D’Avenia racconta chi sono i giovanissimi con cui si è confrontato in questi anni sia a scuola che negli eventi a cui ha partecipato oppure attraverso le lettere e i messaggi che riceve quotidianamente.
«Vedo ragazzi in cerca di una vocazione – sostiene D’Avenia – Hanno paura che la loro vita non valga niente, perché l’educazione non li aiuta a concepire la propria vita come un inedito, una novità assoluta, una chiamata a portare nel mondo qualcosa che solo loro possono portare. Se non hai questa prospettiva ti ripieghi su te stesso e cerchi di risolvere il desiderio infinito con piccole cose che diventano assolute, ma finiscono per deludere. I ragazzi hanno il cuore di sempre, si ripiegano su se stessi se non offriamo loro progetti di vita anziché oggetti che si rompono».
La ricerca della felicita
Ma che tipo di felicità cercano questi giovanissimi? «Il desiderio di felicità è piramidale – replica lo scrittore e insegnante – parte da un like di Facebook, che fa sentire la vita come importante per qualcuno, per arrivare all’unico like che può riempire totalmente questo essere amati profondamente come si è: il like di Dio. Quindi tutte quelle cose non sono altro che strade provvisorie di felicità, ma tutti cerchiamo Dio, che lo ammettiamo o no. Siamo il più grande spettacolo prima del big bang, perché siamo stati pensati, amati, voluti prima della fondazione del mondo».
E «andiamo a caccia di queste mani che ci hanno plasmato e solo quando le troviamo tutto il resto si rivela per quello che è, bello ma provvisorio».
Scettici di fronte alla fede
Proprio questa ricerca porta inevitabilmente i ragazzi ad interrogarsi sulla presenza di Dio.
«Ricevo lettere in cui i temi del dolore, della morte, della vocazione e di Dio sono frequentissimi – osserva D’Avenia – I giovani sono scettici di fronte a qualsiasi forma strutturata di fede, ma perché troppo spesso li educhiamo alla fede come dovere e non come rapporto reale d’amore, che come ogni rapporto richiede riti che lo proteggano. Se non passassi del tempo con la fidanzata, che amore sarebbe? I riti sono conseguenza dell’amore, non del dovere».
Cristo è giovane
La Chiesa di Papa Francesco intercetta questo modo di pensare delle nuove generazioni? Lo scrittore è laconico: «Cristo è giovane, è il sempre giovane, è colui che ci fa ringiovanire, qualsiasi età abbiamo. E la Chiesa è il corpo di Cristo. Quindi la risposta è sì, e così sarà sempre, chiunque sia il papa, che ha la grazia di mostrare agli uomini proprio questa giovinezza, che non c’entra con l’età, ma con ciò che è sempre nuovo a ogni incontro».
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