontiera dell’Apocalisse
Questa è la situazione, il contesto storico di questo momento, oggi 13 agosto 1975. (…) 6 agosto 1945: trent’anni dopo la prima atomica, che era di 0,0015 megatoni. (…) Il primo problema è l’atomica. Perché essa è veramente il problema della vita o della morte del genere umano e dello spazio. Che si è fatto in questi trent’anni? Abbiamo cercato di eliminarlo, di non pensarci, per non aver dubbi di coscienza. È come un debitore che ha molti debiti: cerca di non pensarci. (…)
Tutti i problemi, politici, culturali, spirituali, sono tutti legati a questa frontiera dell’Apocalisse. O finisce tutto, o comincia tutto. O eliminare l’atomica o saremo tutti quanti eliminati globalmente, in un contesto atomico. Contesto spaziale… Chi di voi non sa quello che è avvenuto? L’incontro tra Apollo e Soyuz. Che senso ha? Le stalle del cielo sono aperte. Voi potete tirare una bomba atomica di lassù… Quanti mutamenti dall’anno passato a quest’anno: già un milione di megatoni – 0,0015 quella di Hiroshima.
Poi il contesto politico. Parliamoci francamente… Qualunque sia l’intenzione, non conta… Il fatto è che Urss e Stati Uniti, Ford e Breznev, hanno stabilito un ponte. L’unità del mondo almeno su questo piano atomico e spaziale è già realizzata. Poi, la Conferenza di Helsinki, una cosa incredibile, come mai sia avvenuta. Perché non è soltanto europea: l’Europa unita e con essa l’America, il Canada… tutto il mondo. E a capitano di questa conferenza europea chi c’è? C’è Paolo VI. Non c’era mai stato che la Santa Sede avesse una funzione motrice e definitoria nelle conferenze internazionali. Che senso ha?
Poi finalmente la componente spirituale. Supponiamo – confratelli – che lo Spirito Santo esista – ed esiste –, la ragion d’essere della Trinità è tutta qui, in qualche maniera. Poniamo che la Chiesa – Pietro – abbia la sensibilità di afferrarne il movimento. E bandisce l’Anno Santo con questa specifica definizione: l’anno in cui il genere umano viaggerà – è rivolto ai giovani – verso il porto escatologico. Quindi inevitabilmente sei chiamato… La terza età. Qual è questa terza età? L’età dello Spirito Santo. Che significa età dello Spirito Santo? L’età in cui fiorisce… L’età in cui o avviene la distruzione della terra, l’età atomica, del cosmo o non avvenendo questo avviene un’altra cosa, che è la fioritura della terra. Quaggiù l’anno del millennio. Che significa la pace universale? Il testo di Isaia: la pace universale, le armi cambiate in aratri, la giustizia in qualche maniera attuata tra tutti i popoli della terra e una cultura (…). Il nostro tempo, se voi lo analizzate culturalmente e spiritualmente, lo troverete fermentato da queste varie componenti, teso verso la pace universale – Isaia –, verso l’unità di tutti i popoli della terra – lo stesso Isaia –, il disarmo inevitabile – lo stesso Isaia –, e la contemplazione dei grandi misteri della Chiesa e della storia. Inevitabilmente, non c’è niente da fare.
Supponiamo quando ci vedremo il prossimo anno – inshallah –, fra due anni, fra tre anni… e voi ci riflettete, vedrete come c’è questo cammino sempre crescente, sempre verso un porto, il porto escatologico, che è il porto finale sulla terra, della fioritura del mondo.
Il punto in cui siamo, da dove veniamo, è un punto interessante è il punto dell’Apocalisse. L’Apocalisse ha due volti: il volto della distruzione totale e il volto della ricostruzione totale.
Da dove veniamo? Con questa barca che ha come capitano te (Pino), come bandiera la Vela… In questi anni si è fatto un discorso organico, non a caso. Quali sono le tappe che abbiamo attraversato? La prima tappa è quando abbiamo difeso la persona: una lettera fatta a te “Caro Pino” (pubblicata sulla rivista dell’Opera, “Prospettive”, ndr). Qui tutti parlano… ma la persona chi è? Cos’è questo individuo? E abbiamo affermato che questa persona ha senso, questo individuo ha senso, se è su una barca ancorata a uno scoglio. E questo scoglio è soprannaturale, senza di che si spezza, si sbanda, una nave sbandata. E noi abbiamo contestato questa nave sbandata.
La seconda tappa di questo cammino che abbiamo fatto: i punti fermi. Cioè questa nave che cammina ha una bussola, dei punti fermi, punti fissi, stelle fisse che non mutano con il mutare degli eventi? Sì. E quali sono? Quattro. Noi abbiamo affermato, contestando i punti mobili, che vi erano dei punti immobili, delle stelle fisse attorno a un punto Omega. Noi crediamo la scelta del Messia di Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente; la scelta della Samaritana: Dammi da bere, l’acqua, la Grazia che integra ed eleva la persona umana; la scelta di Cesarea: Tu sei Pietro, e su questa pietra…; e la scelta di Isaia, che è quella di Nazareth: Sono venuto a liberare gli oppressi. Queste quattro scelte sono i quattro punti immobili verso i quali viaggia sempre inevitabilmente come la bussola la nave che noi abbiamo, questa nave con questa Vela.
Poi non solo. Poi siamo andati a Roma e abbiamo fatto tre viaggi: nell’uno abbiamo fatto l’asse tra Pietro e Augusto, l’Ara Pacis… La seconda Pietro e Costantino. La terza Pietro e Giustiniano (Cesare fui e son Giustiniano). E poi continua… E arriva fino ad oggi: Pietro e Helsinki. Il telegramma che abbiamo fatto per la cosa di Helsinki dice così: “Questa nave della pace, che è stata disegnata nelle capitali europee, che è stata costruita nel cantiere di Helsinki, e che levata l’ancora è scesa nell’oceano della storia”. E poi, finalmente, indicando che cosa? Che la storia ha una sua finalità, suprema, imbattibile, invincibile – la teleologia della storia – che ha un suo fondo, è bipolare: per un verso la Chiesa e per l’altro l’impero. La tesi di Dante. Che c’è una storiografia del profondo. E finalmente questa fioritura del mondo e il porto escatologico. Questa è stata la seconda tappa. Prima tappa la persona, seconda tappa la storia. E questa è l’ultima tappa. Dove si va? Si va verso la fine, il porto escatologico, che è caratteristico dell’Anno Santo, che orienta tutto l’Anno Santo, in cui noi ci includiamo.
Ora ragazzi, questo è il problema vero. Siamo in navigazione, tenuti tutti a dare un colpo di remo a questa nave. Per condurla dove? Verso il porto escatologico. Come si dà questo colpo di remo? La forza fondamentale è la preghiera, l’unione con Dio, interiore, l’uomo interiore, che muove qualunque cosa. Qualunque cosa voi chiederete vi sarà dato… Quindi aiutare tutti gli sforzi perché la nave arrivi in porto. Non è facile perché le tentazioni nemiche sono tali, perché le difficoltà terrestri sono tali, economiche, finanziarie, politiche. Perché bisogna ridurre questo mondo a una unità. Come un’unica famiglia che ha Dio per Padre. La Chiesa è orientatrice. E tutti noi per fratelli, senza distinzione di classe… L’unica forza motrice… Tenendo conto che c’è ancora da imbarcare Israele, tutto; tutti i non credenti, tutti, di qualunque denominazione siano; tutto il terzo mondo, la Cina. Tutti i popoli imbarcati verso la pienezza degli ebrei e degli arabi, la famiglia di Abramo, e verso la pienezza dei gentili, tutti i popoli della terra.
Dice: ma è possibile? Non c’è altro. San Paolo nella Lettera ai Romani lo dice in maniera esplicita, chiara: Pienezza degli ebrei e pienezza dei gentili. Questa barca deve fare questo viaggio, inevitabilmente. E ciascuno di noi è corresponsabile di questo viaggio. La può aiutare con la sua vita interiore e con la sua azione a tutti i livelli, politica, economica, culturale e spirituale. Non possiamo dire: “Sa, io non c’ero”. Lei c’era. Perché o affonda anche per te o fiorisce anche per te. (…) Il discorso che fece Kennedy, nel 1961: diecimila anni di pace o la terra ridotta a un braciere, è vero oggi più di ieri, inevitabilmente. Isaia, ogni giorno più diventa lo storico contemporaneo, la lettura attraverso questa lente degli avvenimenti che si svolgono davanti a noi. E noi tutti coimbarcati, con maggiore o minore responsabilità. (…) Per dare alla terra questa fioritura che poi alla fine è il regno millenario di Cristo, quaggiù.
Fonte: Claudio Turrini | AgenSir.it