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La testimonianza di “Casa Betlemme” a Brescia

Al convegno di sabato, tra i testimoni della sessione pomeridiana, avremo anche Davide Zanelli e Marina Bicchiega, due sposi che collaborano da venticinque anni con Flora Gualdani: l’ostetrica aretina la cui opera comincia ad essere sempre più conosciuta al grande pubblico.

Ci racconteranno come Flora, ai tempi del Concilio Vaticano II, ha concepito “Casa Betlemme” e come la conduce da mezzo secolo a servizio dell’Humanae vitae, in un voluto nascondimento e in povertà. Finita la lunga gestazione solitaria, questa ostetrica ha consegnato anni fa l’opera alla Chiesa cattolica nelle mani dell’allora vescovo Gualtiero Bassetti. Ma da quel momento l’ha consegnata anche alla stampa, nonostante la sua personale ritrosia davanti ai riflettori. Nel 2005 fu l’allora direttore di Avvenire che volle una paginata su Flora proprio il giorno del referendum sulla legge 40: e mandò Marina Corradi. Nel 2013 arrivò Ritanna Armeni per conto dell’Osservatore Romano, mandata da Lucetta Scaraffia. Qualche mese fa Costanza Miriano per conto della Rai.

La storia di Flora ha molto da dire alla Chiesa e alla società intera perché esprime il genio femminile di cui parlava san Giovanni Paolo II, cioè quel “nuovo femminismo” (Evangelium vitae n. 99) che – ripete lei – non passa dalla contraccezione (che è una proposta vecchia), ma dall’Humanae vitae cioè dai metodi naturali, che rappresentano il futuro. E sono la via «per costruire famiglie solide nell’epoca dell’amore liquido».

Davide e Marina ci illustreranno come quest’opera sia stata pionieristica nella pastorale della vita nascente, ma anche profetica: poiché ha incarnato anticipatamente – nel campo della procreatica – concetti oggi di moda come ospedale da campo, chiesa in uscita, periferie esistenziali. Oltre ad accogliere le maternità più difficili, Flora si è presa cura anche di quelle negate, cioè delle donne che soffrono la ferita profonda di un aborto.

I due coniugi toscani, con la loro testimonianza, ci spiegheranno come incontrarono l’Humanae vitae alla scuola formidabile di Casa Betlemme e quanto questa scoperta ha trasformato la loro esistenza. Oggi fanno parte, insieme ad altre coppie di sposi, di una fraternità di laici missionari sulle encicliche Humanae vitae e Veritatis splendor. Uno dei più grandi frutti delle fatiche di Flora è quello infatti di preparare famiglie cristiane e formare formatori: «non intellettuali della bioetica né spiritualisti disincarnati, ma apostoli intelligenti, capaci di trasmettere in mezzo alla società il messaggio autentico dell’Humanae vitae». Sono un gruppo di sposi che si dedicano anima e corpo a portare tra la gente lo splendore della verità: in un continuo aggiornamento dove si coniugano la competenza e la passione, tra fede, scienza e cultura. Dodici di queste coppie hanno sottoscritto qualche mese fa una lettera preoccupata per le sorti dell’Humanae vitae, dopo la clamorosa lezione di don Chiodi alla Gregoriana e l’accalorata replica della fondatrice di Casa Betlemme .

I coniugi Zanelli, in vista del convegno di Brescia, affermano: «l’enciclica va lasciata stare in tutta la sua statura e nella sua andatura. Coloro che oggi credono di riuscire astutamente a manometterla, si assumono una grande responsabilità che ci fa tornare alla mente l’ammonizione del vecchio Gamaliele (At 5, 39)».

La loro testimonianza e quella della fondatrice di Casa Betlemme è stata pubblicata qualche settimana fa in un corposo dossier della rivista Punto Famiglia Plus dedicato all’Humanae vitae.

E comparve già dieci anni fa, per il 40esimo dell’enciclica, nel libro della bioeticista Angela Maria Cosentino “Testimoni di speranza. Fertilità e infertilità: dai segni ai significati” (Cantagalli, Siena 2008), un testo che ha ricevuto il premio letterario “Donna, verità e società” «per aver mostrato il valore umano e sociale del talento naturale della femminilità» (Scienza & vita, Pontremoli ottobre 2009).

Nel loro apostolato moderno e itinerante, questo gruppo di sposi “betlemiti” ha sviluppato da qualche anno anche un ramo artistico, chiamato Wolokita Project. «A questa enciclica devo la mia famiglia e la mia fede: praticamente tutto ciò che ho», spiega Davide Zanelli. Il quale ha costruito un esperimento di nuova evangelizzazione focalizzato sull’Humanae vitae. E’ un recital acustico per voce e chitarra, intitolato “Dal cielo alla terra” :

«una catechesi in forma spettacolare e multimediale dove ho distillato in poesia e canzone tutto ciò che ho imparato in vent’anni di matrimonio cristiano alla scuola di Flora Gualdani». L’autore ha voluto dare così la sua piccola risposta personale ad una sollecitazione dei vescovi che, nel sinodo 2015, invitavano a trovare linguaggi nuovi per parlare di fecondità, procreazione e amore coniugale (Instrumentum laboris n. 78): «ma l’ho fatto utilizzando una chiave di volta che ci suggerisce san Giovanni Paolo II al n. 83 di Evangelium vitae cioè lo sguardo contemplativo». E’ quella la chiave che aiuta le persone ad aprire gli occhi davanti alla meravigliosa bellezza della Creazione. A recuperare lo stupore davanti al mistero. E con quella chiave – spiega Davide – «si sbriciolano le accuse di “biologismo” che ancora vengono rivolte all’enciclica di Paolo VI».

L’esperimento sta funzionando ogni oltre aspettativa, apprezzato per la sua originalità sia dal mondo pastorale che da quello accademico. In meno di tre anni sono già ventidue le repliche eseguite dal Trentino alla Puglia: serate organizzate dentro le chiese, in semplicità e in povertà di mezzi, ma nella ricchezza intensa dei contenuti e dei talenti, messi a disposizione da un gruppo di sposi che vogliono esprimere il loro omaggio all’enciclica di Paolo VI. In totale gratuità, sull’esempio di Flora: sacrificio e letizia francescana. Davide mi spiega che questo esperimento sta viaggiando senza il patrocinio di vescovi e benefattori ma, visti i frutti, con un patrocinio di altro tipo: «un patrocinio evidentemente celeste». Non c’è alcuna pubblicità, è solo «un passaparola nel sottobosco pulsante del popolo di Dio. Alla fine di ogni serata nascono amicizie e arrivano nuove richieste».

Marina Bicchiega invece è una biologa che racconterà come Flora l’abbia introdotta al mondo dei metodi naturali, facendola passare dalla biologia alla teologia attraverso la bioetica. Ci spiegherà lo stile che ha appreso dall’ostetrica aretina nell’insegnare la regolazione naturale della fertilità. Marina ha dedicato le tesi dei suoi studi (Istituto Superiore di Scienze Religiose “Beato Gregorio X”, Facoltà Teologica dell’Italia Centrale) all’attuazione dell’Humanae vitae, ricevendo due volte il premio nazionale “Achille Dedè” dalla Confederazione italiana dei centri per la regolazione naturale della fertilità (www.confederazionemetodinaturali.it).

A Brescia presenterà in anteprima il suo libro “Fertilità umana. Consapevolezza e virtù”, uscito giorni fa per le edizioni Studio Domenicano di Bologna (collana Teologia). Un’indagine di 380 pagine dove si spazia dagli aspetti scientifici a quelli teologici e pastorali, analizzando la storia di un dibattito che ha attraversato i secoli e si è recentemente infiammato. L’autrice ha ricostruito in modo capillare anche lo scontro che si sta consumando oggi sull’enciclica di Paolo VI, esaminando quello che Flora definisce «l’ultimo assalto all’Humanae vitae». Un assalto con cui si tentano raffinate e seducenti (quanto improbabili) “riletture” e “reinterpretazioni” di una norma morale che – spiegava san Giovanni Paolo II – è definitiva e cristallina nella sua chiarezza. Ma al contempo è esigente poiché ci indica la strada della “vera felicità” (Humanae vitae n. 31). Tutto ciò che sta avvenendo intorno all’Humanae vitae, dal sinodo 2014 (fin dalla famosa prolusione preliminare del cardinale Kasper) ad oggi, è stato dissezionato in questo libro con la perizia certosina di un anatomo patologo, facendo emergere le linee della sottile strategia in campo. Esaminando minuziosamente il ruolo della stampa e dei mass media in questo tormentato 50esimo anniversario, l’autrice cita anche l’appello lanciato dal nostro blog e il convegno di Brescia tra i più importanti eventi a difesa dell’enciclica Humanae vitae.

Il libro ha la presentazione di mons. Vittorio Gepponi e la prefazione di Renzo Puccetti, che riportiamo qui di seguito.

 

PREFAZIONE (Renzo Puccetti)

 

“Castità”. Provate a fare un piccolo test: mettete una croce sul calendario ogni volta che ne sentirete parlare nelle omelie delle feste di precetto e alla fine dell’anno contate il numero delle croci. Ho la convinzione che la quasi totalità non avrebbe sul calendario il necessario per fare una singola moltiplicazione. Perché? Forse che l’homo post-conciliaris ha mutato a tal punto la propria anatomia da essere immune dal peccare contro il VI comandamento?  Ma esiste ancora una pastorale de sexto? Di più: si crede che esista un tale comandamento? O peggio: si ha ancora fede nell’esistenza di comandamenti?

Nel grande ospedale da campo che è la Chiesa sembra proprio che l’intero padiglione della clinica morale sia stato chiuso, o peggio, sia stato demolito piazzando le cariche ai pilastri portanti della coscienza e del peccato. Non solo la terapia, ma persino la profilassi è svanita. Secondo la regola di Paul Bourget “bisogna sforzarsi di vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce per pensare come si è vissuto”. Sfigurato l’aggiornamento in adattamento, l’uomo ha così finito per perdere persino la percezione dell’esistenza di criteri oggettivi di salute e malattia.

Il risultato è che sciami di persone si aggirano spiritualmente malate fradice fin nel midollo convinte di essere sane come pesci dispensando con gran prodigalità consigli su come mantenersi in forma. Non sorprende che il medico che si limiti ad indicare come veri malanni soltanto la sindrome guerrafondaia e il morbo epulonico goda nel breve di una certa popolarità, stante il fatto che, non avendo il mitra al collo, né la Rolls Royce parcheggiata fuori, nessuno tra le panche della chiesa è incline a ravvisare su di sé i segni di tali mali.

Parlare di castità significa invece misurare la febbre a tutti: consacrati, fidanzati, donne ed uomini sposati con il rischio che qualcuno si trovi con qualche linea sopra il 37, debba sospendere le proprie attività e prendere le medicine. La dottrina della Chiesa sulla inscindibilità dei significati unitivo e procreativo dell’atto coniugale è rimedio imprescindibile per combattere quel morbo terribile che sfigura esseri creati poco meno degli angeli in esseri animati aventi come natura il solo istinto che li conduce a trattare come cose i propri simili. 

Questo libro di Marina Bicchiega è né più né meno assimilabile ad un magnifico testo medico che ha la peculiarità di essere dedicato alla prevenzione e cura delle malattie spirituali a genesi genitale. È fondamentale per quei medici specialisti dell’anima che vanno sotto il nome di preti, ma non è meno utile per i genitori, gli educatori, i giovani e gli sposi. Scritto con semplicità mai banale, il testo non si limita a riportare una panoramica letteraria delle altrui conoscenze, ma da ogni pagina trasuda la passione, lo studio, l’esperienza e la dedizione dell’autrice che, seguendo i giganti Santi e Beati, gli scienziati testimoni del Vangelo della vita e della famiglia, e la sua mentore, la piccola grande fondatrice di “Casa Betlemme” Flora Gualdani, guida il lettore alla comprensione della grandezza, bellezza e bontà della scuola bimillenaria della Chiesa.

Sacerdoti, catechisti, laici impegnati nella pastorale familiare, sanitaria, giovanile, e tutti quanti con buona volontà, mettendo da parte i propri eventuali pregiudizi, si accosteranno alla lettura di questo libro, saranno in grado di vedere con occhi nuovi gli effetti devastanti prodotti dall’arrogante violazione del progetto generativo stabilito dal Creatore e riceveranno i fondamenti per consigliare chi desidera porvi rimedio.

Fonte: CostanzaMirianoBlog.it

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