Storie di travagli fisici e interiori
— 12 Aprile 2018 — pubblicato da Redazione. —L’amore per un figlio fino al sacrificio estremo della propria vita. Il dolore per un figlio rifiutato
Possiamo assistere, in questa vita, a travagli differenti. Fisici ed interiori, sempre segnati dalla sofferenza. Un dolore che può essere salvifico, perché accettato e meditato, oppure non ponderato a sufficienza e allora può portare alla perdita della serenità, al fallimento, e richiede tempo per rimettersi in cammino.
Nel corso di due eventi, che si sono svolti rispettivamente nella parrocchia di Santa Luisa di Marillac, a Palermo, e nel nuovo “Centro di Apostolato Amici di Santa Gianna”, a Trabia, sono state riproposte le testimonianze di due donne esemplari: Gianna Beretta Molla (scomparsa il 28 aprile del 1962) e Chiara Corbella Petrillo (morta il 13 giugno 2012).
Gianna è stata proclamata santa il 16 maggio del 2004, da Giovanni Paolo II, in una gremitissima piazza S. Pietro a Roma. Madre affettuosa e medico pediatra come pochi (curava sia il corpo che l’anima dei suoi assistiti), sebbene avesse scoperto, al 2° mese di gravidanza del suo 4° figlio, d’avere un voluminoso fibroma uterino e le fosse stato consigliato d’interrompere la gravidanza per meglio curarsi, rifiutò, e si affidò solo alla preghiera, per non violare il mistero della dignità della vita che portava in grembo. Dopo poche ore dal parto si aggravò con febbre sempre più elevata e sofferenze addominali atroci, provocate da peritonite settica, che la portarono alla morte. Oggi, la sua Gianna Emanuela, donna dolcissima e instancabile, non smette di parlare della sua “santa mamma”.
Per Chiara Corbella Petrillo, si stanno, per motivi analoghi, aprendo le porte per la causa di beatificazione: ha detto sì a due gravidanze, sebbene i bimbi fossero stati definiti “incompatibili con la vita” (tant’è che sono sopravvissuti solo per pochi attimi di vita terrena, bastevoli però per essere “riconosciuti”, amati, ricevere un nome ed essere battezzati), e ha detto sì anche a una terza gravidanza, durante la quale ha scoperto d’essere malata. Ha però anche lei rifiutato le cure, per portare alla luce, sano, il suo Francesco. Dopo pochi anni, aggravatasi, è morta. «Chiara – suole ripetere il marito – non era una donna che non aveva paura. Ma aveva compreso d’essere figlia di Dio, a cui tutto è possibile».
La forte testimonianza cristiana offerta sia da Gianna Beretta Molla che da Chiara Corbella Petrillo ha riacceso la fiammella della fede e illuminato il cuore di tanti. Anche, dobbiamo dire, di tantissimi siciliani.
A riflettere sulle loro testimonianze, negli eventi di Palermo e Trabia, non sono state solo le mamme di famiglie numerose che sanno bene quanto grande possa essere l’amore di una donna che decide di offrire il proprio corpo, più e più volte, per portare alla luce un figlio. Ma lo sono state pure donne, provate nella sofferenza che, di contro, ci hanno invece confidato d’aver detto no ad una gravidanza improvvisa, sempre per motivazioni mediche. E che, a distanza di anni, non dimenticano quell’aborto infelice.
«Tornassi indietro, non lo rifarei – ci ha detto Maria (nome di fantasia) di Caltanissetta –; prego per l’anima del mio bambino, e mi sforzo, per lui, di divenire ogni giorno migliore, affinché lui possa amare questa sua mamma imperfetta, perdonarla e attenderla».
«Non vista, mi rivolgo a questo figlio mai nato nella vita terrena – ci confida Raffaella (nome di fantasia) di Palermo –, che mi dà segno di sé in modo singolare. E subito ritorna il mio sorriso in una giornata grigia. Ricevo l’invito a continuare ad occuparmi degli altri suoi fratelli, con meno lamentele, tenendo sempre fisso il pensiero al Creatore di tutte le cose».
Maria e Raffaella si raccontano a microfoni spenti, sedute vicine in una panca. Hanno gli occhi bassi e lucidi. Chiedono misericordia, non giudizio. Perché quel figlio rifiutato (per via di un grave momento di difficoltà esistenziale) è diventato la folgorazione “sulla loro via di Damasco”, via di sofferta crescita spirituale. Un travaglio interiore che, alla fine, è ben più duro di un parto fisico.
Fonte: Cittànuova.it
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