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“Cenere sulla testa e acqua sui piedi”. Dal Perù una riflessione per iniziare la Quaresima

i proponiamo la testimonianza scritta per il Mercoledì delle Ceneri da don Roberto Seregni, missionario fidei donum in Perù. Il testo è estratto dal sussidio “Se conoscessi il dono di Dio” realizzato dal Centro missionario diocesano per la Quaresima 2018*.

Da poche settimane il piccolo consultorio parrocchiale di fisioterapia riceve i suoi pazienti – la maggior parte anziani o persone con abilità differenti – con sei variopinti lettini. Due sono veri lettini per massaggi, gli altri quattro sono letti che la signora provvidenza ci ha mandato poco alla volta. Con un paio di chiodi qua e là e qualche buona saldatura, i nostri lettini fanno invidia alle cliniche 5 stelle del centro di Lima.

Celia è una delle prime pazienti di questa mattina. Avrà 30 anni, soffre di schizofrenia e di artrite reumatoide. Sui fantastici lettini del consultorio parrocchiale e tra le mani esperte della dottoressa Janeth, Celia cerca un po’ di conforto. I dolori alle gambe non la lasciano dormire e a volte, mi confessa, deve gattonare per andare al bagno. Celia vive con la madre novantenne e una figlia adolescente frutto di una violenza sessuale. Con un lungo respiro si abbandona sulla coperta soffice e colorata del lettino. L’aiuto a togliersi le scarpe e mi ringrazia con una carezza tra i capelli.

Sono due le persone al mondo che mi hanno accarezzato così: una Celia e l’altra è mia mamma.

La mia giovane amica si lamenta del dolore alle caviglie e alle ginocchia, ma la dottoressa Janeth dice che Celia ha bisogno di un massaggio dalla testa ai piedi.

Sì, penso io, dalla testa ai piedi: come la Quaresima. Quaranta giorni in tensione tra cenere sulla testa e acqua sui piedi.

La testa è la tua, non si scappa; ma i piedi sono quelli degli altri.

Tutto inizia con la cenere sulla testa per ricordarci che le nostre belle idee non valgono nulla, le nostre teorie – anche le più sante e devote – se le porta via la prima folata di vento se non sappiamo metterci in ginocchio con un catino d’acqua e un grembiule stretto ai fianchi, a testa china e con i piedi, di amici e nemici, tra le mani.

Nel frattempo Celia si è addormentata, la svegliamo facendogli solletico sotto i piedi. Si sveglia ridendo, si stiracchia e ci dice: «Grazie dottoressa, mi sento nuova!».

Sarebbe proprio bello arrivare alla notte di Pasqua e con la candela accesa tra le mani, ricolmi dello Spirito del Risorto e fare nostra la preghiera di Celia: «Grazie Signore, mi sento nuovo!»

Fonte: SettimanalediocesiComo.it

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