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La politica? Servire, non servirsi: don Luigi Sturzo verso gli altari

Il 26 novembre 1871 nasceva il prete che avrebbe fondato il Partito popolare italiano. Il 24 novembre scorso s’è chiusa a Roma la fase diocesana del processo di beatificazione. Vita, pensiero e attualità di un sacerdote gracile ma dal temperamento forte che fece politica sempra al fianco dei deboli. Finendo perseguitato dal fascismo.

La politica come dovere morale e atto d’amore gratuito. Don Luigi Sturzo ha respirato Nuovo Testamento e Rerum Novarum. S’è battuto per la libertà. Ha scelto il campo dei deboli. Ha pagato di persona. La Chiesa ha riconosciuto la piena ispirazione evangelica del gracile sacerdote siciliano e l’alto valore sociale del fondatore del Partito popolare italiano, del perseguitato dal fascismo, dell’alfiere di tante riforme: venerdì 24 novembre si è chiusa a Roma la fase diocesana della causa di beatificazione, aperta nel 1997.

Nato a Caltagirone il 26 novembre 1871, morto a Roma l’8 agosto 1959, don Luigi Sturzo è stato un personaggio scomodo. Sia in vita che in morte. Ancora «all’inizio del processo di beatificazione», ha ricordato monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale e presidente della Commissione storica per questa causa, «qualcuno si chiese come si potesse ardire di proporre, per gli onori degli altari, un prete che si è occupato di politica, ritenuta se non proprio “cosa sporca” certamente una realtà ambigua e ingombrante». Invece, no. Luigi Sturzo risulta esser stato esempio di fede, speranza e carità proprio perché per lui il messaggio cristiano non è solo salvezza offerta a tutti gli uomini, ma anche di tutto l’uomo: anima e corpo.

Una storia interessante e dai tratti ancora moderni, la sua. Il giovane Luigi rifiuta status e lusso che la sua famiglia possono permettergli. Conosce la prostrazione dei contadini, degli artigiani e degli operai della sua terra, specie di quelli che lavorano nelle solfatare. Anche a Roma, dove perfeziona gli studi teologici e giuridici, tocca con mano la miseria estrema di tanta gente. Ricordando la benedizione pasquale fatta nel 1895 in certe case di Trastevere, segnate dalla povertà e dal degrado, don Luigi non nasconde lo smarrimento: «Per più giorni mi sentii ammalato e incapace di prendere cibo». La Rerum novarum, l’enciclica di papa Leone XIII pubblicata nel 1891, fornisce solide basi al suo ministero sacerdotale a favore degli ultimi, plasmando la concezione – via via ribadita da tutto il Magistero sociale della Chiesa – che la politica è una forma esigente di carità, perché servizio a favore del prossimo, ricerca ed attuazione del bene comune, dovere civico.

Il 18 gennaio 1919 offre al Partito popolare italiano, che ha contribuito a fondare, un’anima e un orizzonte politico con il suo celebre “Appello ai liberi e forti”, in cui esalta il ruolo della Società delle Nazioni (l’organismo internazionale che ha tracciato il solco su cui è fiorito l’Onu), difende libertà religiosa, ruolo della famiglia, scelta dell’insegnamento, natura e funzione dei sindacati, auspicando riforme democratiche come l’ampliamento del suffragio elettorale (compreso il voto alle donne), un maggior decentramento amministrativo, il moltiplicarsi di piccole proprietà rurali preferite al latifondo. Poi i tempi bui della dittatura. Paga con un esilio di 22 anni, in Inghilterra prima e negli Stati Uniti poi, il non essersi piegato al regime fascista.

Rientrato in Italia nel 1946, riprende una vita politica attiva, ma non aderisce  formalmente alla Democrazia Cristiana e non svolge un ruolo dominante nella scena politica italiana: nell’agosto 1947, però, accetta la nomia a giudice dell’Alta Corte per la Regione siciliana. Nell’aprile 1952, nel timore di un’affermazione amministrative – a Roma, capiale della cristianità –  del blocco socialcomunista, il Vaticano avalla un’operazione elettorale che, oltre ai partiti governativi, coinvolga anche il Movimento sociale italiano e il Partito nazionale monarchico. L’iniziativa, impropriamente chiamata “operazione Sturzo”, è portata avanti da Luigi Gedda, presidente delll’Azione cattolica italiana, con l’incoraggiamento di papa Pio XII, l’appoggio dell’Osservatore Romano, il sostegno del gesuita padre Riccardo Lombardi e di una fetta della Curia romana, il cui esponente di punta era il cardinale Alfredo Ottaviani. Portabandiera viene scelto Sturzo il quale, ancora una volta, obbedisce alla Chiesa, nonostante malumori (di De Gasperi, in primo luogo) e strappi (di Carlo Carretto, nell’Azione cattolica). Alla fine l’operazione sfuma. Il 17 settembre 1952 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nomina senatore a vita don Luigi Sturzo, che accetta, aderendo al gruppo misto, solo dopo aver ricevuto la dispensa dal Santo Padre. Luigi Sturzo muore a Roma l’8 agosto 1959. Oggi è sepolto nella chiesa del Santissimo Salvatore a Caltagirone, dove la salma è stata traslata il 3 giugno 1962..

Il popolarismo sturziano rimane un efficace antidoto al populismo dilagante: la sua cultura dell’incontro, la sua laicità positiva, il suo riformismo coraggioso e responsabile, la sua concezione di una democrazia sostanziale, pluralistica, solidale orientata al bene comune sono ancor oggi un valido strumento per superare la grave crisi politica attuale.

Fonte: FamigliaCristiana.it

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