Qualche giorno fa, in seguito ad alcune mie riflessioni riguardanti una legge a mio parere sbagliata, quella della cosiddetta “morte dignitosa”, è saltata fuori, da parte di due persone a me care, l’accusa di ipocrisia.
Secondo loro, i cattolici (ed io in quanto cattolico) sarebbero ipocriti perché… perché, boh?
Il problema di questi miei amici, che appartengono ad una sfera di pensiero cosiddetta laica, ma più correttamente da definirsi laicista, è che non riescono a spiegarsi come si possa essere contrari ad una legge che permette alle persone di non soffrire oltre il necessario, ma soprattutto di rendere all’individuo la libertà di decidere del proprio destino.
E siccome non sanno spiegarselo, l’unica categoria a cui riescono ad appellarsi è quella dell’ipocrisia, della malafede, del predicare bene (ma razzolare male) in difesa di una idea dell’uomo, oltre che vetusta, velata di un sottile sadismo, di chi gode nel vedere soffrire la gente.
La realtà è molto più semplice ed è tipo culturale: questi miei amici mi definiscono ipocrita perché a loro manca un bel pezzo di cultura generale.
Beninteso, con questo non voglio in alcun modo insultarli gratuitamente. Io voglio però evidenziare che nella definizione della loro visione del mondo hanno volontariamente rinunciato ad indagare un elemento che, invece, per altri, è fondamentale.
E questo elemento è la spiritualità. Costoro hanno tagliato via dalla propria visione del mondo tutto quel campo di indagine culturale afferente la religione e la spiritualità che da sempre caratterizzano le civiltà di ogni parte del mondo.
Infatti, con l’invenzione della psicanalisi, tutta la sfera della spiritualità è stata declassata a semplice pulsione, perlopiù di tipo erotico, però sublimata per non incorrere nella censura sociale. Tipica è la lettura di Freud riservata alla vicenda di Dante e Beatrice: Dante ha scritto di Beatrice innalzandola a sfere sublimi ed idealizzate, quando invece il suo desiderio vero sarebbe stato di possederla carnalmente.
Di conseguenza la religione è stata confinata nell’ambito dell’antropologia, riservando al massimo un certo interesse per i comportamenti sociali da essa derivati; va da sé che la teologia è stata invece completamente abbandonata, con le conseguenze che io posso testimoniare, ad esempio, in ambito artistico (e qui caliamo un velo pietoso).
Per aggiungere alcuni elementi di riflessione, ricordiamo che la psicanalisi fu salutata con entusiasmo da alcuni uomini di cultura, perlopiù francesi, che si riunirono sotto la denominazione di Surrealisti; Breton e compagni, infatti, ritenevano che la psicanalisi avesse smascherato una volta per tutte l’ipocrisia delle convenzioni borghesi, denunciandole per quello che esse erano in realtà: pulsioni erotiche latenti nell’inconscio mascherate dalle falsità della società. Secondo costoro, una volta liberati dai lacci del razionalismo borghese, i nuovi comportamenti avrebbero dato vita ad un grado di civiltà superiore.
Come sappiamo, questa idea ebbe due conseguenze decisive nel costume e nella politica: nel costume, produsse la cosiddetta liberazione sessuale, alimentata negli ultimi decenni dalla diffusione degli anticoncezionali; nella politica, i surrealisti fiancheggiarono manifestamente le istanze del partito comunista.
Quindi, per riassumere, tolto Dio di mezzo, le convenzioni non sono altro che frutto di condizionamenti sociali da cui l’individuo si deve liberare per conquistare una maggiore autenticità nell’espressione della propria vita.
Questa idea del mondo è decisamente materialista, e in quanto tale punta all’ottenimento del massimo godimento possibile, ossia più benessere e più diritti. Il discorso non fa una piega, e possiamo tranquillamente dire che, anche se liberata a sua volta dai cascami del comunismo rivoluzionario, questa è oggigiorno l’ideologia dominante.
Senonché le cose sembrano non funzionare come previsto; incredibilmente la gente sembra essere oggi più angosciata che mai.
Eppure i segnali di questo fatto il buon Sartre, prendendoli a sua volta da Kierkegaard, ce li aveva ben spiegati, eccome: a maggiore libertà non corrisponde maggiore felicità, ma, al contrario, corrisponde maggiore angoscia.
Il perché è facile da spiegare: provate ad andare da Milano a Napoli senza codice della strada e senza indicazioni stradali, contando soltanto sulla vostra libertà, e poi mi saprete raccontare l’avventura…
La morte di Dio significa anche questo: fare a meno di secoli di studio dei costumi che regolano i comportamenti umani. D’ora in poi ognuno deve essere libero di scegliere cosa vuole essere e come vuole essere: risultato: niente più galateo, niente più opere di misericordia, ma tutti dallo psicanalista!
Ma c’è di più: stando nel campo psicanalitico e materialista, la vita si riduce solo ad un puro rapporto dare-avere fra individui, per cui ognuno importa all’altro solo nella misura in cui gli è conveniente: viene perciò minato alla radice il naturale rapporto di solidarietà fra gli esseri umani che il cristianesimo aveva invece messo al primo posto nella elaborazione della propria visione del mondo.
Di questo si resero conto, per restare in ambito francese, alcuni autori come Roger Caillois e George Bataille, i quali, invece, presero una strada diametralmente opposta a Breton, volta cioè a valorizzare la componente sacrale della vita. In particolare Bataille arrivò a concepire una economia basata sulla pura perdita, la dépense, senza previsione di una contropartita.
Da persona di origine cattolica, pur rinunciando all’iconografia tradizionale della religione, se non in senso osceno, Bataille avvertì subito i limiti di una concezione materialista della vita, che l’avrebbe impoverita e svilita, sottomessa inevitabilmente alle rigide e stupide regole del mercato (argomento che in qualche modo ritorna nella trilogia delle Leggi dell’Ospitalità di Pierre Kossowski).
Per uscire da questa aridità, immaginò una economia basata, appunto, sulla dépense, sulla perdita: in pratica, sul SACRIFICIO.
Un percorso parallelo, proprio in quegli anni, lo stava facendo una filosofa di origine ebrea, ma sostanzialmente atea, brillante allieva del fondatore della fenomenologia Edmund Husserl: stiamo parlando di Edith Stein.
Partendo, da brava fenomenologa, dall’analisi dell’oggetto, arrivò a meravigliarsi di alcuni aspetti della religione cristiana, tanto che alla fine arrivò alla conversione, entrando nell’ordine delle Carmelitane, e subendo successivamente il martirio ad Auschwitz.
In particolare si soffermò su una particolare esperienza, anch’essa di tipo economico, se vogliamo: la mistica della croce: attraverso la croce, la sofferenza, il sacrificio, in qualche modo si arriva alla redenzione di sé. Il vero Io, parlando in termini psicanalitici, viene liberato, per paradosso, non dalla liberazione dei costumi, ma dall’accettazione della croce.
Proseguendo in questo breve excursus (anche se i percorsi possibili potrebbero essere centinaia), non possiamo tacere l’esperienza impressionante di Suor Faustina Kowalska, la quale, né più né meno, sosteneva di avere un rapporto diretto e quotidiano con Gesù Cristo in persona, visto quasi sempre ferito e sanguinante.
Ora, delle due l’una: o la Kowalska era fuori di testa e da ricoverare in manicomio, o bisogna leggere con attenzione il suo diario e tentare di capirci qualche cosa.
Chi bazzica da quelle parti sa che il centro del messaggio del Gesù di Suor Faustina è la divina Misericordia: Gesù inviterebbe, tramite lei, l’intera umanità, a convertirsi e ad affidarsi con fiducia alla Misericordia di Dio, che ci vuole tutti salvi.
Queste visioni portarono alla realizzazione di un’immagine devozionale diffusissima, ma soprattutto ad un vero e proprio cambiamento di rotta della strategia comunicativa della stessa Chiesa Cattolica, in particolare con Giovanni Paolo II – che istituì la Festa della Divina Misericordia – e Papa Francesco – che ha proclamato recentemente un Anno Santo su questo argomento. Fatti che hanno coinvolto e coinvolgono alcune centinaia di milioni di persone, ma di cui i laicisti si fanno – ovviamente – un baffo.
E la misericordia divina (così come la mistica della Croce) che cos’è se non una concezione economica basata esclusivamente sul dono, sulla gratuità, sulla pura perdita senza contropartita teorizzata da Bataille?
E’ logico che, se facciamo seguito a questa idea economica del mondo, il mondo si riappropria del concetto di sacro, perso con la psicanalisi (e non solo).
Cambia perciò la concezione dell’individuo, la cui dimensione sacrale, e perciò la sua intangibilità, la sua sottrazione dalle categorie mercantilistiche del dare-avere, diventano caratteristiche sostanziali del suo essere, non transitorie.
Il cattolico non può perciò procedere alla interruzione della vita di chiunque, proprio perché, secondo lui, la vita dell’uomo è sacra e perciò intangibile, dal concepimento alla sua conclusione naturale.
Ogni altra teoria riduce l’uomo all’economia di mercato, perciò a merce, elemento funzionale alla circolazione del capitale, senza valore intrinseco se non quello di scambio, ossia l’ideale per il capitalismo terminale, che vuole trasformare gli uomini da Figli di Dio a puri consumatori. E con l’eutanasia, consumatori, a pagamento, persino della propria morte.
Fonte: Sergio Mandelli | BlogCostanzaMiriano