L’avevamo lasciata con il suo primo libro, Cosa ti manca per essere felice?, domanda retorica (risposta: «niente») quanto profonda, visto che l’autrice, Simona Atzori, è la famosa ballerina venuta misteriosamente al mondo senza braccia. L’avevamo poi ritrovata nel più doloroso Dopo di te, scritto alla scomparsa dell’amata madre come risposta al “dopo di noi”, la paura di ogni genitore che abbia un figlio speciale e si chiede come vivrà dopo la sua morte. Ma ora Simona, dopo aver superato le prove più dure, si è rialzata sulle punte e ha deciso di percorrere La strada nuova (Giunti, pagine 288, euro 14,00), un libro che raccoglie tutte le sue forze e le mette a disposizione di chi vorrà compiere il viaggio insieme a lei. Questa volta non un racconto autobiografico, insomma, ma «uno strumento di carattere motivazionale, con cui voglio narrare un periodo che mi ha cambiato la vita, per condividere ciò che ho imparato io».
All’inizio lei racconta l’evento scatenante: la caduta di suo padre una notte e l’annaspare disperato, mentre le braccia che non ha lo volevano rialzare…
«Questa è stata la scintilla, ma il libro è legato alle grandi scoperte che ho fatto negli ultimi cinque anni, dalla malattia della mamma in poi. Per rimettermi in piedi ho dovuto cercare gli strumenti per farlo e ho capito una cosa: quando la vita ci pone di fronte alle prove, noi subiamo il cambiamento e lo capiamo solo a posteriori. Da allora ho deciso per un cambio di prospettive: non subire più il cambiamento ma viverlo durante, con energia attiva. Un anno fa anche mio papà si è malato di tumore e io ho riprovato l’agghiacciante paura, già nota, del restare sola. Questa volta, però, non avrei più scritto un libro “dopo di te”, ma lo avrei fatto subito e insieme a lui, che ne ha tratto grande forza. Il libro inizia con la sua caduta e conclude con la sua festa per gli 80 anni, in mezzo c’è appunto la “strada”, un viaggio simbolico in cui accompagno il lettore a porsi domande grandi, esistenziali. Non do risposte, racconto come ce l’ho fatta io».
Tra le solitudini che racconta, c’è anche l’abbandono di Andrea, l’amore di una vita…
«Paradossalmente il dolore più intenso, nonostante il mio legame con mia madre: per un figlio è fisiologico dover perdere il genitore, che rappresenta il suo passato, ma Andrea era il futuro, e senza futuro crolla il mondo. Allora ho capito che non si può vivere né di passato né di futuro, ma di presente. Mia madre poi è stata molto brava, non c’è nulla nella vita che abbiamo lasciato in sospeso tra me e lei, e ancora oggi lei non mi permette di annientarmi nel dolore, mi avvolge nel suo manto di amore, è la mia cura palliativa perenne».
Parla anche del perdono.
«E della capacità di mantenere solo la parte bella del rapporto concluso. Il perdono è fare un dono a se stessi, che non vuol dire assolvere l’altro ma liberare te di quel peso che ti tiene a terra. Abbiamo troppe zavorre inutili nelle nostre vite».
Da anni lei tiene incontri motivazionali per banche, aziende, scuole. Il suo libro si basa su queste esperienze?
«Molto. Incontrare persone mi ha aiutato tantissimo, alla morte della mamma non avevo più il coraggio di mettermi a nudo e parlare di me alla gente, invece le persone più ti vedono sincera e più ti apprezzano. Il mio sogno, con questo libro, è creare corsi specifici, non più le due ore di incontro motivazionale e tutto finisce lì, ma un vero viaggio dentro noi stessi da compiere insieme».
A chi si rivolge il libro e chi è stato il primo lettore?
«Il primo è stato mio padre, leggendolo ha scoperto il percorso impensabile che era riuscito a fare proprio dalla scomparsa della mamma. Quando io sono nata senza braccia, si sono presi per mano e mi hanno accolta con gioia, non “accettata”. Lei era la forza del vulcano, ma lui era il terreno solido su cui si può costruire, e ciò mi è stato lampante in questi ultimi anni da sola con lui. È sempre stato l’eroe silenzioso della nostra storia, ora lo so. Il libro si rivolge a chiunque senta che a questo punto della sua esistenza sta iniziando qualcosa di nuovo, bello o tragico che sia, o a chi è insoddisfatto della sua vita immobile e si vuole rinnovare: mi metto al suo fianco e proviamo a camminare insieme. La prima cosa è fare chiarezza in sé, capire che cosa ha innescato il viaggio, poi ascoltare sinceramente i propri desideri, senza vergognarsene».
C’è anche spazio per la fede?
«Dio fa parte di ogni istante della mia vita, ma con questo libro voglio avvicinare tutti, anche chi lo chiama in altro modo o non lo chiama affatto. Prendo esempio da mio padre e mia madre quando sono nata: a volte non ci sono proprio prospettive, allora sei tu che devi crederci, vai incontro alle cose che desideri, poi queste arrivano. Tu sei molto più grande di quanto immagini, sei una creatura, non subisci ciò che avviene ma lo puoi creare. Io mi stupisco sempre della mia bella vita senza braccia, credo in un Dio che non mi ha “tolto” qualcosa, ma mi ha “dato” tutto quello che mi serviva. E le braccia a me non sono proprio servite. È questo il senso della “strada nuova”, tu non la immagini ma affacciamoci insieme, passo dopo passo, magari ci sorprenderà».