Nel libro “Arrabbiarsi” di Valentina D’Urso (Il Mulino) viene analizzata sotto varie prospettive la rabbia, emozione da cui nessuno di noi può dirsi immune o vaccinato. Il testo divulgativo e perciò accessibile anche ai non addetti ai lavori, si apre con la citazione dei primi versi dell’Iliade, il poema epico per antonomasia:
“Cantami, o diva, del Pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all’orco generose travolse alme d’eroi e di cani e di augelli orrido pasto lor salme abbandonò”.
La rabbia: conseguenza di una frustrazione
La guerra di Troia era scoppiata a causa della rabbia provata da Menelao per il rapimento della moglie Elena da parte del principe troiano Paride. Come ha intuito l’epica e ci insegna scientificamente la psicologia, la rabbia è quindi la conseguenza di una frustrazione, la perdita o l’impossibilità di beneficiare di qualcuno o qualcosa a cui si tiene.
I due volti della rabbia
La religione cristiana annovera l’ira fra i sette peccati capitali, rappresentandola iconograficamente come una donna dal viso deformato da una smorfia che si strappa la veste e mostra il petto nudo. Nella filosofia platonica “l’anima irascibile” veniva invece vista in termini positivi in quanto orientata a sdegnarsi per il male e per l’ingiustizia lottando per gli obiettivi della ragione. Questi due volti della rabbia contestualmente radicati nella nostra cultura si ritrovano anche nella percezione di ciascuno di noi, dove sono presenti sia il sentire che arrabbiarsi può essere opportuno e legittimo, sia la coscienza del suo essere errato e nocivo. La consapevolezza di questa duplicità, come cita l’autrice, era già ben presente in Aristotele che, oltre venti secoli fa, così si esprimeva nell’Etica Nicomachea:
“Chiunque può arrabbiarsi – è facile … ma arrabbiarsi con la persona giusta, in giusto grado, nel modo giusto e per la giusta causa – questo non è da tutti, e non è facile”.
La paura e il fascino della rabbia
Per certi aspetti la rabbia ci fa paura, perché quando ci arrabbiamo proviamo un violento rimescolamento interno, la sensazione di essere completamente in balia di un turbine cieco e incontenibile, che potrebbe indurci a comportamenti violenti e imprevedibili. D’altra parte quando siamo in preda alla rabbia ci sentiamo pieni di energia e coraggio, sicuri di noi stessi e sul da farsi, una volta tanto finalmente protagonisti.
“Il viso della rabbia”
Il cosiddetto “viso della rabbia”, cioè l’espressione del volto tipica di chi sta provando questa emozione, viene colto immediatamente da tutti, grandi e bambini in qualunque parte del mondo. La ragione di questa spiccata sensibilità sta nel fatto che la rabbia è un’emozione che conduce rapidamente e potentemente ad agire, per cui la persona verso cui è orientata o che assiste da vicino alla sua esternazione teme la concreta possibilità di essere vittima di comportamenti aggressivi o comunque pericolosi per la propria incolumità.
L’identikit di chi soffre a causa della rabbia
L’autrice schematicamente individua tre tipologie di soggetti che soffrono nel confrontarsi con questa emozione. Ci sono coloro che rifuggono dall’esprimere rabbia perché temono così di poter mettere in crisi le loro relazioni. Altri che cercano di non alterarsi, perché l’esperienza ha insegnato loro che quando si arrabbiano stanno fisicamente e psicologicamente male. Per ultima c’è la schiera di coloro che vorrebbero arrabbiarsi più efficacemente, cioè gestire meglio questa energia per raggiungere compiutamente i propri scopi. Tu a quale di queste categorie appartieni? Io all’ultima!
Possiamo diventare immuni dalla rabbia?
No, non è possibile in quanto è impensabile che tutto ci vada bene nella vita tanto da non essere mai frustrati nel percorso di raggiungimento o mantenimento dei nostri obiettivi, materiali o immateriali. Infatti non dobbiamo cadere nella trappola di credere che ci si arrabbi solo per cose tangibili: spesso ciò che viene messo in pericolo o in discussione è la nostra dignità, il nostro punto di vista, i nostri valori, le nostre idee.
La rabbia come risorsa
La rabbia non dobbiamo quindi considerarla “un difetto di fabbrica” da riparare o celare, ma chiederci come impiegarla in chiave di risorsa positiva.
Strategie per gestire positivamente la rabbia
L’autrice dedica l’ultimo capitolo alle tecniche per “arrabbiarsi meglio” e non lasciarsi sopraffare dalla collera, citando anche consigli di semplice buonsenso ma utili.
1) “Canta che ti passa”, sottintendendo che la musica può essere in grado di indurre uno stato emotivo che neutralizza l’ira.
2) Quando è possibile o appena lo è, allontanati fisicamente dalla persona e dal posto dove si è scatenata la tua rabbia.
3) Appena puoi, dopo l’arrabbiatura, cerca di riprendere le tue normali attività mentali o manuali, in particolare quelle che ti costringono ad essere particolarmente concentrato.
4) Gratificati! Cerca di fare quanto prima qualcosa che ti fa particolarmente piacere: leggere, cucinare, passeggiare, fare shopping, svolgere un’attività fisica.
5) Parlane con qualcuno a cui vuoi bene e che conosci per essere equilibrato, con il senso dell’umorismo, in grado di farti vedere ciò che di eccessivo o ridicolo c’è nella tua arrabbiatura.
6) Non arrabbiarti ulteriormente quando qualcuno ti dice “non ti arrabbiare!” E non ribattere: “perché mi vedi arrabbiato?”, oppure “non sono arrabbiato!”.
7) Metti mano alla penna! Scrivi una o meglio più lettere a chi ti ha fatto arrabbiare per esprimere tutto il tuo risentimento e la tua ira ,senza mai imbucarle però! Questo esercizio serve a farti distaccare progressivamente dalla fastidiosa sensazione che la rabbia ti provoca, ti aiuta a riprendere il controllo, e a farti vedere più realisticamente chi ti ha fatto il torto. Questo funziona anche quando il “colpevole” è un tipo tosto o indigesto, come il marito (infatti è quasi sempre colpa sua per noi donne!) o la moglie (quando mai!), o addirittura il capoufficio o la suocera (sempre!).
E ricorda: quando ti sale il sangue alla testa morditi la lingua senza farti troppo male e prendi carta e penna.
Fonte: Silvia Lucchetti | Aleteia.org